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Re: [N20-3] Il richiamo

Ciao @Alba359 e @Poeta Zaza
Mi è piaciuta la fine!
Non ho capito alcune cose:
I vicini, come consapevoli tordi che accettano di fare da richiamo per impaniare i loro simili, li hanno traditi.
Cioè non ho capito questa metafora o paragone del richiamo. I tordi possono fare da richiamo, credo, quando si posano su rami coperti apposta di vischio, sicché non si possono muovere; ma non è che lo accettano; e nel racconto non capisco come i vicini possano essere serviti da richiamo, o avere richiamato i vicini ebrei. Mi spiegate?
Ossia: se vuoi far parte del nostro gregge, adeguati al pensiero dominante.
- Certo che lo dicono loro - risponde il suo ospite - ma noi non ci adeguiamo se riteniamo le nostre regole più importanti.
Non capisco questo dialogo fra Michele e Anacleto. O meglio: sembra che parlino degli ebrei, invece parlavano degli altri che non si ribellavano. Poteva essere più chiaro.
- Scendete, da adesso dovete cavarvela da soli.
Anche qui, tornando indietro, si capisce che era l'autista a parlare. Era meglio ripeterlo.
campi disossati.
cioè tolte le ossa? Voleva essere "dissodati"? Però c'erano le stoppie (riga successiva).
Mi pare che ci siano un paio di refusi:
che per lui non ha il senso che a la legge gli ha dato.
camminare é faticoso
con Davide che gli corre appresso
Complessivamente, il racconto è scritto bene, con una bella dinamica; forse alcuni passaggi potevano essere accorciati (i dialoghi fra il bambino e la donna sono poco incisivi, soprattutto a confronto con la drammaticità delle sue "visioni"; che forse potevano essere "allargate").
Mi piace soprattutto il finale "aperto" (toccherà al lettore immaginare le conseguenze; immagino gravissime per tutti); e che però è in un certo modo una testimonianza.
Ciao e complimenti.

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