Miss Ribston ha scritto: lun nov 01, 2021 12:56 pm
Tecnicamente una casa editrice non dovrebbe chiedere nemmeno un euro, né per la pubblicazione, né per la promozione. Anche una quota, seppur minima, di iscrizione ad associazioni o simili non dovrebbe essere contemplata, in un contesto di pubblicazione gratuita. Tant'è che una casa editrice dovrebbe essere un'impresa, non un'associazione culturale, e in quanto impresa dovrebbe assumersi il rischio di impresa, appunto, nel pubblicare un'opera, dove lo scopo della pubblicazione è trarre profitto dalle vendite.
In sostanza, una casa editrice dovrebbe investire nell'opera, di tasca propria, e tanto più è disposta a investire tanto più vorrà avere un ritorno di investimento, vendendo il libro. Più l'investimento della casa editrice è basso, meno sarà interessata ad avere acquirenti, perché in ogni caso è basso il punto di pareggio, quindi sarà molto facile non andare in perdita e guadagnare con poche copie. Quando, poi, il guadagno su poche copie si moltiplica per tutte le pubblicazioni dell'anno, ecco un bilancio in positivo, con zero diffusione del libro singolo.
Nel caso in cui, invece, è la casa editrice a chiedere contribuiti all'autore, di qualsiasi tipologia, il cliente diventa l'autore, non il lettore. In questo caso le vedite potrebbero essere anche nulle, e la casa editrice avrebbe comunque un guadagno.
Come sempre, sei stata chiarissima. Purtroppo, pur trattandosi di concetti semplici, l'ego dell'aspirante scrittore glissa, l'importante è che qualcuno ti pubblichi e, pur di raggiungere l'obiettivo, si buttano via soldi in schede di valutazione, scuole di scrittura, editing più o meno professionali, e via spendendo. A valutare le nostre opere dovrebbero essere le CE a cui le proponiamo e, se le ritengono valide, investire nella pubblicazione e conseguente promozione. Gira gira, si torna sempre allo stesso punto: troppe case editrici e agenzie non all'altezza, troppi aspiranti scrittori privi di talento e, spesso, incapaci di esprimersi in un italiano corretto. E la barca dell'editoria va, senza proporsi mete diverse dalla quotidiana sopravvivenza.