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Re: Il fischio

Ciao @JohnnyBazookaBic
cercherò di commentare questo tuo racconto perché mi serve per poter partecipare al Contest di Natale.
Ovviamente non ho né le capacità di farlo, né la pretesa di aggiungere qualcosa al tuo racconto, oltre tutto sono anche fuorissimo allenamento, ma mi tocca per cui... inutile girarci intorno.
Ah, prima di dimenticarmi: la tua foto profilo è bellissima. Complimenti. Mi piace molto il tuo viso "casa"  (y)

Dunque: il racconto mi ha colpita. 
L'ho letto alcuni giorni fa e poi ci ho riflettuto un po'. In quel momento mi era impossibile commentarti, non avendo a disposizione un computer, per cui posso affermare, con assoluta certezza, che è un racconto che rimane in mente. A volte leggo alcune cose molto belle, ma dopo 5 minuti le ho già scordate. Mi capita addirittura con cose che scrivo io eh, il tuo racconto invece me lo ricordo, forse perché comprendo quanto possa essere invalidante l'acufene nella vita quotidiana, o forse perché ho conosciuto una persona che ne soffre o semplicemente perché sei riuscito a rendere "vivo" questo disagio.
Ci sono alcuni punti che cambierei, parole, espressioni, semplicemente perché io parlo in un'altra maniera. 
Posso provare a dirti come?
JohnnyBazookaBic ha scritto: mer dic 20, 2023 11:12 amla testa si girò nella mia direzione.
io direi: mi guardò

Aspetta, provo in un altro modo perché così non ci riesco (ti chiedo scusa se strapazzo un po' il tuo racconto):
JohnnyBazookaBic ha scritto: mer dic 20, 2023 11:12 am“Lo senti anche tu?” domandai. Le mani di Mario smisero di tamburellare sulla tastiera, la testa si girò nella mia direzione. e mi guardò.
“Che cosa?”
“Questo sibilo.”
“Sarà l’acqua che gira nei tubi, immagino” si rimise in posizione con un sospiro.
L’acqua nei tubi? Forse, era possibile, del resto chi avrebbe potuto stabilire con certezza l’origine di un suono così debole? Eppure, più la mia mente correva ad  cercavo di individuare la causa e più quello pareva aumentare di intensità. Un comportamento peculiare. 
Nel corso della giornata cercai di immergermi nelle solite faccende che scandivano le ore dedicate al concentrarmi sul lavoro. Una riunione, la stesura di una relazione del riassunto di questa, parlare con il capo. Mansioni che tenevano la mia testa occupata, incapace di concentrarsi su futilità di varia natura. E fu così che dimenticai di quel fastidioso suono.
“Buona spazio serata, ci vediamo domani” dissi a Mario già sull’uscio.
“A domani” rispose lui che faceva del lavoro l’unica ragione di vita. 
Una volta in auto, nel grigio e scuro garage aziendale, il silenzio svelò quello che mai avrei potuto credere possibile: il sibilo mi aveva seguito. Rimasi fermo con le mani sul volante, quasi come se mi trovassi fermo al semaforo. paralizzato.
Come diamine era possibile una stranezza del genere? Qualcuno forse mi aveva giocato un brutto scherzo? Tastai il colletto della camicia ma le mie dita trovarono solo tessuto. Per un istante avevo pensato pensando che qualcuno potesse aver installato una qualche diavoleria tecnologica in grado di disturbarmi con quel rumore.
Accesi il motore dell’auto e quello il rumore parve scomparire, come per magia. Forse alcune frequenze sonore avevano il potere di cancellarlo, almeno per un po’. Il traffico era il solito, le festività natalizie si avvicinavano a grandi passi, con il loro carico di zuccheri e incombenze sociali. 
“Sono a casa” le consuete tre parole che proferivo sull’uscio non appena rientrato.
“Com’è andata al lavoro?” domandò Sonia dal salone.
“Tutto bene” avevo infatti deciso di tenere celata quell’inquietudine che mi rodeva dentro come fosse uno scoiattolo e io il legno.
“E tu? I bambini sono pronti con i regalini per i genitori nonni?”
“Ci stanno ancora lavorando, ma finiranno di sicuro per venerdì, sai che non lascio mai le cose a metà” sorrise quando presi posto al suo fianco sul divano.
“A proposito di questioni lasciate a metà, forse è arrivato il momento di preparare la cena. Questa sera ho una fame” disse, legando strinse i capelli nel consueto solito elastico rosso. La seguii in cucina.
Preparammo tutto con cura, infatti quello era un il nostro momento virgola che avevamo imparato ad apprezzare quel nostro stare insieme. Qualcuno da fuori avrebbe visto una piccola brigata pronta ad eseguire i compiti nel modo migliore.
Il profumo del cibo aveva il potere di distendere i miei nervi tesi come elastici prossimi a raggiungere il punto di rottura. Fu proprio durante il taglio delle cipolle che la mia disattenzione fu punita. 
“Cazzo, mi sono tagliato” fu tutto ciò che riuscii a dire prima di gettare il coltello.
“Fa vedere.” Sonia mi afferrò la mano e i suoi occhi nocciola osservarono con attenzione la ferita “Per fortuna non è nulla di grave. Ci mettiamo subito un cerotto, dopo aver disinfettato.”
spazio
La Quella notte passò senza chiudere occhio non chiusi occhio. Una volta spenta la luce virgola io e il fischio virgola ci trovavamo testa a testa, lui infatti era deciso a non andarsene prima di avermi fatto impazzire. Le palpebre non volevano rimanere serrate chiudersi ed io ero costretto ad osservare quella stanza che conoscevo come le mie tasche eppure pareva del tutto aliena in mancanza di adeguate fonti di luce.
Il fischio continuò anche nei giorni successivi.
Come poteva essere accaduto un fatto così disgraziato proprio a me e senza che potessi prendere delle contromisure? Avevo sbagliato qualcosa? Avrei potuto fare diversamente? Dopotutto era difficile colpevolizzarsi senza nemmeno comprendere a fondo la causa.  Cosa mi stava succedendo?
“Lei ha l’acufene” disse laconico l’otorino, mentre la sua mano che si apprestava a scrivere una ricevuta per i duecento secondi di visita. 
“E cosa posso fare?” chiesi.
“Se lo deve tenere, al momento ci sono pochissime possibilità di cura e, in più, non conosciamo nemmeno la causa. Se proprio vuole indagare potrà farlo tranquillamente con degli esami più approfonditi. Le lascio una lista di quelli principali” mi porse un foglio già stampato che di sicuro "mollava" a tutti i disperati come me.
Lo stomaco rimase stretto nella sua morsa anche all’uscita di quella stanza bianca mi si contorse. Avevo sognato per mesi di risolvere tutti i miei problemi, la "soglia" ***** era stata varcata, eppure mi trovavo al punto di partenza. 
Ogni notte era peggio della precedente. Una notte accadde l’irreparabile. Sonia accese la luce all’improvviso e mi trovò con gli occhi spalancati.
“Mi avevi detto che ora riesci a dormire.”
“Beh, non è vero. Non ce la faccio da mesi, mi addormento sul posto di lavoro. Talvolta Mario deve svegliarmi o corro il rischio di essere scoperto dal capo.”
“Io vado a dormire sul divano, non voglio stare con te sdraiato come Nosferatu.”Aafferrò il cuscino e uscì dalla camera da letto.
“Lo senti anche tu?” domandai. Le mani di Mario smisero di tamburellare sulla tastiera, la testa si girò nella mia direzione mi guardò.
“Che cosa?”
“Questo sibilo.”
spazio
Fu solo in quel momento che afferrai la pistola dallo zaino alla mia sinistra tre puntini
***** soglia: lo scriverei in corsivo per far capire che quella soglia non è solo quella dello studio medico, ma soprattutto la soglia del non ritorno. Ora che sa di cosa si tratta, comprende anche tutto il dramma che l'attenderà e sa che non si potrà risolvere con delle gocce, o con un aerosol, per cui si comprende meglio il dramma, secondo me.

Ecco fatto, scusami @JohnnyBazookaBic per tutte le "correzioni" che magari non troverai nemmeno utili e ti auguro una buona serata.

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