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Re: Blu

Ciao @Annabel@ ,
ottimo riassunto, il tuo :-)
Hai colto tutto quello che c'era da cogliere e forse anche di più.
Grazie mille per essere passata e per aver lasciato il commento.
Grazie. :-)

Re: Blu

Cheguevara ha scritto:Che a me è piaciuto così com'è.
Grazie, comandante.

Re: Blu

Buongiorno @Cicciuzza ,
@sono secoli che non faccio commenti e riparto da qui.
aiuto!
Sono onoratissima e contenta della tua presenza, anche se mi dispiace tu ti sia dovuta confrontare con questo testo. L'avessi saputo, avrei pubblicato qualcos'altro. ;-) Spero solo di non averti fatto passare la voglia.
Questo "racconto" era il primo che avevo pubblicato su WD e all'epoca ne avevo scritti diversi, uno per colore (giallo, arancione, rosso, marrone...; mi servivano per allenarmi con la punteggiatura, i dialoghi...).
Volevo raccontare semplici suggestioni e mi immaginavo che un ipotetico lettore entrasse per vedere una mostra e vi trovasse invece questi quadri-racconti o tele-racconti. Desideravo che tutto il "mancante" lo mettesse il lettore.
Ok, ho capito che qui c'è troppo "mancante". :-D

In ogni caso, quello che mi hai scritto è giustissimo e ne farò tesoro per i racconti che scriverò in futuro, mi sembrano spiegazioni e tracce da utilizzare sempre, continuamente, soprattutto per una come me che ha l'abitudine di fissarsi su alcuni particolari e di dimenticarsi di raccontare la storia.
Grazie davvero per il tuo inaspettato passaggio e per i preziosi consigli. :-)

Blu

Mi piacerebbe tu ascoltassi:

I Love You But I Don't Know What To Say di Ryan Adams


Quando sono entrata ho visto una tavolata di soli uomini; hai smesso di parlare, ti sei alzato avvertendoli di non stare ad aspettarti e loro hanno riso come degli idioti.
Mi sei venuto incontro, mi hai fatto male prendendomi il braccio, lo hai stretto troppo.
Fuori ti ho dato le chiavi della mia auto e hai aperto il bagagliaio.
«Non porto cadaveri» ho detto.
«Vedo, solo birra scadente», hai risposto sorridendo.
«Quella è per te, per me c’è un Sassicaia e un bicchiere bourgogne».
Hai regolato il sedile, lo specchietto, l’altro specchietto, clic musica e siamo partiti.
Avevo guidato tutto il giorno per arrivare da te, ero sfinita, tanto da addormentarmi quasi all’istante. Al risveglio eravamo fermi davanti a una sbarra in attesa che si aprisse. C'erano alberi intorno e casette colorate con piccole verande di legno. La nostra casetta si chiamava blu. Così c’era scritto sulla porta, solo blu.
Avevi le chiavi, era evidente che eri già stato lì.
Hai stappato il vino e mi hai riempito il bicchiere, tu hai bevuto dalla bottiglia.
Stavamo uno di fronte all'altro, distanti, imbarazzati, in silenzio. Infine, ti sei girato e allora ho avuto il coraggio di chiedertelo:
«Fammi toccare».
Non dimenticherò mai quel suono. La cintura che si slaccia, la cerniera dei jeans che scende… ero dietro di te.
Solo dopo, solo molto dopo mi hai guardata veramente. Dio, che occhi i tuoi. Mi hai presa come fossi cosa tua, lì in cucina, sul tavolo della colazione di domani.
Pioveva sempre in quei giorni e noi ce ne stavamo in veranda a guardare il mare. Avevamo libri e vestiti. Bellissimi libri e brutti vestiti, ma non era importante perché ce ne stavamo per lo più nudi, facevamo il bagno sotto la pioggia, leggevamo e ci scambiavamo opinioni, baci, carezze, idee.
Ridevamo molto insieme, parlavamo di tutto e facevamo l'amore.
«Quando vai via non farmi troppo male», ho scritto un giorno sulla prima pagina di un libro.
«Questo è il mio numero, non farlo mai, che se lo fai entro sera sarò da te», hai scritto tu tra le pagine di un altro.
Una mattina il tavolo era apparecchiato, c’era una rosa rossa e un biglietto sul comodino diceva: «Grazie per tutto il pesce».
Ho lasciato tutto così e me ne sono andata.
Abbiamo vissuto come se non fosse mai successo niente, come se quei due non fossimo stati noi.
Sono passati quasi vent’anni da allora. Questa mattina ho sentito una fitta proprio qui. Ho preso il telefono e ho fatto il tuo numero e, se non verrai, entro sera morirò.

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