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Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

Alba359 ha scritto: Quando creo una scena in cui un personaggio esternerà ciò che pensa, devo necessariamente mettermi anche nei panni degli interlocutori.
Certo, anch'io. 
E non solo: devo anche "vedere" il luogo; se il dialogo avviene in una stanza chiusa ho bisogno di immaginarmela prima di iniziare a scrivere: mobili, quadri, tappeti. E ho bisogno di sentirne gli odori: vecchio cuoio di una borsa appoggiata sulla scrivania, aromi floreali da un vaso sul davanzale della finestra... 
Poi magari nessuno di questi elementi entrerà a far parte della scena o sarà oggetto di conversazione, l'importante è che io sappia che ci sono e dove sono. Perché durante il dialogo può venirmi voglia di far appoggiare i palmi delle mani sulla scrivania a un determinato personaggio, o fargli posare gli occhi sulla tela a olio nella parete di fronte per evitare lo sguardo dell'interlocutore... E devo essere nei panni dell'uno e dell'altro.
 

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

Gualduccig ha scritto: Come sempre, il tutto sta nella capacità di dosare gli ingredienti:
Giustissimo e mi permetto di aggiungere a quanto ho scritto sopra: la stessa descrizione o dialogo ininfluenti sulla trama possono dare respiro al romanzo o risultare un'inutile perdita di tempo, a seconda del momento che scegliamo per inserirli. Quindi, giusto dosare gli ingredienti, ma anche scegliere il momento opportuno.

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

Mina ha scritto: Questo ad esempio è l'incipit di un romanzo di un mio amico scrittore (Tutto è come sembra, Giovanni Benzi) che mi torna sempre in mente come una storia chiara ed efficace che utilizza questa forma di dialogo:
Cazzo Banti il quaderno.
Stavano tutti lungo il muretto, uno di fianco all'altro, e copiavano l'uno dall'altro, e il primo copiava dal mio quaderno. Un meccanismo perfetto.
Senti Banti oggi non ho da pagare.
Pagherai domani.
Avrebbe pagato, non c'erano dubbi che avrebbe pagato. Tutti prima o poi pagavano. La regola era chiara e nessuno poteva tirarsi fuori.


Uhm, io invece sono già fuori fase alla sesta riga... 
La frase in grassetto è un pensiero di Banti?
Oppure è la considerazione di un narratore esterno?
Non c'è modo di capirlo è questo per me è un ostacolo insormontabile: perdonatemi tu, l'autore e il grandissimo McCarthy, ma questo modo di rendere i dialoghi non fa per me. 
Sono vecchio, portate pazienza.

Su gran parte del tuo lungo post invece concordo @Mina, ti ho voluto segnalare soltanto dove mi trovo in disaccordo per offrire magari qualche spunto nuovo alla discussione; i "sì, la penso così anch'io" non fanno avanzare la trama, lo sai  :D .

Re: Labocontest n.1 - Discussione generale - i dialoghi

Mina ha scritto: infatti non sopporto le divagazioni e gli excursus. Penso che una narrazione debba riportare solo quello che è funzionale alla storia, e ciò vale sia per le descrizioni, sia per i dialoghi. Tutto il resto è "distrazione" e, per quanto interessante, se non porta avanti la trama allora è, brutalmente, inutile, e anzi spesso dannoso.
No, su questo proprio non sono d'accordo.
Intanto distinguerei tra dialoghi e descrizioni: un dialogo che non fa avanzare la storia spesso ci permette di entrare nella testa dei personaggi e di comprendere il loro carattere e il modo di ragionare; una descrizione che non fa avanzare la storia ci permette però di entrare nella storia, vedere con gli occhi dei personaggi e quindi immedesimarci in loro.
La trama prevede che in quel punto Pinco vada a casa di Pallino; che in una giornata piovosa salga su un autobus e respiri l'aria densa di umidità e gli odori che gli giungono dagli abiti stazzonati degli altri viaggiatori oppure che in una splendida giornata di sole cammini per i viali alberati della città respirando le fragranze delle piante in fiore non fa avanzare di nulla la storia: lui va sempre a casa di Pallino. E però, se permetti, ci arriva con uno stato d'animo molto diverso che influenzerà in qualche modo il suo rapportarsi con Pallino.
E poi occorre considerare il genere letterario: prendi un thriller, un romanzo d'azione o di avventura, un horror... Se facciamo seguire un'azione all'altra senza mai permettere al lettore di tirare il fiato questi dopo un po' inizierà a dare segni di insofferenza: i colpi di scena, le fughe, gli inseguimenti, le apparizioni di fantasmi, gli omicidi efferati se si susseguono l'uno all'altro senza una pausa perdono di efficacia; il lettore ha bisogno di prendere un respiro e di pensare di essere tornato alla normalità, prima che lo colpiamo con un altro evento drammatico.

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