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Re: Triplette di aggettivi

Ilaris ha scritto: Scusate, ma a costo di risultare antipatica, continuo a non capire perché gli aggettivi debbano essere evitati come la peste. 
:pat:    :D   Ho detto che non si deve esagerare, che è poi esattamente l'argomento del topic, non che li si debba evitare come la peste.

Speravo di cavarmela con il video, ma ho capito che non è sufficiente.
Il passaggio che più sento mio è quando Ambra sostiene che occorre scegliere verbi e sostantivi "pregnanti", che descrivano con esattezza il significato che vogliamo attribuire loro.
Qualche esempio che ritrovo spessissimo nei romanzi da editare:
John (mettiamoci anche qualche bel nome inglese, tanto per citare un altro abominio ricorrente) vide che Mary era arrivata
John si affacciò alla finestra e vide che l'autobus stava arrivando
Nascosto dietro la siepe, John vide che Mary aveva in mano il telefono
John entrò in casa e vide che non c'era nessuno
John vide che il pacco era bello grosso
John vide che il sole stava tramontando
...
"Vedere" è un puro atto fisico: se uno non è cieco e ha gli occhi aperti, vede. Non c'è nessun atto volontario in questa azione, ma se lo usiamo ogni volta che lo sguardo del nostro personaggio si posa su un oggetto qualsiasi, ne esce una scrittura di un piattume unico. Esistono tantissimi verbi nella nostra lingua che esprimono quest'azione, con intenti o effetti diversi l'uno dall'altro.
osservare
scorgere
notare
sbirciare
guardare
scrutare
squadrare
spiare
avvistare
distinguere
individuare
intravedere
esaminare
...
Dobbiamo scegliere quello che più si adatta alla situazione ed ecco che avremo già dato una connotazione alla frase che poi ci risparmierà di dilungarci in lunghe spiegazioni di ciò che John vede.

Altro esempio: gli aggettivi qualificativi che qualificano poco o niente. 
Grande, piccolo, bello, brutto, grosso, buono, cattivo... non ci danno nessuna informazione reale, perché sono filtrati sempre dal pensiero di chi li usa o attraverso una particolare situazione. 
Ho finito pochi mesi fa di editare un romanzo il cui autore aveva una venerazione per l'aggettivo "grosso"; ne metteva almeno tre o quattro ogni pagina: un grosso pacco, un grosso caseggiato, un grosso imbroglio, un grosso camion e via dicendo...

John sentì suonare il campanello e andò ad aprire; davanti alla porta c'era un grosso pacco, ma non vide nessuno in giro. Scosse la testa e portò il pacco in casa.
Ora, se a seguire non mi dai qualche informazione come faccio a capire quanto sia grosso quel pacco? 
Una scatola da scarpe, un cartone da imballaggio per cesti natalizi, un set di lenzuola per un letto matrimoniale, l'imballo di una lavatrice?
Se contiene un orologino da polso, già una scatola da scarpe sarebbe un grosso pacco; se invece dentro c'è un contrabbasso devo immaginare qualcosa di molto più voluminoso; se però l'autore non mi dà nessun'altra informazione io non potrò mai "vedere" la scena e non saprò mai se John ha dovuto sudare sette camicie per portarlo dentro casa o se lo ha lanciato con nonchalance sul tavolo del salotto.

Altro esempio di un romanzo che è passato tra le mie mani di recente (ben scritto, tra l'altro): l'autrice aveva il vezzo di connotare ogni sostantivo con due aggettivi, non di rado sinonimi tra loro. 
Alcune volte gli aggettivi erano uniti da una congiunzione: una torta soffice e delicata, un vicolo stretto e angusto, una persona alta e magra, un palazzo vecchio e malridotto... altre volte separati da una virgola: un'auto nuova, lucente...  un tramonto romantico, incantato...  un film piacevole, interessante...

Re: Triplette di aggettivi

Valerio 10000 ha scritto: Quando la situazione lo richiede, esagero anch'io con gli aggettivi, e mi diverte molto.
Avevo iniziato a spiegare perché non si deve mai esagerare con gli aggettivi (a meno che nelle nostre vene non scorra un po' del sangue dell'immenso Gabo), quando mi sono ricordato di questo video di una bravissima collega, che in poche parole chiarisce una serie di concetti per esprimere i quali io avrei di certo scritto un post chilometrico:



Se ti chiami Gabriel Garcia Marquez, però, puoi permetterti di scrivere un incipit di 745 caratteri così concepito:
Desde el primer domingo que lo vi me pareció una mula de monosabio, con sus tirantes de 
terciopelo pespuntados con filamentos de oro, sus sortijas con pedrerías de colores en todos los
dedos y su trenza de cascabeles, trepado sobre una mesa en el puerto de Santa María del Darién,
entre los frascos de específicos y las yerbas de consuelo que él mismo preparaba y vendía a grito
herido por los pueblos del Caribe, sólo que entonces no estaba tratando de vender nada de
aquella cochambre de indios sino pidiendo que le llevaran una culebra de verdad para demostrar
en carne propia un contraveneno de su invención, el único infalible, señoras y señores, contra las
picaduras de serpientes, tarántulas y escolopendras, y toda clase de mamíferos ponzoñosos.

(da: Blacamán el Bueno, vendedor de milagros)

Re: Triplette di aggettivi

dyskolos ha scritto: questa è una malattia neurodegenerativa, cronica e debilitante, che colpisce il sistema nervoso centrale autonomico e quello periferico.
concordo: è una frase che si usa spesso nei romanzi.

«Ciao Luca, come va?»
«Eh, non tanto bene: soffro di una malattia neurodegenerativa, cronica e debilitante, che colpisce il sistema nervoso centrale autonomico e quello periferico.»
«Oh, mi spiace. Curati.»
:sorrisoidiota: 

Re: Triplette di aggettivi

Mafra ha scritto: Mi piacerebbe conoscere il vostro parere per un confronto
Pienamente d'accordo; le triplette mi piacciono soltanto se le segna il centravanti della squadra per cui faccio il tifo.
E aggiungerei anche le doppiette, a dire il vero, che sono un "vizio" molto più comune.
Un editor, molto più bravo e affermato di me, sostiene che a un sostantivo non va mai unito più di un aggettivo.  Io, che difendo a spada tratta le regole grammaticali quasi come fossero animali in via d'estinzione, sono molto meno rigido sulle questioni di stile, dove ogni regola è fatta per essere stravolta. 
Però ho molta stima di quell'editor e spesso mi trovo costretto a dargli ragione...

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