Wanderer ha scritto: Nella Bibbia, non va dimenticato che Mosè ha tre figli: Sem, Cam e Jafet, che rappresentano i popoli del mondo. Cam, l'africano, viene considerato inferiore,
Il fatto è che la Bibbia, come tutte le antiche scritture, parlava con un linguaggio metaforico adatto alla cultura di quel tempo e le parole utilizzate, spesso, avevano più significati, o significati diversi da quello attribuito. Non è detto che "inferiore" non fosse inteso come "più bisogno", per cui il popolo preposto ad esserne "l'educatore", invece, poteva essere colui che doveva prendersene cura e garantirne la crescita economica.
E a proposito di "crescita economica", non dimentichiamo che l'antisemitismo ha ragioni soprattutto economiche, visto che il popolo ebraico era finanziariamente il più forte. Non a caso confische dei beni e leggi razziali erano finalizzate a impoverirlo e depotenziarlo.
Che l'uomo, inteso nel suo aspetto più istintivo e animale (quando non tiene conto del suo lato spirituale "umano") abbia sempre lottato per il predominio su qualsiasi altra specie, e all'interno della sua stessa, è atavico.
Un revisionismo culturale che si pone come un resettaggio alla base, significa negare che un tempo l'uomo sia stato razzista. Di questo passo dovremmo negare qualsiasi errore del passato, anziché considerarlo come tale e capire a che punto è, man mano, la nostra evoluzione.
L'arte e la memoria, invece, dovrebbero farci da pietre miliari della nostra evoluzione. E ancora ne abbiamo di passi da compiere.
In un'eventuale operazione di resettaggio, andrebbero allora rivisti tutti i romanzi che parlano di discriminazione, di qualsiasi tipo. Anche quelli scritti in un periodo in cui esisteva un più forte divario tra Nord e Sud d'Italia, per esempio. Ma è innegabile che sia esistito, storicamente, e che i termini in cui la gente del sud era descritta fossero poco edificanti. L'arte fornisce un riscontro oggettivo del pensiero del passato e il modificarla, secondo me, è il primo passo verso il revisionismo storico.
massimopud ha scritto: Comunque in generale io sono a favore del politicamente corretto: i suoi scopi sono nobili, i mezzi a volte buffi o cervellotici, ma in buona fede.
Lo sono anch'io, ma non quando passa dall'essere strumento di inclusione, o di educazione all'integrazione, a un'ipersoluzione. Diversamente, finiamo per giungere a un eccesso che ci fa regredire anziché migliorare.