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Re: [CDP1] Untitled

Ovvero: la follia vista “da dentro”, laddove la follia è ostile, malvagia e inconsapevole. E, soprattutto, è “fuori”.
L’io interiore pare domandarsi: “Come fate a non capire? A non vedere? State sbagliando tutto!”. Il riflessivo è d’obbligo, dal momento che vedo molto ben dosati gli elementi che pongono il racconto in una zona di confine fra il flusso e il soliloquio.

Il testo ha un andamento ritmico incalzante, drammaticamente accentato, molto efficace. I frequenti bisticci, alcuni davvero notevoli, direi quasi “piuminiani” (uno per tutti: le nere fiere delle foreste scure) sono, di volta in volta, aritmie o accenti, pietre che rotolano e sfiorano e sembrano voler travolgere il lettore. E, in ogni caso, lo trasportano (come un buon testo narrativo dovrebbe sempre fare). Questi miei riferimenti alla musica mi sembrano opportuni, dal momento che trovo anche tanta musicalità nelle parole che hai scelto (molto attentamente, mi sento di dire).

A proposito del “trasporto”: forse la caratterizzazione è troppo spinta affinché il lettore possa immedesimarsi profondamente, ma la passione racchiusa nei lamenti, che si alternano alle invettive e alle vere e proprie grida di dolore, è talmente forte da trasmettere alla perfezione un preciso stato d’animo. Forse direi meglio dicendo "alterazione d'animo", che a me è arrivata in modo molto diretto, tra stomaco e cervelletto, con salto carpiato della sfera razionale.
E, però, c’è molto di razionale nella tua costruzione di questa sorta di incubo, nel quale nostalgia, incredulità, paura, rabbia e disperazione, sono presenti in modo così ben dosato e rappresentati in modo così naturale, ancorché, a tratti, al limite del fanatismo religioso, e a tratti permeandoli con una sorta di tribalità, addirittura, come nel penultimo paragrafo: Non toccate la mia testa (...) 

Mi è piaciuta in modo particolare, tra le altre cose, la suddivisione in “paragrafi”, che interpreto divisi da intervalli nel tempo della storia, e che per il lettore si fanno pause ad-libitum (ancora un richiamo alla musica: anche se la locuzione non ha questo uso esclusivo, è così che intendo usarla), liberando un poco il testo dalla sensazione di flusso ininterrotto che farebbe prevalere un’atmosfera da vero e proprio delirio.
Suddivisioni che, allo stesso tempo, non impediscono, al lettore che lo voglia, di proseguire senza pause prolungate più di un respiro, nella folle galoppata di una mente disturbata (lettura possibile e lecita, anche se molto limitativa, a mio parere).

Insomma: le interpretazioni possibili sono molteplici, e tutte ben supportate dall’ottima e non banale scrittura.

A me è venuto quasi naturale attribuire ad ogni paragrafo una sorta di fulminante sinossi (non perché io voglia definire, presuntuosamente, “fulminanti” le mie parole, bensì perché tale è stato l’effetto su di me).
Permettimi, e abbina quanto sotto alla sequenza dei tuoi paragrafi:

Non portatemi via / Qui tutto è perfetto, tutto è fatto per me / Dio mi assisteva / Io avevo un patto con Lui / E voi avete rovesciato il calice che Lui aveva fatto traboccare per me / Ma quei doni non erano gratuiti, né da me sottratti / Vivevo in armonia col mondo e da esso traevo frutti / Prendeteli pure, i mei resti mortali. Io sono altro. Io sono del Mondo. Sono di Dio.

Sì, lo ammetto: è un’interpretazione fortemente orientata. Non vorrei sembrarti io, il fanatico. E che, per di più, voglia nascondermi dietro una possibile (palese? quasi inevitabile?) interpretazione in tal senso del tuo testo. Ma questo è per farti capire cosa, alla fine, hai passato a questo lettore. (In fondo, il primo intento dei miei commenti, qui, è sempre questo: far capire all’autore cosa mi è arrivato; quali sensazioni è riuscito a suscitare in me; quali emozioni ha fatto affiorare; cosa mi ha lasciato).
E a un testo che è capace di trasportarmi, difficilmente mi oppongo, in qualunque antro della mia mente vada a scavare e depositarsi.

Ho pensato molto a una possibile lettura metaforica: forse l’Eden perduto; forse il cammino di Fede di un’anima fra le insidie del mondo. Ma, anche (ed è forse quella che preferisco), il lamento della Natura, intesa come consapevolezza superiore, che è tutto e quindi è uomo e fiera, albero e spiga, pioggia e terra, seme e frutto.

Ottima e originale prova, a mio parere.

A rileggerti.

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