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Re: [MI 184] Graceful ghost

bestseller2020 ha scritto: Qui, il protagonista è reale, il frutto dei suoi sogni no.
Non è ciò a cui ho pensato. Il sogno si fa realtà fin fal risveglio con lo smilzo biondo che gli batte sul braccio per impedirgli di consumare un rapporto con la moglie "aliena". Come ho già detto, poi il protagonista prende le medicine non perché soffra di allucinazioni, ma per poter accettare che non lo sono. Fin qui le mie intenzioni, poi la tua lettura è perfettamente lecita. La tua preferenza per la realtà di un disagio psichico, rispetto al surreale non la discuto: ci sta. A me questa è traccia è parsa un'occasione ideale per cimentarmi nella rappresentazione di una situazione che più kafkiana non potrebbe essere, restando abbastanza fedele allo spirito della novella pirandelliana. Insomma, presunzione a mille, come si può ben vedere. Quindi, no: non c'era altra via del comico-surreale, per poter dire di non aver fatto sul serio :asd:
Grazie della lettura e del commento. 

Re: [MI 184] Graceful ghost

aladicorvo ha scritto:  Luigi e Franz avrebbero gradito.
Non esageriamo! :D
aladicorvo ha scritto: Unica perplessità la natura aliena sia della signora, con tanto di tentacoli fosforescenti, che del piccolo Sputnik, probabile frutto di una vecchia avventura oltre cortina.
A mio parere, il fascino originario risiedeva nello scarto tra la banalità piccolo borghese e la miccia di follia che dava fuoco alle tappezzerie tanto per bene.
Trascinarci dentro un’alienità siderale è un di più che, invece di potenziare, smorza l’effetto complessivo.
Qui mi spiace, perché non era nelle mie intenzioni passare questa sensazione. La moglie di Zio Ale non è un'extraterrestre. Per la voce narrante dire "l'aliena" è come dire "lo smilzo" o "i polemisti", a mo' di epiteti (un po' iperbolici). Come definiresti una chimera metà sventolona e metà mostro, con braccia fosforescenti? Mi pareva che la cosa avesse un discreto potenziale comico.

In ogni caso grazie, grazie!

Re: [MI 184] Graceful ghost

Dato che ho pochissimo tempo e non vorrei dimenticare nessuno (e, in più, le letture e i miei commenti dei vostri racconti urgono), ringrazioe e riepondo al volo:
Poeta Zaza ha scritto: Perché non scrivere prigioniero? Oppure reduce da un lager?
Vero, ma io uso per abitudine questo termine (che ha sempre usato Primo Levi).
Poeta Zaza ha scritto: Sbaglierò, ma "poc'anzi" lo vedo meglio in un contesto di tempi al presente.
Secondo me no, ma non mancherò di documentarmi, perché potrei sbagliarmi io, effettivamente!
Poeta Zaza ha scritto: Un sogno doppio? Interessante,
Questa è una chiara citazione da Se questo e un uomo e da La tregua
Poeta Zaza ha scritto: - Non si trattava di sogni erotici, per giunta nemmeno consumati. 
Concordo. (EDIT: ma fino a un certo punto. Perché immaginavo effettivamente sogni erotici, ma non troppo spinti. Insomma: lui e la moglie dello smilzo si stavano ancora corteggiando, diciamo - 2° EDIT: no, hai ragione)
Albascura ha scritto: Allucinazioni, @queffe allucinazioni, come disse l'antiquario.
:asd: 
Qui il mio protagonista è costretto a prendere le medicine non perché si trovi di fronte ad allucinazioni, ma per accettare il fatto che non lo sono! Proprio come il protagonista della Novella, che non è sodo come chi è capace di liquidare la cosa in quel modo, ma si ritrova in una condizione per cui nulla può più essere come prima. (Lo dico con il dovuto rispetto e le inevitavbili distanze dal racconto omaggiato).
Modea72 ha scritto: Perché all' inizio lo spirito non va in camera a lamentarsi, ma si aggira per corridoi fermandosi davanti la porta del figlio?
L'idea, mentre scrivevo, era quella che anche il sognato, trovandosi in un sogno altrui, era un po' disorientato. Nell'incipit volevo creare un gioco di specchi per cui non si capisse subito chi sognava chi. Ma mi ci sarebbe voluto più tempo per non fare uno dei miei soliti garbugli, nei quali poi "il lettore si trova troppo impegnato a non capirci un caXXo per poter seguire e gustrarsi la storia" (citazione, da un memorabile commento che un mio racconto ha ricevuto da @Bango Skank :D ).
Modea72 ha scritto: ma trovo poco realistico un pensiero così articolato.
esperienza personale: diverse volte, al risveglio da un sogno (specie se interrotto) mi ritrovo a formulare frasi e ragionamenti estremamente articolati, per esser certo di aver ripreso il controllo dei miei pensieri. Qualche volta (raramente) li annoto, perché mi sembrano - nella fase di ritorno allo stato di veglia - pure geniali. Cosa che poi si rivela sempre errata :asd: . Ma almeno articolati e complessi li ritrovo sempre, questo sì.
Modea72 ha scritto: Non mi sembra corretto ancorché.
Io ancorché lo uso spesso come sinonimo di sebbene. E qui non mi sembra scorretto: il protagonista aveva sì sognato la moglie del fantasma smilzo, ma non si era consumato un vero e proprio tradimento. Insomma: lui e l'altra non si erano spinti così avanti :asd: (EDIT: però ho riletto e hai ragione. Per come ho costruito la frase sono d'accordo che non è corretto).
Modea72 ha scritto: Il 'naturalmente era bellissima' per me stona, rispetto a quanto scrivi prima. Lo eliminerei del tutto, mettendo una virgola dopo assurda.
No, è voluto: la "realtà del sogno", vista al risveglio, era che la donna sognata era mostruosa, ma nel sogno gli appariva bellissima (come poco prima specificato sull'assurdità dei sogni, nei quali tutto sembra normale, anche le cose più impossibili).
Modea72 ha scritto: La parola amante non viene menzionata, il protagonista non dovrebbe rispondere.
Questo è un gioco della narrazione, forse un po' difficile da cogliere: l'atmosfera che si è creata è tale per cui lui è già colpevole e, dal tempo della storia, è come se rispondesse alla voce narrante (che è la sua stessa voce, dal tempo della narrazione). La cosa mi sembrava avere un potenziale comico-surreale notevole.


@Poeta Zaza , @Adel J. Pellitteri , @Albascura , @@Monica , @Modea72
Grazie a tutte voi!

 

[MI 184] Graceful ghost

Traccia n.1: "La verità di un sogno" 
Il mio commento.
Graceful ghost
 
Sottotitolo: “Sfrontato omaggio a Pirandello e alla sua Novella Effetti di un sogno interrotto"
Mi visitò per la prima volta al risveglio da un sogno erotico incompleto ma di qualità straordinariamente elevata.
La tenue luce del primo mattino ne sfumava i contorni, dalla porta aperta della camera lo vidi passare per il corridoio. Veniva dalla parte della stanza di mio figlio, ma non credo uscisse da lì.
Poteva sembrare uno spettro, ma non mi terrorizzò. Invece pensai: quel sogno mi pareva vero e definito tanto quanto questa cosa che vedo ora è irreale.
E la prima sensazione fu di rabbia. Una rabbia forte e rancorosa per quell’intrusione. Saltai giù dal letto, scalzo infilai il corridoio verso il soggiorno, superai, a sinistra, la camera di mia figlia. Non avevo alcun dubbio che fosse diretto in soggiorno, ma lui non c’era più.
Ancora in corridoio, mi voltai. Era nuovamente lì, davanti alla porta chiusa della camera di mio figlio.
Indossava un pigiama a righe verticali. Poteva sembrare una divisa da prigioniero di Auschwitz, ma era troppo nuova, ordinata e pulita per poter essere tale. Piuttosto un pigiama elegante? Nella semioscurità non potevo capirlo bene.
Accesi la luce. Era biondissimo. Incredibilmente magro. Capelli corti e perfettamente lisci. Ben curato, nonostante una barba di almeno tre giorni, anch’essa bionda.
«Cosa ci fai qui?» chiesi furente, come se fosse l’unica cosa importante da sapere; come se altre possibili domande, tipo chi sei? fossero superflue.
Non rispose. Ciò fece, se possibile, montare ancor più la mia rabbia.
Perché ero così arrabbiato e non provavo, invece, paura per quello spettro, copia sbagliata dell’immagine che avevo di uno Häftling, comparso dal nulla in casa mia?
Forse stavo ancora sognando?
No: da un sogno mi ero appena risvegliato. Il ricordarne situazione e qualità, sentire ancora addosso, seppur vaga, l’eccitazione, mi dava la certezza di aver dormito, prima, ed esser desto, ora.
Tuttavia, non era impossibile, e non sarebbe nemmeno stata la prima volta che sognavo di essermi svegliato. Sogno interno e sogno esterno, anche questa era una sensazione legata a ben note e tristemente amate storie di campi di concentramento.
E questa confusione di ricordi, drammatici, piacevoli, lontani e vicini… Che sensazione assurda… Mi girava la testa.
Cercai di controllarmi e di considerare meglio la situazione.
Intanto, lui guardava nella mia direzione e aveva uno sguardo mesto.
Disse: «Per favore, smetta di sognare mia moglie. Smetta almeno di sognarla in quel modo lì. Per favore.»
Ecco, allora era proprio un sogno: stavo proiettando nel corridoio di casa il marito della donna protagonista delle mie fantasie di poco prima. Ma se non ne ricordavo nemmeno i tratti del viso! Seno prosperoso, pube depilato… dettagli voluttuosi, d’accordo. Ma poi… Boh? Ripensandoci il sogno era drammaticamente incompleto: quella donna non aveva braccia né volto.
Risposi: «Ma che dice? Sua moglie? Cosa le viene in mente?» e stavo parlando (per di più dando del lei!) a una visione che mi contestava un sogno. Ah, siamo a posto, pensai immediatamente, di riflesso.
«No, no, non cerchi di negare», replicò lui, con uno sguardo ancora più triste di poc’anzi.
Occhi azzurri. Un bell’uomo, distinto e aggraziato, mi ritrovai a considerare, nonostante quello sguardo e una magrezza che ora mi appariva mortale.
«Faccia in modo che questa cosa incresciosa non si ripeta», concluse in modo fermo ma con tono educato, mentre si dissolveva facendosi sempre più magro, consumandosi di tristezza, sdegno e trasparenza.
Stavo sognando un fantasma, dunque. Mite e gentile (strano), ma anche un po’ sfumato, come ci si aspetta. Pure evanescente sul finale, molto conforme allo stereotipo. Poi tutto finì lì, perché non ebbi modo di ricordare altro.
Originale nottata. Mi svegliai il mattino dopo, allegro e un po’ stranito. Era stata una situazione bizzarra e mi dispiacque di non aver continuato a dibattere con quello smilzo, per provare a convincerlo che – Tranquillo! – non aveva proprio nulla da temere da me, per sua moglie!
Eppure, sua moglie tornò a visitarmi. Le notti successive non accadde nulla. Proprio nulla! Non si trattava di sogni erotici, ancorché non consumati. Lei mi guardava da distante, magari in mezzo alla folla, oppure in situazioni di lavoro. Compariva ad ogni mio sonno. Senza volto e senza braccia, ma, naturalmente, era tutto normale nell’assurda realtà del sogno, che ti proietta nei luoghi più impensabili, o mai visti, con compagnie del tutto improbabili, in ruoli fantastici o terribili, però sempre contraddistinti dal fatto che è tutto normale, quasi mai e quasi nulla si rivela irreale o impossibile.
Finché una notte, eccoci soli. In una camera che era quella mia e di mia moglie, ma allo stesso tempo non lo era. Io e Carla avevamo fatto l’amore proprio la sera prima e potevo dirmi perfettamente appagato, da quel punto di vista.
Eppure, lei mi eccitava, mi guardava maliziosa e tutt’altro che innocente. Le sue inequivocabili intenzioni proruppero e sciolsero le mie. Questa volta potevo ammirarla: il naso lo aveva piccolo e in mezzo alla fronte, gli occhi erano grandissimi e verdi, le sue braccia erano fosforescenti. Denti bianchissimi, labbra carnose. Un insieme di reale bellezza e di mostruosità assurda. Naturalmente era bellissima, come mai donna mi era apparsa vera, patinata, o in sogno. Iniziammo a toccarci e lei, dopo aver esplorato il mio petto con mani esperte, iniziò a battermi con insistenza sul braccio destro. Cercavo di abbracciarla, ma lei con una mano appoggiata al mio sterno mi teneva distante e con l’altra batteva e batteva, aumentando la forza con cui mi percuoteva il braccio. Ansimava come se la cosa le procurasse un grande piacere e quando iniziai a provare dolore mi svegliai.
Era lui che mi stava colpendo il braccio. Il… marito? Diamine che sogno, di nuovo. Ma questa volta decisi di stare al gioco: credi di esserti svegliato, anzi: sei certo di esseri svegliato e invece stai ancora dormendo, e il sogno t’inganna. Bene, stiamo al gioco dunque! Magari è divertente.
«Sì, sono sveglio: mi dica» furono le parole con cui accolsi lo smilzo biondo (che aveva ripreso la sua magrezza originaria, rispetto all’ultima immagine che mi era rimasta di lui la volta precedente, mentre si dissolveva nel suo triste disappunto).
«Mi dispiace, io l’avevo avvertita. Non posso tollerare la sua mancanza di rispetto, Mi toccherà fermarmi qui da lei.»
«Prego,» gli risposi, «faccia pure. Possiamo fare anche un po’ di conversazione, tanto la signora se n’è andata».
«Col cavolo che se n’è andata! Aleggia qui, la sgualdrina! Non la sente? Non ne sente il profumo?»
Nel frattempo, mia moglie si stava stirando: «Cosa dici, caro? E cos’è questo profumo? Tresor…? Perché c’è profumo di Tresor?» disse, tirandosi su rapida e mettendosi a sedere nel letto.
«Ecco, glielo dica, signora! Tresor: proprio il suo profumo! Che le ho regalato io, maledizione! Per i suoi illeciti convegni amorosi ha il coraggio di mettesi il profumo che le ho regalato io!», sbottò lo smilzo. Poi, rivolgendosi a me con espressione di sfida: «Si ostina ancora a negare?»
Lo guardavo come si guarda una chimera, inebetito e incredulo.
Intervenne mia moglie: «Che cos’avresti fatto con la moglie di questo signore?» ma io continuavo a guardare lui, dandole le spalle. E lei: «Voltati e guardami in faccia! Cosa hai fatto?»
«Ma… ma… non…» balbettai.
Intervenne lo smilzo, spostandosi un po’ di lato per rivolgersi a Carla la cui vista gli stavo coprendo, trovandomi esattamente fra lui e lei: «Signora, a me spiace molto, ma io non posso tollerare che suo marito… Come dire… Continui… Continui a vedersi con mia moglie nei suoi sogni, ecco. Lei mi capisce, vero?»
«La capisco eccome, accidenti!» Poi, rivolta a me: «Ma ti pare il caso? E con il suo profumo?»
«Non vedo l’ora che questa cosa finisca» dissi io, che cominciavo ad essere seriamente preoccupato dalle sensazioni reali che mi dava quella balzana situazione onirica.
«Non lo dica a me!» apostrofò il marito della mia amante.
«Ma quale amante?» urlai rifiutando quella strana e invincibile sensazione, sempre più reale, di essere stato colto in flagrante, dal marito di lei e da mia moglie.
«Ah, allora lo ammette!» disse lui.
«Ah, allora lo ammetti!» disse Carla.
«E dai, ammettilo, Amore…» disse l’aliena con le braccia fosforescenti, nuda, depilata e con un seno ancor più prosperoso delle occasioni precedenti.
«Tu, sgualdrina! Zitta e a casa!» disse lui, puntandole un dito contro e facendola dissolvere.
«Ehi, ma che modi!» gli disse mia moglie.
«Signora, lei pensi a suo marito, che con mia moglie so io come fare!»
«Non ti permettere, sai?» gli abbaiò in faccia Carla, mettendo da parte l’educato ma ormai poco pertinente “lei”.
«Non si permetta lei!» disse lo smilzo fantasma.
«Garda, io sono brava e buona, ma non sopporto quando un uomo tratta in questo modo la moglie!» replicò Carla, che non è tipo da lasciar cadere discussioni del genere.
Mentre battibeccavano mi alzai dal letto e uscii dalla camera. In corridoio trovai mia figlia e mio figlio sulle porte delle loro stanze.
«Si può sapere cosa avete da urlare, a quest’ora della notte?» disse lei.
«Ma porca miseria, papà, domani ho un esame!» disse lui.
«Mio papà e mia mamma stanno litigando con vostro papà e vostra mamma» disse un bimbetto magro, biondo, con un pigiama a righe verticali dalle cui maniche spuntavano due manine fosforescenti. Aveva occhi grandissimi e verdi, ma il naso era al posto giusto.
«Vieni Sputnik, andiamo via» disse l’aliena prendendolo in braccio e dissolvendosi, mentre, dandoci le spalle, usciva dal corridoio verso il soggiorno.
«’Notte, signora. Ciao Sputnik» disse mio figlio sbadigliando. Poi aggiunse: «Papà puoi dire alla mamma di smetterla, per favore?» e rientrò in camera chiudendosi la porta alle spalle.
Guardai mai figlia. Lei ricambio lo sguardo inarcando le labbra come a dire “Boh?”
«Però Marco ha ragione, dai. Fate silenzio adesso.» Mi disse rientrando in camera sua.
Tornai dai due polemisti.
«Ci siamo spiegati e abbiamo trovato un compromesso», disse mia moglie.
Lo sguardo di lui era soddisfatto, anche se pareva un po’ imbarazzato: «Avremmo deciso che io mi fermo qui», disse facendo sì con la testa.
«Ti sveglierà ogni volta che t’azzardi a sognarla» concluse Carla.
Non l’ho più sognata. Lo smilzo si chiama Alessio, è una persona molto educata, mangia pochissimo (ecco perché è così spaventosamente magro!) e non dorme mai. Gli abbiamo messo una poltrona accanto al nostro letto. Svolge con grande zelo il suo compito e appena io inizio a sognare lui mi picchietta sul braccio, mi guarda con espressione grave e dice: «Oh, mi raccomando, eh?»
I miei figli lo chiamano Zio Ale.
Ogni tanto, la domenica, Sputnik e l’aliena vengono a trovare Alessio e si fermano a pranzo da noi. Poi se ne vanno. Io prendo le mie medicine con regolarità, ma Alessio, lui, per ora non ha nessuna intenzione d’andarsene. Dice che non può. Dice che è la boa che non glielo permette…

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