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Re: Triplette di aggettivi

Ilaris ha scritto: Scusate, ma a costo di risultare antipatica, continuo a non capire perché gli aggettivi debbano essere evitati come la peste. Il problema, che i grandi scrittori non hanno, sta nell'uso improprio o ridondante. 
Il fatto inconstestabile che non sono Garcia Marquez non deve precludermi la possibilità di usare gli aggettivi, perché non sono neanche Hemingway il cui stile mi pare sia altrettanto inarrivabile; si potrebbe dire che, a meno di non chiamarsi Hemingway, non bisogna scrivere senza aggettivi e avverbi...
:)
Penso che il vero problema, sia il fatto che, le case editrici li sconsiglino. Se diventassi molto famosa, allora si, ne potresti usare quanti vuoi e dove vuoi. Ma se scrivi qualcosa di buono  pieno di aggettivi e avverbi? Come fai a distruggerla? Rinnegheresti te stessa per una pubblicazione. Magari anche per sole 300 copie. Secondo me, è giusto tener presente i consigli e analizzarli. A quel punto, confronta le idee. Se ritieni i consigli validi, modifica pure. Altrimenti: continua sulla tua strada. Così, ad ogni modo, il romanzo resterà tuo. E non sarà il frutto della paura della non pubblicazione. 

Re: Triplette di aggettivi

Marcello ha scritto: Avevo iniziato a spiegare perché non si deve mai esagerare con gli aggettivi (a meno che nelle nostre vene non scorra un po' del sangue dell'immenso Gabo), quando mi sono ricordato di questo video di una bravissima collega, che in poche parole chiarisce una serie di concetti per esprimere i quali io avrei di certo scritto un post chilometrico:



Se ti chiami Gabriel Garcia Marquez, però, puoi permetterti di scrivere un incipit di 745 caratteri così concepito:
Desde el primer domingo que lo vi me pareció una mula de monosabio, con sus tirantes de 
terciopelo pespuntados con filamentos de oro, sus sortijas con pedrerías de colores en todos los
dedos y su trenza de cascabeles, trepado sobre una mesa en el puerto de Santa María del Darién,
entre los frascos de específicos y las yerbas de consuelo que él mismo preparaba y vendía a grito
herido por los pueblos del Caribe, sólo que entonces no estaba tratando de vender nada de
aquella cochambre de indios sino pidiendo que le llevaran una culebra de verdad para demostrar
en carne propia un contraveneno de su invención, el único infalible, señoras y señores, contra las
picaduras de serpientes, tarántulas y escolopendras, y toda clase de mamíferos ponzoñosos.

(da: Blacamán el Bueno, vendedor de milagros)
Molto interessante questo video, grazie. Nel mio romanzo, in alcuni momenti, il protagonista vive situazione di perdizioni che mi hanno fatto pensare al romanzo che Mafra ha citato per dar vita a questo scambio di opinioni. In certe situazioni, di esasperazione, trovo molto bello esagerare. Come se la scittura, andasse a pari passo con il percorso del personaggio. In situazioni più generiche, sono d'accordo con te. Quando farò una stesura dove mi concentrò solo sugli aggettivi, terrò presente il tuo consiglio.  

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