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Re: [MI 173] Il peccato di frate Jordano

Alberto Tosciri ha scritto: Sono rimasto colpito che la persona a cui hai dedicato un romanzo non ti abbia risposto.
Guarda, quando gli ho mandato la copia del libro avevo previsto anche la possibilità che non mi rispondesse, per cui sono serena. Il mio obiettivo era quello di pubblicare il romanzo, di devolvere quello che sto guadagnando in beneficenza e di fargli sapere che il libro è dedicato a lui. Mi dico che ha cose più importanti da fare per rendere il mondo un posto migliore, per il lavoro che fa, e va bene, non sono triste. Quando sarà il suo compleanno gli farò gli auguri come sempre e nient'altro. Ogni tanto però ci penso e mi dispiace un pochino, ma facendo parte delle cose su cui non posso avere un controllo me la faccio passare.

A parte questo, grazie mille per i chiarimenti e spero che tu possa tornare sui tuoi passi, perlomeno per quanto riguarda l'aspetto dei racconti. Con i tuoi tempi, ci mancherebbe, che non intendo forzare in alcun modo, ma a un certo punto, magari. 

Re: [MI 173] Il peccato di frate Jordano

Ciao @Alberto Tosciri ,
quando stasera ho dovuto cercare un racconto da commentare per la mia partecipazione al MI, sono andata apposta a cercare un tuo racconto.
E sai perché? Perché mi sono sempre piaciuti molto e mi pare di non averlo mai nascosto.
Solo dopo ho letto di sfuggita che vorresti auto escluderti, quindi scrivo con la consapevolezza che magari leggerai questo commento fra settimane, mesi, o forse mai. Pazienza, sono abituata a scrivere sapendo che potrei non avere risposta (la persona a cui ho dedicato il mio romanzo ha ricevuto una copia omaggio e non mi ha neanche scritto per ringraziarmi, per dire).
Comunque, parliamo del tuo racconto.
A me è piaciuto e ho trovato logico anche il finale. Anch'io sono stata per tanti anni a contatto con il mondo ecclesiastico (anche se non proprio quello dei frati nello specifico) e sono abituata ad aspettarmi di tutto, perfino delle conversioni improvvise, in un senso o nell'altro, da parte di persone molto devote o che si supponeva fossero tali. Per cui non mi sono stupita, anzi ho ammirato l'aura di misticismo che si sprigionava dalla figura del frate anziano.
Ho un paio di dubbi, specifici e poco rilevanti, giusto per capire meglio.  Il primo riguarda la formula dell'assoluzione. Cioè, adesso la formula viene detta in italiano, non in latino, per cui devo supporre che la storia sia ambientata in un periodo preconciliare? Oppure viene fatto un riferimento specifico all'epoca in cui è ambientato il racconto e io non me ne sono accorta?
Il secondo riguarda la scena iniziale, il dialogo fra vescovo e don Fabrizio. Non so, rileggendo mi sembra che abbia una connotazione un po' "cinematografica", nel senso che non so se i dialoghi di questo tipo si svolgano in questo modo, per cui ti chiedo solo se sai che possa essere uno scenario plausibile (magari hai conosciuto un vescovo che ti ha spiegato come funzionano questi contatti), o se lo hai ideato tu di sana pianta. In ogni caso, è efficace, il vescovo è abbastanza antipatico già da queste poche frasi. 
Certo, il tema è delicato, ma mi sembra che tu lo abbia trattato con la perizia e l'attenzione che ti contraddistinguono. Proprio perché ne parli facendo intuire ma senza bisogno di dire più del necessario. Che mi pare un elemento importante per un bravo scrittore: avere la capacità di riuscire a pesare le parole senza dover andare troppo oltre, senza eccedere in troppe spiegazioni. 
Il linguaggio è sempre azzeccato, non evidenzio nient'altro, e comunque mi sono sembrate sviste da poco.
Un giudizio ancora una volta positivo, per quanto possa essere utile.  :)

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