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Re: [LM172] Posologia di una vita

ciao Mariangela.  Grazie del passaggio e annotazioni varie :love: Sono stato molto indeciso con quale registro scrivere questo racconto sui tempi della vita.
Alla fine mi sono lasciato andare ed è venuto quel che ne è venuto. 
Poeta Zaza ha scritto: La signora Fabbri era in coma a inizio racconto. Se l'epilogo è a distanza di giorni, o di mesi, secondo me, dovresti segnalarlo.
Inoltre, non capisco (sai che sono una zuccona) l'importanza di questo risveglio con l'economia della storia.
Questa donna è in coma farmacologico: quindi indotto. Non posso fare il medico perché non lo sono, ma a volte vieni messo in coma per evitare certe complicanze che potrebbero portare alla morte. Sono stati comatosi passeggeri. Il risveglio della signora Fabbri è un lieto fine, un momento di speranza.
Dopo l'esperienza al PS per Ivan, anche Sonia sente di dover guardare ai suoi pazienti in modo diverso, dal lato umano, e non come lei è abituata. Un numero di letto a cui dare una posologia: la vera metafora della sua vita. Forse l'ho fatta troppo difficile e avrei dovuto fare un racconto lungo. Ma credimi, sono in corsa col tempo :D Grazie Mariangela

[LM172] Posologia di una vita

Traccia di mezzanotte: Il tempo



La stanza è immersa nel buio. I led rossi di una sveglia indicano che mancano solo quindici minuti dall'inserirsi della suoneria: alle cinque, Sonia, dovrà alzarsi dal letto.


Il bip ha solo il tempo per molestarla per qualche secondo. La sua mano sconfina fuori dalla zona confort delle lenzuola e si getta velocemente sul tasto off. Continua ancora a muoversi sopra il comodino alla ricerca del pulsante della abatjour, e trovatolo, l'esile indice ci preme sopra.
La luce calda e soffusa invade la stanza, mentre il corpo di Sonia sembra emergere dal piumone mettendo in mostra un reggiseno nero senza cuciture. Pure le gambe sbucano fuori, piegandosi e mettendo in tensione la pelle liscia e lucida.
Un veloce sguardo verso la parte sinistra del letto matrimoniale. Il cuscino appare ordinato e le pieghe delle lenzuola sono al loro posto: Ivan non divide più il letto, né la vita, con lei. Sono due mesi che si sono lasciati per prendersi la classica pausa di riflessione.
La sua è una veloce colazione e il tempo per infilarsi la divisa da infermiera altrettanto: sono le 5.30. Dieci minuti per arrivare all'ospedale e cinque minuti per timbrare il cartellino e infilarsi tra i corridoi vuoti, sino a raggiungere i reparto della sala rianimazione.


“ Ciao Sonia, dormito bene?”, chiede la prima faccia serena e sorridente che incontra: è la collega del turno precedente.
“Sì! Tranquilla, è stata una notte felice in solitaria”.
“Una telefonatina al tuo Ivan no! Ricordati che l'orgoglio a volte è bene metterlo da parte”.
“Non è l'orgoglio che dovrei mettere via, ma l'idea di vivere con un uomo senza orari”.
“Vedi te. Comunque io vado a dormire. Ah! Dimenticavo. Controlla la cartella della Fabbri perché dottor Lamento mi pare abbia cambiato la dose del ceftriaxone”.

“Va bene, buonanotte”.

Sonia, rimasta sola, comincia il turno come ogni giorno, andando a leggersi la lista medicinali.

“ Fabbri - 500 mg- fiala ceftriaxone ogni 3 ore in 500 soluzione fisio- 0,5 Bentelan fiala ogni 3 ore- eparina, enalaprin, come sempre. Balzelli- 2,5 mg lisinopril ogni sei ore- 2,5 telmisartan ogni sei ore- cortisone, fans... e poi alla Ficetti devo dare mezza dose di Dilatrend e doppio di Furosemide. Alla Benatti non gli è cambiato nulla … ma la Mazza dov'è? Non mi dire che ci ha lasciato! E sì! Vedo il letto vuoto.

Le confezioni dei medicamenti sono sul tavolo assieme ai cinque bicchieri di plastica, messi in fila ordinatamente. Le sue mani sono sicure nel maneggio. Le fiale cadono nei rispettivi contenitori con un leggero tonfo. Terminato con i vari dosaggi, mette tutto sopra il carrello. “ Iniziamo dalla Fabbri”.

Sonia saluta la donna ma che non le risponde: è in coma. I macchinari a cui è attaccata emanano luce di colorati led e fievoli bip sonori. La siringa oltrepassa la cannula della flebo; l'antibiotico e il cortisone prendono a miscelarsi nella soluzione di acqua e cloruro di sodio: la posologia è servita.

Alle 7,30 tutte le medicine sono state somministrate e passa alla fase successiva: la registrazione dei parametri vitali. Bracciale per la pressione, termometro digitale, cartella e penna in mano. “Andiamo”.

“ Fabbri- Trentotto e mezzo T°- saturazione 80- pressione 70/120- Ficetti- trentotto T° - saturazione 85- pressione 75/140- Benatti- 39 T°- saturazione 70- pressione 60- 110- Cazzo che valori bassi abbiamo signora mia! Devo segnalarlo al dottor Lamento”.

Nel mentre che Sonia lavorava, anche l'orologio del tempo si portava avanti alla fatidica ora delle 12,30. Fine del turno.

Stesso corridoio. Stesse scale. La stessa occhiata all'orologio appeso. Le solite barelle del pronto soccorso che a seconda del caso, si muovono lente o veloci. Qualche collega che smonta, come lei.

“ Ciao Sonia. Mi dispiace proprio per Ivan che si è fatto male. Come sta adesso?”
“ Cosa stai dicendo? Ivan sta male?.
“ Ma come! Non capisco. Ma non eravate insieme?”.
“Miseria, dimmi che è successo”.
“Il loro mini bus per le serate si è ribaltato vicino a Milano. L'hanno portato al San Raffaele e altro non so. Ma che fai, scappi? Per questo chiedevo a te... auguri Sonia! Fammi sapere”.

 Sonia si è già infilata dentro l'auto e parte veloce.


                                                                                                                                               ******

Le hanno detto di aspettare. Per questo si è seduta e da oltre due ore, fissa l'orologio appeso nella sala d'attesa. Sono tutti identici. Ospedale che vai stesso orologio che trovi. Stesse facce preoccupate per i visitatori. Stesse facce indifferenti tra i camici. Stessa puzza d'ospedale, ma diversa sorte per gli sventurati. Per la prima volta Sonia si trova dall'altra parte della barricata. Il tempo per lei si è fermato.

“Prego signorina, adesso può entrare”.

Ma non vi è un uomo moribondo sul lettino, ma un malconcio con tanto di piede fasciato e quattro cerotti in faccia, e per giunta sorridente. Sonia si lascia scappare un “porca puttana, Ivan, mi hai fatto prendere un accidenti!”.
“Pensavi che ero in coma come i tuoi degenti? A proposito, non è che adesso ti trasferisci qui a farmi ingoiare le medicine a forza?”.

“Deficiente di un bassista! Le mani ti dovevi rompere e non il piede”.

Due mesi sono stati lunghi senza il suo Ivan, e lei adesso si getta su di lui abbracciandolo. “Amore!”

“Mi dispiace, Sonia, per averti fatto soffrire. Ma io proprio non riesco a vivere come te. Abbiamo tempi diversi. Il tempo per noi sono due cose diverse”.

“ Solo perché sto dietro agli orari per il mio lavoro?”.
“No! Non è solo per quello! Non vuoi ammettere che vedi la tua vita come un tabellone di un aeroporto. Alle 5 parte il volo per Londra. Alle 5 e un quarto quello per Parigi. Ogni 15 minuti devi controllare i tuoi fogli. La mia vita non la puoi ritenere un insieme di ore, minuti, a cui dedicarmi
come fai ai tuoi degenti. Io non posso essere una cartella clinica dove devi annotare la dose e e per quante volte mi devi somministrare le tue medicine”.

“Stronzo. Neanche la botta che hai preso ti ha sistemato la testa. Facile parlare da uno che non ha che fare con gli orari delle persone. Che passa ore e ore a suonare. Si prepara mesi prima di un cavolo di concerto. La vita rilassata è un tuo privilegio. Io non posso mettere da parte gli orari: a me non è concesso non guardare che ora è. La vita di chi assisto quotidianamente è scandita dai minuti e ogni minuto è un frammento della loro esistenza. Una medicina in ritardo di quindici minuti può essere fatale”.
“Ed è questo il problema tra di noi! Vivere con te è come sentirsi in ospedale. Hai portato l'ospedale dentro casa. Nel nostro letto ci mancava il porta cartella clinica, dove registrare la nostra vita, per i minuti che ti permetti di concedere a noi”.

“Che palle che sei! Dovrei fare la vita che fai tu? Venire con te ai tuoi concerti e muovere le maracas per stare al passo dei tuoi tempi?”.

“Non sarebbe male come idea. Potresti provare col tamburello! Sai, faresti bella figura mentre suoniamo la nostra heavy metal”.

“Ivan finiscila. Sto per riperdere la pazienza. Allora, torni a casa si o no?”.
“Beh, a pensarci bene, come infermiera a domicilio non saresti male!”.

“Deficiente di un bassista. Ti amo!”.


                                                                                                                           ****

Sono le sei del mattino all'interno della terapia intensiva.

“ Ciao, signora Fabbri. Oggi ha 37 di temperatura, 95 di saturazione, 80/140 di pressione. Il dottore le ha dimezzato il ceftriaxone a 250 mg ogni sei ore. Sta migliorando e tra poco potremo risvegliarla dal coma farmacologico. Sarà felice di rivedere i suoi cari”.

Ma lei non le ha  risposto. Però appare felice. Forse ha sentito cosa le ha detto.

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