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Re: [MI171 Testo successivo all'editing] In cima a Babele

@Ambiendian ciao. Grazie del tuo sincero commento. Che dirti? La verità? Per me, scrivere, è la più grande sfida della vita. Ti confronti con quello che ti passa per la testa. Inoltre, io sono qui per imparare, benché scrittori si nasca.  E poi vi è il tempo canaglia, che ti costringe a iniziare un racconto e a  chiuderlo  velocemente. Il lato biblico non lo potevo mettere da parte, giacché ne sono uno studioso. Grazie ancora.

[MI171 Testo successivo all'editing] In cima a Babele

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Traccia di mezzogiorno. La scoperta della bellezza

Testo successivo all'editing di @Riccardo73 


    
Non è andata poi così male questa notte. Sento addosso ancora il tepore delle termo-coperte.
Ho pagato un extra di cinquemila dollari per avere la tenda riscaldata. Questi sherpa, con questi soldi, ci camperanno per qualche anno. A cosa servirebbero i soldi se non a toglierti qualche soddisfazione? Magari passando per un temerario scalatore come Achille Compagnoni? Non avrei resistito al gelo della notte al campo 4, a quota 7.800, l'ultima sosta prima della vetta. Mia moglie mi ha fatto una scenata prima di partire, dicendomi che ero un pazzo a voler arrivare in cima al K2:
«Morirai assiderato o cadrai in qualche crepaccio. Non puoi pensare che sia tutto facile come piazzare delle stock option a qualche stupido investitore.»
Sorrido. Michelle non conosce la differenza tra un titolo di borsa e gli incentivi aziendali. E io sono stato pronto a rincuorarla:
«Ti ho acceso una super polizza vita di cinque milioni in caso non tornassi.»
Ma lei è stata pronta a ribattere: «Ah, bene! Questa sì che è una cosa buona. Invece di portarti i fiori al cimitero, te li faccio lanciare dall’elicottero tra i ghiacci, dove sei cascato come una pera cotta, e dove mai nessuno verrà a tirarti fuori. Ma sì! Spendiamo un po’ di soldi per il mio defunto ex marito, direttore di banca, diventato come un merluzzo al banco dei surgelati.»
Che battute sarcastiche sa tirare fuori questa donna. Anche nei momenti di lite riesce a farmi ridere: per questo la amo. Però, a pensarci bene, avrei la possibilità di stare ibernato gratis per chissà quanto tempo, magari sino a quando troverebbero la procedura per scongelarmi e rimettere a posto le funzioni vitali: potrei rivivere.
Ma è un attimo: i pensieri svaniscono. Mi chiudo bene il giaccone e controllo l'attrezzatura a mano. Punghap, il capo dei miei sette sherpa, mi avvisa a gesti che dobbiamo muoverci. Abbiamo una finestra temporale di ottime condizioni meteo per poter affrontare gli ultimi 811 metri.
Li ho tutti attorno a me e io mi sento un Dio. Servito e riverito in questa avventura che di sportivo non ha nulla. Oramai è una questione di soldi scalare il K2. Di qui a poco sarò annoverato tra quelli che possono vantare un simile traguardo. Se ci è riuscita una donna, per giunta di Taiwan, perché non dovrei riuscirci io? Anche lei spese un bel po’ di soldi per questo viaggio commerciale sul K2. So bene che gli amici, al mio ritorno, non faranno che sminuire la mia impresa.
Intanto, io mi sono allenato per due anni, sopportando docce gelate, e ogni altro esercizio di sopravvivenza. In fin dei conti, credo di averlo meritato questo risultato.
Ancora pensieri che svaniscono al grido di Punghap che mette in moto la carovana. Posiziono la maschera di ossigeno e li seguo, mettendomi nel mezzo della cordata. Lascio dietro di me Sheba e Sharim. Si va! Affondo con forza i ramponi e passo dopo passo mi aiuto con la piccozza.
Per la prima volta alzo lo sguardo verso la vetta sgombra da nuvole. Il mio traguardo è lì a portata di mano. Ed ecco, con un sibilo strano, sollevarsi un leggero vento. Mi appare minaccioso e mi entra nelle ossa. Una sensazione gelida che intimorisce. Davanti a me qualcuno ride e non capisco le parole che si scambiano. Si sono pure girati verso di me e mi guardano come dire: «Ti sta venendo paura?» Stronzi! Penso io.
Punghap interviene ammonendoli. Poi guarda me alzando il pollice in su come a chiedermi se va tutto bene. Anch'io sollevo il pollice: è tutto okay. Ancora ramponate sul ghiaccio che sento più duro e resistente.sta diventando sempre più duro e resistente. Una corrente gelida sembra salire dal basso e inseguirci come una belva famelica. Sento il fiato mancarmi. Riguardo verso l’alto. La cima pare a qualche centinaio di metri. Ma comincio ad avere una strana sensazione. Cosa mi succede? Mi sento ghiacciato e sudato allo stesso tempo. Mi sta venendo pure il panico e il terrore prende a minare la mia sicurezza. Il fiato si fa ancora più corto e mi sembra che mi stia bloccando. Mi volto indietro e guardo giù, verso la discesa vorticosa e impassibile di ghiaccio: e mai l’avessi fatto. Per un attimo penso alle parole di Michelle: devo essere pazzo per davvero.
Guardo la cordata di uomini tenuti assieme a me alle stesse funi e alla stessa sorte. Nessuno si accorge del mio malessere e tirano dritti. Io vorrei urlare ma non ci riesco. Mi sento crollare e mi accascio sul ghiaccio. Le voci diventano soffuse e sono dolci le mani che cercano di sollevarmi. Punghap mi grida contro con il suo pessimo inglese. Però riesco a capire quello che mi urla:
«Cazzo, signore, adesso che sei a un passo dalla cima! Hai speso una follia per questo viaggio e rinunci come una donnicciola?» poi sento che si rivolge agli altri e mi pare che abbia detto loro di portarmi su di peso.
Credo nel frattempo di aver perso i sensi e quando riapro gli occhi mi trovo sulla cima.
Stare in mezzo all’immensità di questa solitudine e di questa bellezza mi terrorizza. Continuo a sentirmi bloccato, impietrito. Mi sento confuso, quanto insulse mi suonano le parole che sento attorno a me! L'unica cosa che percepisco è la pazzia di aver voluto sfidare Dio e innalzarmi al suo livello. Mi sento come un ladro d'appartamento che ha varcato un confine proibito. Che ha violato un domicilio sacro. Sento nell'aria aggirarsi la Sua presenza sovrumana, eccelsa, terribile, angosciante. Lo sento aleggiare attorno a me per scrutarmi. Ho la sensazione che voglia afferrarmi per scaraventarmi giù da dove sono venuto, come un ospite indesiderato. Ed è ora che mi accorgo che è solo venuto a confondermi la lingua. Farfuglio cose incomprensibili. Anche le voci degli altri che stanno attorno a me mi appaiono senza senso.
Mi pare di stare in cima alla Torre di Babele e subire il castigo divino per la mia sfrontatezza. E poi riperdo conoscenza.
                                                                                                                                        ***********
Punghap e gli altri stanno attorno a me quando nuovamente mi risveglio. Mi stanno dando dell’ossigeno mentre parlano tra loro. Con un tonfo al cuore riconosco le parole di Punghap che mi dice:
«Signore! Stai tranquillo. Non avevi ossigeno sufficiente e per questo hai avuto una crisi e sei svenuto. Adesso è tutto okay. Tirati su e mettiti a fianco della bandiera per la foto ricordo.»
Le forze non sembrano ritornare. Lo spazio sulla vetta è limitato e questo mi causa ansia, paura.
Mi sento sospeso, in bilico tra lo sprofondo e il piedistallo di ghiaccio. Ma questa volta Punghap se ne accorge e viene in mio soccorso. Mi sorregge e mi aiuta a compiere i pochi movimenti per sistemarmi bene in posa. Sheba scatta una serie di foto. Noto per caso il colore rosso della sua spessa pelle del viso, cotta dal gelo. Qualcuno mi invita a sorridere. Io non ne ho il coraggio. Vorrei solo chiedere perdono e tornare giù a valle, in silenzio.

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