Cos'abbiamo?
Martino Bellisai, laureando in Giurisprudenza di belle speranze, lancia la sua sfida al padre, Tullio, avvocato di successo ma dall'etica non proprio cristallina, reo di averlo messo in cattiva luce con Marcella, la (ex) fidanzata.
Il sacro fuoco per la giustizia s'intreccia con la vendetta mentre le vicende che resero Eleonora d'Arborea una figura di prima grandezza della sua epoca diventano esempio ed ispirazione del giovane Bellisai.
Storia e struttura.
La struttura del racconto è abbastanza lineare. Due vicende, quella di Martino e quella di Eleonora d'Arborea, che procedono appaiate, offrendo al lettore un gioco di rimandi. Un escamotage che dovrebbe rendere chiaro il debito d'ispirazione che il giovane laureando ha nei confronti dell'eroina sarda.
Il meccanismo è potenzialmente vincente, oltre che funzionale agli scopi dell'autore: con un simile esempio davanti agli occhi, Martino è pronto a tutto e, in effetti, anche noi che leggiamo ci aspettiamo fuoco e fiamme dal giovanotto. Fuoco e fiamme che puntualmente si materializzano nella lettera anonima con cui vengono denunciati i magheggi di Bellisai padre e dei suoi amici di merende.
Tuttavia, e qui mi rivolgo a te, per avere lumi @bestseller2020, ho avuto l'impressione che la lettera sia stata inviata da Martino "prima" che lo stesso, in cerca di ispirazione, trovasse i riferimenti alla Carta del Logu e ad Eleonora d'Arborea.
La denuncia, viene citata per la prima volta al capitolo quattro e, in quell'occasione, si parla della "... lettera anonima che è arrivata l'altro giorno all'Ordine...", lasciando intendere che il suo arrivo risale ad almeno un paio di giorni prima. Ora, i capitoli 1-3 sono (perlomeno, mi sembrano) in stretta successione l'uno con l'altro, forse addirittura raccontano eventi della stessa serata (Martino, tornato a casa dall'Università, cerca spunti per la tesi, comincia a leggere le vicende di Eleonora e in quel mentre arriva il padre che esprime i suoi dubbi sull'argomento scelto dal figlio (ne ha parlato con Della Monaca).
Ora, perché sto dando tanta importanza alla "datazione" della lettera? Perché, a ben vedere, il vero momento di sfida, di ribellione al sistema, consiste proprio in quella denuncia anonima; assai più che non con l'eventuale tesi di laurea. La tesi, pur trattando di argomenti elevati (Giustizia, Equità, rapporto tra Autorità e Legge), si limita ad essere un elaborato "teorico"; può essere inteso dal padre come un messaggio sottotraccia del figlio, ma "non fa male" a nessuno e nulla cambia dello status quo.
Ne consegue che per dare più forza alla supposta ispirazione offerta dalle vicende della giudicessa sarda, la lettera "deve" essere posteriore alla riscoperta di quelle stesse vicende. E se già adesso è così, la circostanza deve essere resa maggiormente esplicita nel testo.
Narrazione e scrittura.
La qualità della scrittura oscilla considerevolmente. Mentre alcune scene sono molto belle (Eleonora sulla tolda della nave col mare in burrasca, ad esempio) o valide (il dialogo tra Tullio Bellisai e il collega Paolo, nel quinto capitolo), altre hanno meno mordente (tutta la prima parte del colloquio col professore, sempre per esempio). Certi tratti appaiono un po' pesanti, complici anche dialoghi che potrebbero essere resi in maniera più accattivante.
In generale, comunque, la parte "storica" mi sembra scritta meglio di quella ambientata nell'oggi.
Caratterizzazione dei personaggi.
Sono tre: Martino, Eleonora e Tullio Bellisai. Secondo me sono tutti ben fatti.
Martino cova vendetta ma, sotto sotto, non sa come andrà a finire e magari è anche un po' timoroso. I tormenti dell'amore, inoltre, rendono più credibile la sua iniziativa (anche se, diciamolo, le tolgono un po' di nobiltà facendola apparire alquanto... "interessata").
Eleonora funge da esempio e da bussola morale: pensa, parla e agisce in maniera coerente con la statura del suo personaggio; non ce l'aspetteremmo diversa.
Papà Bellisai a me non è dispiaciuto. È un figlio di buona donna che ha messo su un'associazione a delinquere e che, in famiglia, indulge con quel paternalismo buonista che i "papà affermati" (e non solo quelli, a dire il vero) rivolgono alla loro prole che deve essere sempre giustificata e sempre deve svangarla.
Concludendo.
Intanto, ti sono debitore per avermi fatto conoscere Eleonora d'Arborea. Per il resto, una prova con luci ed ombre ma complessivamente apprezzabile. Peccato per una scrittura non sempre impeccabile: sono certo che se ti fossi preso più tempo per l'editing, la forma del racconto ne avrebbe giovato.
Martino Bellisai, laureando in Giurisprudenza di belle speranze, lancia la sua sfida al padre, Tullio, avvocato di successo ma dall'etica non proprio cristallina, reo di averlo messo in cattiva luce con Marcella, la (ex) fidanzata.
Il sacro fuoco per la giustizia s'intreccia con la vendetta mentre le vicende che resero Eleonora d'Arborea una figura di prima grandezza della sua epoca diventano esempio ed ispirazione del giovane Bellisai.
Storia e struttura.
La struttura del racconto è abbastanza lineare. Due vicende, quella di Martino e quella di Eleonora d'Arborea, che procedono appaiate, offrendo al lettore un gioco di rimandi. Un escamotage che dovrebbe rendere chiaro il debito d'ispirazione che il giovane laureando ha nei confronti dell'eroina sarda.
Il meccanismo è potenzialmente vincente, oltre che funzionale agli scopi dell'autore: con un simile esempio davanti agli occhi, Martino è pronto a tutto e, in effetti, anche noi che leggiamo ci aspettiamo fuoco e fiamme dal giovanotto. Fuoco e fiamme che puntualmente si materializzano nella lettera anonima con cui vengono denunciati i magheggi di Bellisai padre e dei suoi amici di merende.
Tuttavia, e qui mi rivolgo a te, per avere lumi @bestseller2020, ho avuto l'impressione che la lettera sia stata inviata da Martino "prima" che lo stesso, in cerca di ispirazione, trovasse i riferimenti alla Carta del Logu e ad Eleonora d'Arborea.
La denuncia, viene citata per la prima volta al capitolo quattro e, in quell'occasione, si parla della "... lettera anonima che è arrivata l'altro giorno all'Ordine...", lasciando intendere che il suo arrivo risale ad almeno un paio di giorni prima. Ora, i capitoli 1-3 sono (perlomeno, mi sembrano) in stretta successione l'uno con l'altro, forse addirittura raccontano eventi della stessa serata (Martino, tornato a casa dall'Università, cerca spunti per la tesi, comincia a leggere le vicende di Eleonora e in quel mentre arriva il padre che esprime i suoi dubbi sull'argomento scelto dal figlio (ne ha parlato con Della Monaca).
Ora, perché sto dando tanta importanza alla "datazione" della lettera? Perché, a ben vedere, il vero momento di sfida, di ribellione al sistema, consiste proprio in quella denuncia anonima; assai più che non con l'eventuale tesi di laurea. La tesi, pur trattando di argomenti elevati (Giustizia, Equità, rapporto tra Autorità e Legge), si limita ad essere un elaborato "teorico"; può essere inteso dal padre come un messaggio sottotraccia del figlio, ma "non fa male" a nessuno e nulla cambia dello status quo.
Ne consegue che per dare più forza alla supposta ispirazione offerta dalle vicende della giudicessa sarda, la lettera "deve" essere posteriore alla riscoperta di quelle stesse vicende. E se già adesso è così, la circostanza deve essere resa maggiormente esplicita nel testo.
Narrazione e scrittura.
La qualità della scrittura oscilla considerevolmente. Mentre alcune scene sono molto belle (Eleonora sulla tolda della nave col mare in burrasca, ad esempio) o valide (il dialogo tra Tullio Bellisai e il collega Paolo, nel quinto capitolo), altre hanno meno mordente (tutta la prima parte del colloquio col professore, sempre per esempio). Certi tratti appaiono un po' pesanti, complici anche dialoghi che potrebbero essere resi in maniera più accattivante.
In generale, comunque, la parte "storica" mi sembra scritta meglio di quella ambientata nell'oggi.
Caratterizzazione dei personaggi.
Sono tre: Martino, Eleonora e Tullio Bellisai. Secondo me sono tutti ben fatti.
Martino cova vendetta ma, sotto sotto, non sa come andrà a finire e magari è anche un po' timoroso. I tormenti dell'amore, inoltre, rendono più credibile la sua iniziativa (anche se, diciamolo, le tolgono un po' di nobiltà facendola apparire alquanto... "interessata").
Eleonora funge da esempio e da bussola morale: pensa, parla e agisce in maniera coerente con la statura del suo personaggio; non ce l'aspetteremmo diversa.
Papà Bellisai a me non è dispiaciuto. È un figlio di buona donna che ha messo su un'associazione a delinquere e che, in famiglia, indulge con quel paternalismo buonista che i "papà affermati" (e non solo quelli, a dire il vero) rivolgono alla loro prole che deve essere sempre giustificata e sempre deve svangarla.
Concludendo.
Intanto, ti sono debitore per avermi fatto conoscere Eleonora d'Arborea. Per il resto, una prova con luci ed ombre ma complessivamente apprezzabile. Peccato per una scrittura non sempre impeccabile: sono certo che se ti fossi preso più tempo per l'editing, la forma del racconto ne avrebbe giovato.