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Re: A volte (sequel 2)

@Nightafter  sei sempre troppo buono con me e ti ringrazio per l'apprezzamento. Ogni commento, anche quello di altri autori nei pezzi precedenti, mi ha portato a proseguire il racconto, e questa volta sei tu a lanciarmi la "sfida". Sì, per me diventa una sfida con me stessa. Elaborare un testo dopo un suggerimento è più stimolante e complesso che scrivere sotto ispirazione (anche se poi è sempre l'ispirazione a definire i dettagli). Il cliffhanger non era premeditato, ma tant'è! Anche @RicMan  ha avvertito la necessità di conoscere gli sviluppi di questa storia, e allora... 
Non mi resta che scrivere.
Di questo passo, mi ritroverò a scrivere una fiction a tutti gli effetti. 


Grazie infinite amico mio, per il tempo dedicatomi e per il suggerimento già recepito. Rinnovo gli auguri per l'anno appena iniziato, che sia epifanico sotto tutti i punti di vista. :rosa:

Re: A volte (sequel 2)

RicMan ha scritto: Non suona realistica, come frase. Immaginala pronunciata in un film
Concordo, e non solo su questo punto.

Sei stato di grandissimo aiuto. È sempre difficile scoprire le magagne nei propri testi, per questo il confronto è indispensabile. Ti ringrazio per l'attenzione e per aver letto tutti e tre i pezzi. 

Re: A volte (sequel 2)

Posto questo secondo sequel sulla scia dei suggerimenti di chi sosteneva che non c'era la minima apertura del personaggio narrante verso la nuova condizione del padre. La chiusura totale, e soprattutto giudicante, verso la donna. Non so se trattandosi di un "terzo flash" (non oso chiamarlo capitolo) debba essere inserito in altra categoria, anche se altri capitoli non sono in programma. 

Se lo ritenete opportuno, spostatelo. Decidete voi.  

A volte (sequel 2)

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Sono già trascorsi sei mesi da quando ho incontrato mio padre senza essere riuscita a riportarlo a casa. Cosa speravo? Non era una valigia che potevo tirarmi dietro, al ritorno da una vacanza.
Non ci siamo più sentiti.
Da allora mia madre ha preso a occuparsi totalmente di me, ma non ancora di se stessa.
“Se stai bene tu sto bene anch’io”, dice.
Intanto, lei non sta bene, è silenziosa, non serena, è attiva in casa, però, non crea le sue giornate, le ripete analoghe l’una all’altra. Identiche pause, identici mestieri. I piatti, i pavimenti, i vetri che brillano, i miei abiti sempre puliti e in ordine.
Non sa che sono guarita, se guarire – in questi casi – è tirarsi su e camminare sulle gambe irrigidite da odio, rancore e cattivi propositi.

Ricevere la sua telefonata mi prosciuga l'aria dai polmoni.
Sono le dieci del mattino, e stanotte ho sognato mio padre, gli stavo a cavalluccio sulle gambe come da bambina. Ridevamo, mi diceva “non sei troppo grande per starmi sulle gambe?” Gli rispondevo: “Non sarò mai troppo grande per giocare con te”.
Ivana si presenta e poi rimane zitta, aspetta la mia reazione. Le alternative sono solo due: o le blocco la chiamata oppure la riempio di improperi. Non faccio nessuna delle due cose, sto semplicemente zitta anch’io.
Rivedo il nostro incontro, lei intenta a pensare alla sua attività ma ichiodata tra me e mio padre, privandoci della possibilità di un confronto a quattr’occhi.
Mi ricade addosso il dolore sbalordito per la scoperta, lui e la sua nuova famiglia. Mi manca il respiro così come allora.
Se mia madre fosse stata in casa avrei già interrotto la comunicazione, ma è andata a fare la spesa; allora, prendo il telecomando della tv già accesa, che manda in onda le sue solite disgrazie. Le stesse di sempre.
“Il crollo della borsa ha creato nuovi poveri” – dice il giornalista – e il crollo della morale? Mi chiedo. Omicidi, suicidi, femminicidi, furti, truffe… Azzero l’audio.
Anch’io ho perso tutto, qualcuno ha giocato con i nostri sentimenti e si è portato via la casa dove abitavo felice e al sicuro. Oh, le pareti sono rimaste, i mobili anche, ma la casa vera non c’è più. Mancano i piedi di mio padre sul tavolino del salotto dove commentavamo le nostre giornate e i problemi degli altri.
Da quando se n’è andato non trovo giustificazioni né motivo per parlarne e sfogarmi, per ricevere sostegno o compassione, un aiuto qualsiasi.
Ho preso a beffeggiare le coppiette che si baciano sulle panchine del parco o davanti ai cancelli della scuola; a quell’età il parco è il paradiso terreste, mentre la scuola promette un futuro da romanzo rosa.
Ovunque è sempre l’illusione a fregarti.
Bella età l’adolescenza, puoi anche fare cazzate e tutti ti perdonano, da adulti no.

Ivana ha atteso la mia reazione, il mio silenzio le suggerisce che sono disposta ad ascoltarla, non è così, ma ognuno di noi crede ciò che vuole credere.
Ha una voce calda e oserei dire materna. Non avevo alcun ricordo della sua voce. Almeno, non era questo il tono.
«Ti ho chiamato perché sento il bisogno di scusarmi con te.»
Scusarsi? È scema? Nemmeno se mi supplicasse in ginocchio la perdonerei. Né lei né mio padre.
«Non intendo scusarmi per ciò che successo con tuo padre.»
Ah, ecco, mi dico. E allora per cosa?
«Il nostro incontro non è andato come speravamo per nessuno di noi due. E potrei dire di noi tre.»
E lo credo bene. Non riesco ancora a dire nulla, però, non voglio sbatterle il telefono in faccia, le dirò tutto alla fine di questa pantomima.
«Ci tenevo a conoscerti. Non potevo immaginare che fossi allo scuro di tutto. Pensavo non sapessi solo del bambino. Ho letto nei tuoi occhi ogni sentimento che li ha attraversati, mentre io ero impelagata in una di quelle giornate che ti fa rimpiangere di non avere tempo per le cose importanti.»
“Importanti” almeno questa l’ha azzeccata. E allora perché non ha staccato quel maledetto telefono? Non che sarebbe cambiato qualcosa, però avrei avuto davanti una persona, avrei potuto guardarla in faccia.
«Vorrei poterti incontrare per parlare, spiegarti.»
Non c’è nulla da spiegare e poi, perché mai è lei a chiamare? Mio padre se lo è già divorato in una notte di sesso?
Il sesso, l’ultimo dio che ci è rimasto.
«La storia tre me e tuo padre non credere sia solo passione, sono giovane e avvenente, lo so, ma non è questo che ci ha uniti.»
Da come l’ho vista è difficile crederle.
«Non voglio parlare di quello che è nato tra me e lui.»
Nato è nato, mi dico. Un bambino che ha segnato il confine del non ritorno.
«Vorrei che tu sapessi che non hai perso tuo padre, dipende però da te. Ok, per tua madre è diverso, ma il tuo rapporto con lui non è cambiato nella sostanza.»
Dipende da me? Cosa dovrei fare? Non sa che la sostanza è del tutto svanita? E non venga a parlarmi di rapporti civili.
«Non sto parlando di rapporti civili, quelli si mantengono con il vicino di casa, ti sto parlando di affetti che contano, che non passano in secondo piano se ci si innamora di un’altra persona.»
Penso a mia madre, lei non rientra nell’affetto eterno nel suo monologo?
«Quello che si è spezzato tra lui e tua madre non posso saperlo, ma ti assicuro che era già accaduto prima che incontrasse me.»
Impossibile, bugiarda, io li vedevo e andavano d’amore d’accordo.
«Potresti affermare con certezza che loro si amavano, che in casa regnava l’armonia. Ti assicuro che non era vero. Se così fosse stato, tra me e lui non sarebbe scattato un bel niente. A tuo padre manchi molto, come è giusto che sia.»
Poteva pensarci prima.
«E non è questione di pensarci prima, è solo che non si può vivere di ultimatum, non è giusto.»
Ivana risponde a ogni mio pensiero. Mi stupisce e stordisce, potremmo dire che c’è della sintonia tra noi. Oppure è una tattica per arrivare a un compromesso?
«Non mi piace nemmeno la parola compromesso – continua –. Non parliamo di un accordo tra soci che hanno vedute diverse. Torno a ripeterlo, si tratta di sentimenti in grado di migliorare la qualità delle nostre vite.»
«Sei troppo bella per non averlo sedotto volontariamente» riesco finalmente a dire.
«Non sono la donna che hai incontrato quel giorno. Mio padre era parrucchiere e mia madre estetista, ho ereditato un salone che in città è un’istituzione da mezzo secolo, quella che hai visto è la mia tenuta da lavoro, non sono io.»
Risulta maledettamente sincera. Non posso, però, cedere alla sua voce ammaliatrice, anche se ho voglia di riavere mio padre. Mi manca troppo, e parteggiare per mia madre non mi ha fatto sentire meglio. Ma non posso tradirla anch’io, non me lo perdonerei.
«Riallacciare i rapporti con tuo padre gioverebbe anche a tua madre, credimi.»
Mia madre, cosa ne sa Ivana di mia madre? Cerca ogni giorno di compensare la mancanza di mio padre con tutto l’amore di cui è capace, ma… è pure vero che può offrirmi solo la sua metà.
Chiudo gli occhi, e quell’altra metà so dove risiede, da chi potrei attingerla.
Le mie gambe perdono rigidità, e i cattivi propositi che mi hanno tenuto in piedi allentano la morsa. Ho una voglia incredibile di lacrime a abbracci. Era bravo mio padre con gli abbracci.
Mi toccherà spiegare a mia madre anche questo, potrà capirmi?
«Ok, Ivana, dove ci vediamo?»

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