La ricerca ha trovato 4 risultati

Torna a “[Lab2] La Trahison des images”

Re: [Lab2] La Trahison des images

@Nightafter @ivalibri @Rob grazie mille del passaggio e delle vostre opinioni  :love:
Nightafter ha scritto: L'opera, realizzata quando l'artista aveva trent'anni, raffigura inequivocabilmente l'immagine di una pipa dipinta su uno sfondo monocromo, seguita da una didascalia in un corsivo manierato che afferma: «Ceci n'est pas une pipe» («Questa non è una pipa»).

L'intento di Magritte è quello di sottolineare la differenza tra l'oggetto reale e la sua rappresentazione, rinnegando la pittura classica, secondo cui vi era un legame indissolubile tra l'immagine e la realtà.
Infatti, La Trahison des images non è di fatto quell'oggetto reale che chiamiamo «pipa», bensì una sua raffigurazione pittorica; l'equivoco è dovuto alla convenzione che lega a ogni oggetto un nome (secondo Magritte tutto il quadro, immagine e didascalia, non sono nell'ordine delle cose, bensì della rappresentazione).
In effetti, malgrado alla domanda «che cos'è?» si risponda «una pipa», l'oggetto reale e la sua raffigurazione hanno proprietà e funzioni spiccatamente differenti.
Questa dicotomia è stata sottolineata dallo stesso Magritte, che ha avuto modo di affermare: «Chi oserebbe pretendere che l'immagine di una pipa è una pipa? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa»

Ora essendo io da oltre trent’anni un indefesso fumatore di pipa, non posso che concordare pienamente con il concetto filosofico espresso dal grande artista.
Beccato, hai colto in pieno il perché del titolo  :D <3 Quello che Magritte ha detto con la sua opera ho voluto reinterpretarlo a modo mio in questo racconto. Noi non siamo la nostra immagine, non siamo il nostro riflesso, non siamo la nostra rappresentazione. Il linguaggio incasella la realtà in schemi, ma è inevitabile ci sia sempre un certo grado di semplificazione. Il linguaggio è un modello della realtà.
ivalibri ha scritto: Da un lato questa ambiguità va bene, perché invoglia alla lettura e crea tensione (oltre a creare molte bellissime e tremende immagini che impreziosiscono il testo!), dall'altra il rischio è quello di lasciare insoddisfatto il lettore. Siccome anch'io quando scrivo faccio un po' la stessa cosa, una volta mi è stato detto che il lettore ha il diritto di sapere... Chiaramente non è necessario spiegare tutto, ma forse almeno il nodo principale si. Un racconto davvero riuscito forse è quello in cui si brancola nel buio fino a una fine che fa ricomporre i pezzi.
Grazie mille! Sono d'accordissimo con la tua opinione; nella pratica faccio molta fatica a trovare un equilibrio. Il lettore ha diritto di sapere, ma non voglio neanche dire più del necessario o ripetere in modo palese i concetti, sarebbe un insulto all'intelligenza del lettore. Sto cercando un equilibrio tra le due cose. Alla fine, anche secondo me è essenziale che tutto ciò che è necessario per comprendere un'opera sia all'interno dell'opera stessa, e se in questo caso non è così è una mia mancanza, perché nelle mie intenzioni doveva essere tutto chiaro, e se non sono riuscito a seguire le mie intenzioni vuol dire che qualcosa è andato storto.
Poi dipende, diversi lettori danno importanza a diverse cose. Io adoro brancolare nel buio, e la mia serie tv preferita è Lost, anche se alla fine le risposte non arrivano. Ma capisco il perché infastidisca  :asd:
ivalibri ha scritto: Altrimenti il tuo racconto rischia di essere una sorta di riscrittura di una distopia sulla cecità, ma su quel tema c'è già il bellissimo romanzo di Saramago, Cecità, appunto (il titolo originale in realtà è Saggio sulla cecità). Se non l'hai letto, te lo consiglio.
Non ho mai avuto occasione di leggerlo; grazie del consiglio, lo farò  :arrossire:
Rob ha scritto: Il modo di esprimersi sembra quello di un adolescente, ma nella prima parte sembrava una bambina.
[font="Open Sans", "Segoe UI", Tahoma, sans-serif]Nelle mie intenzioni la protagonista era una preadolescente; è[/font] un po' un mio punto debole, quando devo immedesimarmi in altri personaggi uno dei passaggi che trovo più difficile è la barriera dell'età. Tu che consigli? Come fare per ragionare con la testa di una persona di un'altra età?

Grazie ancora!

Re: [Lab2] La Trahison des images

Grazie mille del passaggio  :D
Poeta Zaza ha scritto: Perché non mettere il titolo in italiano: Il Tradimento delle immagini?
È il titolo di una famosa opera di René Magritte  :)
@Monica ha scritto: È come trovarsi in mezzo all’oceano senza punti di riferimento. Un futuro oscuro?  Un sogno? Un videogame? Oppure sono vampiri?
C'è stata un'apocalisse in cui guardare il proprio riflesso significava morire. Un sacco di gente è morta, la protagonista è sopravvissuta assieme al padre e vanno avanti usando una serie di precauzioni per evitare il proprio riflesso.
@Monica ha scritto: Qui sono inciampata. Cosa è di vitale importanza?  Che lei esegua l’autoritratto comunque, anche senza colorarlo?
Qui mi riferivo al sapere i colori dei propri occhi
@Monica ha scritto: Anche qui sono tornata indietro a rileggere. Se i mosconi hanno migliaia di occhi perché non dovrebbe guardarli?  Che possono farle gli occhi dei mosconi?
Possono riflettere la propria immagine, come specchi
@Monica ha scritto: Utilizzi spesso il verbo guardare (pensa che all’inizio credevo che la bambina fosse cieca) ma se c’è buio come fa a vederla arcobaleno?
C'è semibuio, perché alle finestre sono appese delle coperte, ma si riesce ancora a vedere abbastanza bene
@Monica ha scritto: Altro passaggio che mi ha fatto impazzire. Lei esce da sola e indossa la maschera che (se ho interpretato bene) dovrebbe proteggerla dai riflessi di luce. Ma allora come lo guarda il cielo?
Non l'ho esplicitato per non rendere ridondante il passaggio, ma la frase "Mi fermo un attimo a guardare il cielo" implica che nel farlo si sollevi momentaneamente la maschera, perché "Se guardo in alto è sicuro, non c’è nessun riflesso", e infatti poi quando riprende a camminare specifico "Mi rimetto la maschera e mi incammino"
@Monica ha scritto: Lei non è cieca… Chi è cieco, allora?
Mina ha scritto: Mi rimetto la maschera e mi incammino. Non è difficile, l’ho già fatto prima con papà. Il bastone picchietta per terra. Tic, tic, tic. È come faceva quel signore col cane, prima di tutto questo. Lo vedevo mentre andavo a scuola. Chissà come sta. Certo, con quello che è successo, la sua è una bella fortuna, ma mi dà fastidio il fatto che non potrà mai vedere i miei quadri.
Il signore col bastone e il cane guida che vedeva quando andava a scuola, prima dell'apocalisse
@Monica ha scritto: Nella parte finale mi sono completamente persa anche se la chiusa è d’effetto.
La ragazzina trova uno specchio e si suicida guardando il proprio riflesso
Non credevo fosse così ermetico, sicuramente è una mancanza mia nell'aver valutato male quanto dire e quanto dare per scontato  :facepalm:
Almissima ha scritto: quante persone sono sopravvissute alla prima mattina, alla prima passeggiata in centro? Quanti sono rusciti a soffocare l'abitudine di darsi un'occhiata nelle vetrine? Ma soprattutto vedendo tutti questi morti, chi sarebbe stato in grado di stabilire il nesso causa-effetto?
Quasi nessuno è sopravvissuto, proprio perché il nesso causa-effetto è tutt'altro che immediato; l'umanità è stata praticamente decimata
aladicorvo ha scritto: e in brani come questo mi hai ricordato la delicatezza feroce dei Freaks di Tod Browning (è un film del 1932, se lo trovi non te lo perdere!)
Lo voglio vedere da un po'; grazie!
Alberto Tosciri ha scritto: Cavarsi gli occhi per la disperazione è eccessivo, basterebbe abbandonare i luoghi abitati, ma a un certo punto, anche per bere, bisognerà chinarsi su uno specchio d’acqua. A meno che non lo si faccia a occhi bendati. Ipotesi da non sottovalutare, eventualmente.
Non ho voluto approfondire, ma il cavarsi gli occhi è anche una sorta di simbolo, di rito di passaggio a uno nuovo stile di vita. La protagonista e suo padre invece sono tra quelli che cercano modi più convenzionali per sopravvivere (gli occhi bendati, appunto)
Alberto Tosciri ha scritto: Dispiace che alla fine la ragazza veda la sua immagine, gioisca per ricordare il colore dei suoi occhi, che voleva dipingere, e debba morire. Forse avrebbe potuto adattarsi a quella vita.
Forse sì, e tutto sommato non ne condivido la scelta; c'è anche da dire però che ragionava a stento, vittima dei morsi della sete
Alba359 ha scritto: Questa frase, non sembra della stessa bambina. Cambia, anche se di poco, il registro.
Hai ragione, in quel passaggio infatti la voce dello scrittore (io) ha prevalso sulla voce narrante della protagonista  :facepalm: devo stare più attento
Grazie ancora a tutti!  <3

Torna a “[Lab2] La Trahison des images”