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Re: [H23] Il magazzino

Mmmh… Ti chiamerò Incompiuto, dato che ti figuro quale infinitesima parte di un tutto inesistente.

Come molti tuoi tristi compari di contest, hai avuto una buona idea, ma sei riuscito a sciuparla in modo terribile. Hai disseminato il testo di imprecisioni e approssimazioni che rendono certi passaggi addirittura comici. E il fatto che lo siano involontariamente non ti solleva dalla colpa di aver bistrattato il tuo lavoro.

Perché non vi rileggete, dannati imbrattacarte? Rileggetevi ad alta voce, maledizione! Ascoltate la vostra voce mentre interpreta il vostro racconto. Più facilmente v’accorgerete d'imprecisioni, refusi e incongruenze. Non fingete soltanto di leggere, ripassando bensì mentalmente a memoria il vostro testo. 
Avete paura d’esser presi per matti? Allora ho ragione di pensare che con il mio appellarvi “imbrattacarte” v’abbia fatto montar la testa, che vi crediate molto meno che tali e temiate di dover giustificare la lettura ad alta voce con chi vi è intorno.
(E non provare a dirmi che ti sei riletto eccome, e, quindi, questo sistema che intima lo Stregone è una stupidaggine. Perché non potrei far altro che dedurre che non sai leggere!)

Orbene, questa delle imprecisioni è solamente la parte veniale, che una buona riscrittura può risolvere, mio Incompiuto, dannazione a te!

Lo Stregone ama i racconti brevi, adora il non detto. Sa distinguere gli atti di violenza alla consecutio dai tentativi dell’autorucolo di turno, non sempre portati a compimento in modo brillante, ma pur sempre apprezzabili, di trasportare con sé il lettore a spasso nel tempo della storia, con il sapiente uso dei tempi verbali.
Ma fin qui:
Sineddoche ha scritto: L'accenno al convento femminile anziché maschile avrebbe dovuto fare capire (sempre secondo me), unitamente al richiamo alle "sorelle" fatto dalla vecchia, che lei stessa era una suora all' interno del convento. Fra' Galizio una sua invenzione, utile ad attrarre Dalcò verso di sé e, infine, giù dalla stessa finestra di Daniele.
non ci era arrivato…

Veniamo, quindi, all’inspiegabile della storia. Non all’inspiegabile in quanto mistero volutamente introdotto nella trama, quanto all’inspiegabile narrativamente: perché complicare il tutto con un convento di suore che necessiti d’incolpare un fantomatico monaco? Perché forzare così malamente la necessità d’un monaco, quando la mia carta te l’imponeva, addirittura?

La bambina poteva benissimo essere una giovane visitatrice del convento (di monaci); i motivi di tali visite potevano anche non essere leciti (ma questo non c’è bisogno di forzarlo nell’immaginazione del lettore, facendoglielo, piuttosto, abilmente dubitare) e rendere pure plausibile la maledizione eterna del priore (ché mai s'è dato di trovare un maledetto che dalla sua non abbia anche una piccola parte di ragione – l’abbattimento del convento – senza l’essersi già meritato la maledizione).

Che la bambina sia realmente esistita, e che la sua anima incolpevole sia stata attratta e poi corrotta proprio lì nel convento, non impedisce che la vecchia dagli occhi d’un verde sbiadito possa essere l’odierno corvo, imprigionato in eterno nella complicità di Fra’ Galizio.

Ci sei andato vicinissimo, o mio Incompiuto, ma non sei riuscito a soddisfare pienamente i gusti dello Stregone.
Al contempo, onore e sommo disonore a te, per questo.

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