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Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Ciao @bestseller2020

Ah bene! Mi fa piacere che sai che Eleonora d'Arborea era nata in Spagna, molti sardi pensano che sia sarda dalla nascita, anche se poi  visse sempre in Sardegna e si comportò ancora meglio di chi era sardo di nascita, ma inutile e anche dannoso come apporto alla causa sarda. Poi Eleonora, tu lo sai certo meglio di me, non scrisse propriamente la Carta de Logu ma aggiornò la stesura scritta dal padre, Mariano IV. Peccato che la Carta de Logu non sia conosciuta e non sia studiata oggi, completamente ignorata per far spazio alla storia dei Comuni del Medioevo italiano... e peccato che non si dica che ai tempi di Eleonora e della sua legge non esisteva il feudalesimo in Sardegna, ma un altro tipo di società... completamente misconosciuto e ignorato... (sarebbe interessante parlarne, ma interesserebbe a pochi o nessuno ormai...)
Quello che è certo è che se la Carta de Logu fosse applicata oggi, aggiornata, molte ingiustizie sparirebbero, non tanto per le pene corporali, rare, ma per il principio. Riassunta semplice: se avveniva un sequestro di persona, un omicidio, un furto in una località, venivano multate le autorità e le guardie di quella località, per non essere state capaci di prevenire il reato.
In caso di sequestro di persona per ricatto inoltre, tutta la comunità ne subiva le conseguenze, imponendogli per legge di abbassare i prezzi dei suoi prodotti: latticini, formaggi, carne, vino, prodotti della terra e dell'artigianato... tutta la sua economia locale e l'abbassamento dei prezzi durava finché non si risolveva il reato. Viene naturale pensare che i primi guardiani e i primi interessati affinchè non avvenissero certi reati erano proprio i popolani che al primo sentore di qualche idiota locale che voleva delinquere per arricchirsi in fretta lo avrebbero bloccato, perché avrebbe danneggiato tutti.
Molto interessante anche la pena per chi veniva sorpreso ad appiccare incendi: non veniva compreso o messo agli arresti domiciliari ma afferrato e scaraventato tra le fiamme che lui stesso aveva appiccato. Beh... non c'erano tutti i diritti e le scappatoie di oggi. In effetti andavano per le spiccie.

Ok.. scusa la digressione, mi capita...

In quanto al racconto... la principessa di Navarra è esistita veramente e dalle mie parti è ancora molto sentita, specie dagli anziani. Non sembrano passati più di mille anni da quando sbarcò da noi, ma pochi anni. Veniva in Sardegna per sposarsi con un Giudice di un Giudicato della costa occidentale della Sardegna, ma sbarcò sulla costa orientale facendo un lungo giro per evitare i pirati nord africani, fu bene accolta e si fermò per un certo tempo, costruendo la chiesetta tuttora esistente, per quanto parzialmente rovinata da  restauri non proprio rispettosi. La principessa Navarrese compare anche, oltre che nel nome della località anche in una preghiera sarda cantata in zona per la festa dell'Assunta, che ho messo, anche se incompleta, nel racconto  E gli uomini

La chiusura surreale... si capisco. Ma sai, sono cresciuto con storie del genere sentite dai vecchi, che per loro e per me possono davvero essere accadute... c'era un'altra aria... Mia bisnonna, morta quasi centenaria negli anni Sessanta, raccontava di aver conosciuto da piccola altri centenari nati alla fine del Settecento e ricordava i loro nomi e le loro storie, che io ho sentito... 
Fino agli anni Cinquanta e primi Sessanta del secolo scorso c'era ancora un'atmosfera a misura d'uomo e di magia, prima che la follia odierna diventasse imperante purtroppo anche dalle mie parti, prendendo il peggio della cosiddetta modernità. Amo rifugiarmi in quelle storie antiche che, lo riconosco, possono essere episodi trasformati in leggenda. Sono l'unica cosa che mi è rimasta di un periodo che forse idealizzo troppo, non era tutto rose e fiori, ma lo preferisco ai tempi odierni.

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Ti ringrazio @Bob66  per aver commentato e apprezzato questo piccolo racconto che certo è perfezionabile; me ne accorgo quando poi rileggo a distanza di tempo, ma penso che sia una cosa comune a tutti, non si è mai soddisfatti di quello che si scrive.
Io molto spesso scrivo di tradizioni e  vecchie usanze delle mie parti, come anche di luoghi che conosco molto bene fin da bambino anche se poi da grande me ne sono dovuto andare. Li uso come paradigma universale, riesco a entrare meglio nei particolari, nei dettagli di quello che voglio mostrare. Naturalmente talvolta mischio realtà e finzione o storie leggendarie.
Ma quel pozzo esiste veramente. Un tempo  lontano ci andava tanta gente a prendere l'acqua poi è stato inglobato nella terra dei nonni e ora, purtroppo cadente, è ancora nel giardino davanti a casa mia.
Esiste anche il grande e pesante recipiente per abbeverare i buoi, scolpito nella pietra lavica, l'ho spostato in mezzo al prato. Quello piccolo per abbeverare le capre lo rubarono tanti anni fa per usarlo come vaso di fiori.

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Ciao @Mina 
grazie per il commento e naturalmente condivido le tue correzioni.
Mina ha scritto: riferimento al colore nero dei vestiti della donna, magari tramite le parole di Manuel (che penserà che camminare sotto al sole vestiti di nero faccia venire ancora più voglia d'acqua, no?),
In quella tradizione l'abito nero era di prammatica, a prescindere da un eventuale lutto. Uomini e donne vestivano se non proprio completamente nero comunque di scuro. Notoriamente il nero attira il calore... 
Mina ha scritto: contribuendo ancora di più all'idea della donna come la Morte / s'accabadora.
s' Accabadora non era la Morte ma una donna, con la capacità e la volontà di farlo, di accompagnare chi stava per morire verso la Morte, purché fosse la stessa persona a chiederlo o in caso non potesse farlo, giunto/a alla fine fossero i suoi parenti più stretti a chiederlo. Nelle zone più interne delle mie parti si sono conosciute donne che facevano questo, che erano chiamate per fare questo, fino agli inizi del secolo scorso.
Per quanto non mi piaccia usare il termine eutanasia, frutto della follia dei nostri tempi fra una pubblicità e l'altra,  fra un vuoto mentale e un altro,  in pratica questo facevano.

Chi può dire come ragiona la Morte?  Mi è piaciuto permettermi con rispetto pensare che possa anche fermarsi, momentaneamente. In effetti talvolta lo ha fatto nella vita degli uomini e i motivi non è dato conoscerli ma arguirli, se si crede che tutto sia sotto l'occulto potere di Dio.

Giusta anche la tua osservazione sulla lunghezza della parte iniziale, nel mio intento volevo porre una sorte di rappresentazione di un mondo che è stato e che ora non ha più ragione di essere, da parecchio tempo. Mi sono lasciato andare la mano.
Il malessere fisico di Manuel, precedente magari all'incontro con la Morte, è una buona idea di cui terrò conto per una revisione del racconto.

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Ti ringrazio tanto @Canis, che belle parole per il mio racconto  :)
Canis ha scritto: Dalle descrizioni traspare l'amore per i luoghi di cui racconti: ancora prima di leggere le tue risposte, ho pensato che non fossero posti inventati, ma a te cari. 
Sì, quasi sempre ambiento determinate storie in luoghi della mia infanzia. Ho vissuto una bella prima infanzia, in seguito è diventata difficile per me... dolorosa... ma in luoghi bellissimi e ricchi di ricordi del passato... che mi hanno aiutato molto a non disperare e ai quali amo fare riferimento.
Canis ha scritto: Ecco, a questa semplice frase, senza nemmeno sapere fino in fondo il perché, io mi sono commossa.
Posso immaginare il motivo, a volte metto  frasi del genere. L'avverbio "molto" gioca un ruolo fondamentale, ma anche la sensibilità di chi legge nel voler vedere qualcosa oltre...  dentro... indefinibile...
Canis ha scritto: Il punto più debole della storia credo sia la pistola di Cechov, un po' poco individuabile, in effetti. Almeno a me non era venuto da fare quel collegamento (ho letto la tua spiegazione).
Che poi, pensandoci a posteriori, è un collegamento interessante. Chissà se esiste come tecnica letteraria con un altro nome?
Molto giusto, sono daccordo anche io.
Il fatto è che ho sempre difficoltà quando devo scrivere qualcosa con dei punti "obbligati", boe o paradigmi che, per carità, vanno benissimo per la scrittura, anche se non sempre. Io non sono molto bravo.

Il collegamento che ho spiegato in un commento sopra, un collegamento molto, davvero molto cristiano, mi è venuto naturale metterlo, amo queste rappresentazioni anche se riconosco che sono un po' ardue, di non facile individuazione e forse non sempre opportune, diciamo così.  :)
Le tue parole mi hanno fatto molto piacere.

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

   
Grazie caro @Nightafter 
Sì, hai visto tutto giusto, sono contento, compresa l'immersione in uno spazio fatto di gesti e visioni antiche.
Più che una visione del passato, per me  che non credo nello scorrere del tempo, si tratta della rievocazione di un eterno presente.
Il tempo non è mai passato o cambiato. Sono gli uomini che passano e cambiano. Penso che in alcuni luoghi mai visitati dalla cosiddetta "civiltà" o visitati male come sicuramente lo è stata la Sardegna, dagli antichi romani in poi, questo eterno presente, specie in tipi come me, abbia ancora una grande influenza, che supplisce a tutte le altre mancanze e privazioni.
Scusa il ragionamento contorto, ma sono certo che grazie alla comune appartenenza hai certamente, con il tuo profondo acume, capito quello che voglio dire tra le righe e che non oso esplicitare per non causare sommosse.
A si biri
Alba359 ha scritto: Ciao @Alberto Tosciri  non ho scovato la pistola e nemmeno un pesce rosso!
Ah, ma nemmeno io...  :D
Ho fatto dei tentativi, all'incirca, ma non sono molto sicuro nemmeno del fatto che volessi inserire pistola e pesce.
Del resto non dimentico mai la massima del cardinale Richelieu, pezzo grosso della sua fantastica epoca, che soleva dire: "fatemi leggere quattro righe (o erano sei?) scritte dall'uomo più onesto del mondo e troverò di che farlo impiccare..."
Confesso che mi piace cercare di avvicinarmi più che alla bellezza o alla plausibilità a qualcosa che abbia a che fare con la pace (anche sofferta) e l'armonia fra uomini ed esseri superiori.
La plausibilità in uno scritto  dei tempi odierni è andata a farsi benedire, ma io non ci voglio andare, non riuscendo a vedere tutto il male nelle rassicuranti scene auliche del passato e per niente il bene nella poltiglia globale dei giorni nostri. :)

Ti ringrazio per l'apprezzamento, sei sempre gentile con quello che scrivo.

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Adel J. Pellitteri ha scritto: capisco, ma affermare che mille anni prima ci fosse anche la loro casa mi stona un po'. Non sarebbe meglio dire che lì dove adesso c'era la loro casa era approdata mille anni prima la principessa ecc... ecc?
Tanto per cavillare un po'
Sì hai ragione, intendevo casa come terra, non come costruzione vera e propria...
Concordo anche per le virgole, a volte si ha in mente una certa cadenza di dialogo e con la virgola sbagliata si stravolge il significato...

Ti ringrazio tanto per l'apprezzamento.

Ho pensato alla parabola dell'incontro di Gesù con la donna nel pozzo...
Il pozzo nell'antichità era un posto importante e non solo per l'acqua... non sto a descrivere perché è davvero lunga...
Posso dire che mi sono ispirato a un autentico pozzo dell'epoca della dominazione spagnola in Sardegna, con due colonne a punta oggi un po' sbilenche e sbrecciate, una trave di legno vecchissimo con anello al centro per la fune del secchio, oggi seminterrato purtroppo, ma ancora ben visibile, fatto in pietra e con ancora l'acqua dentro. Da piccolo mi calavo all'interno per pulire il fondo nei periodi di secca... si trova nel terreno  della mia casa. Sopra ci ho messo una rete metallica perchè non ci cadano i gatti e ho puntellato con pali e pietre una colonna un po' sbilenca.
Vorrei ristrutturarlo, ma è difficile trovare uno che lo sappia davvero fare,  tempo fa fermai in tempo un muratore che voleva tappare i buchi con il cemento... si parla di restauro e  poi non so se me lo farebbero fare, essendo un reperto antico...
Proprio perché antico, fonte di antiche storie anche della mia famiglia, ogni volta che devo scrivere di un pozzo penso sempre a quel "mio" pozzo...

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Poeta Zaza ha scritto: Non capisco la risposta della mamma. Mi stona. Se il padre, prima, era carabiniere, quello che ha fatto è il saluto militare di fronte a un superiore e in segno di rispetto: gesto che replica da allora. Dire che salutava così l'ostia consacrata quando era carabiniere non spiega al bimbo né perché lo facesse allora né perché continui a farlo adesso.  :grat:
Lo faceva anche mio padre, quando era andato in pensione da un pezzo, non lo faceva platealmente ma lo notavo, lo notavo solo io, in quanto un tempo si usava durante le cerimonie ufficiali dove c'era una messa, dare l'attenti al momento dell'elevazione dell'ostia. Naturalmente valeva solo per i militari... Anche io tanti anni fa ho eseguito l'ordine di "attenti"  all'elevazione dell'ostia consacrata in alcune cerimonie solenni.  Il perché il padre di Manuel lo faccia ancora, spontaneamente, come lo faceva anche mio padre... non ha una risposta. Abitudine, gesto solenne, rispetto, nostalgia dei vecchi tempi che imponevano un modo di fare... e tante cose ancora  :)
Ti ringrazio molto per il tuo apprezzamento...  :)

Re: [Lab7] L'incontro di Manuel

Ciao @MonicaX1974 
@Monica ha scritto: hai scritto una storia bellissima.
Grazie per il tuo bel commento, hai compreso bene tutto, e la figura nera è proprio la Morte.
La principessa di Navarra è davvero approdata oltre mille anni fa quasi davanti a casa mia. Esiste ancora la chiesetta che fece costruire,  in stile portoghese, dove si celebra ancora la messa, con a fianco un olivastro immenso che ha più di mille anni, risalente a quei giorni lontani...
L'aringa rossa... paventare un senso di rispetto per qualcosa ritenuta divina, immutabile, da rispettare. Un rispetto per le situazioni, gli avvenimenti che esulano dalla nostra comprensione e potere...
In quanto alla pistola di Cechov... forse ho pensato in modo troppo "contorto" e chiedo scusa.
Nel mio intento l'elevazione dell'ostia consacrata rimanda anche a un corpo trafitto da una lancia, perdita di sangue e acqua... sangue e acqua che poi ritornano con uno scopo nella storia, l'acqua molto spesso, il sangue alla fine. Manuel perde sangue dal naso perché fin dal primo contatto con la Morte sta cominciando a morire senza saperlo, poi il sangue si arresta.
L'azzurro... il nominarlo troppo avrebbe edulcorato, appesantito, falsificato la storia a mio parere anzi... forse vi ho fatto anche troppi riferimenti, avrai notato, tra mare, cielo, occhi, rimandi a un colore di porcellana che Manuel ha in mente...
Però il mio ragionamento/collegamento potrebbe non essere giusto o perlomeno non così ovvio, lo riconosco.
Ti ringrazio tanto per l'apprezzamento.

[Lab7] L'incontro di Manuel

Manuel era un bambino quando andava a prendere l’acqua al pozzo poco lontano dalla sua casa, al lato di un incrocio di strade sterrate circondate da rovi, olivastri e carrubi. Il pozzo doveva essere antico, costruito con una certa eleganza e maestria: un rialzo di pietre e due alte colonne ai lati, sbrecciate, intonacate di calce e argilla terminanti a punta, in mezzo alle quali era stato infisso un palo di rovere con un gancio di ferro per far scorrere la fune del secchio. Poco discosti c’erano due pesanti recipienti scolpiti nella pietra nera lavica, uno grande e uno piccolo, con due buchi alla base chiusi da un turacciolo di sughero, che servivano per abbeverare i buoi e le capre. Manuel prendeva il secchio e lo calava fino a sentire il tonfo nell’acqua, si sporgeva per osservare che avesse la giusta inclinazione, aspettava che si riempisse e tirava la fune con entrambe le mani con un po’ di fatica, perché non aveva ancora compiuto otto anni. Travasava l’acqua dentro una brocca rovesciandone la metà sui piedi calzati da sandali: la cosa lo divertiva. Intorno al pozzo c’era una frescura data dall’ombra di un folto gruppo di canne che si stagliavano alte con i loro pennacchi gialli; dietro di loro la terra dove era stato mietuto da poco il grano, si era a giugno, e subito dopo il mare, azzurro come il cielo con il quale si confondeva.
Manuel amava il mare, ci andava appena poteva in tutte le stagioni: d’inverno per raccogliere pezzetti di legno secco che le mareggiate scaricavano a riva, buoni per attizzare il fuoco, con la bella stagione per fare il bagno, sorvegliato dalla mamma e dalla nonna che stavano all’ombra di una capanna di frasche, rigorosamente vestite. Il papà portava un’anguria messa a rinfrescare nell’acqua del pozzo e ci voleva, perché faceva molto caldo d’estate. Poco lontano dalla riva si stagliava un isolotto roccioso a tratti cosparso di olivastri e fichi d’india, sorvegliato da terra da un’antica torre d’avvistamento spagnola, perché un tempo vi si nascondevano dietro le navi dei pirati moreschi, pronti a sbarcare all’improvviso e fare razzie. Ma non sempre tutto quello che veniva dal mare faceva paura: da dietro l’isolotto, mille anni prima, erano venute anche la navi della principessa di Navarra, che si era fermata davanti a casa loro e aveva fondato la bianca chiesetta che sorgeva su una piccola collina dominante il mare, al centro del paese.
Manuel amava quella chiesetta, le panche di legno antico, la volta del tetto rivestita di canne e calce, l’odore dell’incenso. Sua madre lo portava ogni domenica a sentire la messa e talvolta veniva anche suo padre che per l’occasione si vestiva a festa con l’abito di velluto scuro e i gambali borchiati d’argento lucidi come uno specchio. Manuel lo osservava al momento dell’elevazione dell’ostia: si irrigidiva e batteva i tacchi, l’aria solenne sotto i baffoni.
— Perché fa così? — chiedeva Manuel alla mamma.
— Quando era carabiniere salutava così l’ostia consacrata.


Solenni lucertole facevano capolino fra le pietre del pozzo, osservavano il mondo immobili e indifferenti; le cicale in mezzo alle siepi di rovi squarciavano l’aria con il loro canto. Il cielo di quell’estate era così azzurro che a fissarlo a lungo dolevano gli occhi e sembrava l’unico dolore in quel mondo silenzioso, ricco di odori di pietra scaldata dal sole, odore di polvere, di legno, erba secca e grano appena mietuto.
Manuel si girò all’improvviso. Distingueva a fatica una forma nera immobile a un lato del pozzo che dava le spalle al sole, in quel momento a metà dell’azzurro del cielo e del mare. Era una donna anziana, il viso avvolto da un fazzoletto come le donne del paese. Lo guardava.
— Io sono bravo a prendere l’acqua! — disse Manuel rovesciando a terra mezzo secchio fuori dalla brocca che luccicava come un’anfora tirata da una rete dal fondo del mare. La donna continuava a guardarlo, silenziosa.
— Volete bere zia? — Tutte le donne anziane del paese erano zie, ma questa, pur avendo il costume del posto, non era del paese, Manuel lo aveva intuito, anche se non aveva ancora sentito la sua voce. Però Manuel era un bambino molto fiducioso e disponibile, si trovava bene nel suo mondo, non conosceva ostilità.
La donna continuava a stare zitta, Manuel intinse un mestolo, che stava a fianco del pozzo, dentro il secchio e lo colmò d’acqua porgendolo alla donna.
— Non voglio l’acqua — rispose la donna con voce profonda, nel dialetto del bambino. Manuel la guardò a bocca aperta, mostrando il suo sorriso sdentato.
— State andando dalla mamma? È in casa con i fratellini, papà è nella vigna.
— No. Sono venuta per te.
— Per me? Oh! Ma bevete l’acqua zia, è buona e fresca e oggi fa caldo!
La donna spostò il suo sguardo sul mestolo che Manuel continuava a porgerle sorridendo, con l’acqua tremolante per il movimento della mano che rifletteva l’azzurro del cielo.
Era calato il silenzio, come un’attesa. Le cicale avevano smesso di cantare, gli alberi di olivastro e carrubo risaltavano neri contro il sole facendo intravedere pezzi di cielo fra gli spazi dei rami, come attraverso grate di un desiderio o di una necessaria sofferenza.
— Davvero vuoi offrirmi l’acqua?
— Oh! Ma davvero sì! Siete passata dalla strada del mare?
— Sì.
Manuel guardò in quella direzione, strizzando gli occhi abbacinato dal sole che era appena a metà del suo percorso. Alcune vele bianche spezzavano l’azzurro dell’acqua scintillante. Si sentiva l’odore penetrante della salsedine.
— Siete venuta con una nave? Come la principessa di Navarra?
— No.
— Avrete molta sete.
— Davvero vuoi darmi l’acqua? — ripeté la donna.
— Ma certo zia! Bevete!
La donna guardò il mestolo che Manuel, sorridendole, continuava a tenere dritto verso di lei, fiducioso. Si avvicinò e il bambino vide che aveva gli occhi di un azzurro scuro, come i fiori disegnati nella zuppiera di porcellana.
— Nessuno mi ha mai offerto acqua. Tu sei il primo.
— Che bello allora!
— Dimmi Manuel: qual’ è il tuo più grande desiderio?
— Guidare il carro di papà. Così lui si riposa. Io so guidare i buoi, lo sai?
— Lo so. E dimmi: vuoi tanto bene a mamma, papà e i fratellini?
— Oh, tanto sì.
— Faresti tutto per loro?
Manuel annuiva con la testa, convinto.
— Anche dare l’acqua a... me?
— Si zia. Vi prego: bevete.
La donna guardò oltre il bambino, sorrise lievemente, allungò la mano esitante, prese il mestolo e lo portò alla bocca bevendo un lungo sorso. Gocce d’acqua caddero sul suo collo, chiuso dal sottile colletto bianco della camicia, fermato sul davanti da due bottoni d’oro. Non si bagnò.
— Nessuno… mi aveva mai offerto acqua. Davvero buona. Grazie Manuel.
— Volete venire a casa, zia? Mamma sta facendo da mangiare.
— Ti ringrazio, non posso. Devo andare.
— Allora vi saluto. Quando tornate?
— Tornerò.
— Per me?
— Sì, Manuel.
— Quando?
— Passerà molto tempo, Manuel. Molto.
La donna se ne andò. Il bambino sorrise, compiaciuto di essere così importante per quella zia. Ma come faceva a conoscere il suo nome? Oh! I grandi sanno sempre tutto! Sentì qualcosa di caldo colargli dal naso, si pulì con la mano: era sangue. Per un attimo sentì la testa girargli, perse l’equilibrio, l’azzurro del cielo sembrò precipitargli addosso, si appoggiò a una colonna del pozzo. Le cicale ripresero il loro canto assordante, il sangue smise di uscire, sentì l’odore aspro della salsedine inondargli i polmoni, tutto ritornò come prima. Manuel si lavò la faccia, prese la brocca e ritornò a casa sorridendo e divertendosi a vedere le lucertole fuggire davanti a lui e le cavallette fare salti spettacolari.


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