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Re: Ma quindi non esistono delle agenzie letterarie oneste e serie?

ElleryQ ha scritto: La Vanity Press sarà pure una parola inglese e il fenomeno può anche essere nato altrove, ma mentre altrove si è mantenuto in dimensioni minori rispetto all'ampiezza del mercato di riferimento, in Italia, a fronte di un mercato già piccolo, ha alimentato manie di grandezza di massa e intenti speculativi di imprenditori vari, molti dei quali si sono improvvisati editori/argenti senza esserlo realmente, ma solo perché hanno scorto un filone di opportunità.
È il libero mercato: quando si apre una nicchia potenzialmente redditizia, nuovi attori economici si inseriscono per ottenere guadagni.

E ribadisco, la nicchia dell'EAP soddisfa un bisogno diverso rispetto a quello dell'editoria non a pagamento: offre un servizio per appagare la vanità dei clienti.
È un po' come pagare per salire sulle montagne russe, o per entrare in una escape room: alla fine in mano non ti resta niente, ma ti sei goduto una botta di adrenalina e puoi dire di averci fatto un giro.

Sul fatto che in Italia l'EAP sia un fenomeno di maggiori dimensioni, può essere, e non mi stupisce. Ci sarà pure una correlazione con il fatto che l'italiano medio appaia sempre in fondo a tutte le statistiche "culturali", europee, dalla scolarizzazione, alla lettura, alla comprensione del testo. Spesso la vanità è figlia dell'ignoranza.

Re: Ma quindi non esistono delle agenzie letterarie oneste e serie?

@ElleryQ sono d'accordo che in Italia ci sia un problema nel mondo editoriale (più d'uno, in realtà).

Ma c'è un motivo se il termine "Vanity Press" è in inglese. Il mondo anglofono non è certo immune al "parassitismo editoriale" sugli autori.

Non è che altrove le CE "tengano la barra dritta", è la dimensione del mercato che la fa tenere dritta: più CE "serie" ci sono, più è facile per un autore trovarne una "seria" invece di una a pagamento. Idem per le agenzie.
Da noi le CE "serie" e con distribuzione importante si contano sulle dita di una mano. È ovvio che poi, per ignoranza o vanità, gli autori finiscano preda dell'EAP.

Ricordiamo che l'editoria "seria" e quella a pagamento soddisfano due bisogni distinti: la prima quello dei potenziali lettori di "leggere lavori decenti", la seconda quello degli aspiranti autori di "pubblicare". Talvolta i due bisogni si sovrappongono, e un'azienda può soddisfarli entrambi. Ma, più spesso, non si sovrappongono.

Re: Ma quindi non esistono delle agenzie letterarie oneste e serie?

Darksy ha scritto: Così si alimenta un mercato editoriale sano, così le agenzie letterarie hanno un ruolo sensato, utile e nobile. Speculando sui sogni degli aspiranti autori, no.
 Le agenzie sono aziende, così come le CE.
In un paesino di montagna isolato e con 50 abitanti, il proprietario di un minimarket non solo farà pagare i prodotti più che in un supermercato di Milano, ma dovrà con ogni probabilità trovare anche altri introiti o fare altri lavori per sopravvivere.

L'Italia è il paesino di montagna, il mercato anglofono è Milano, agenzie e CE sono minimarket/supermarket.

Certo, si può sperare che agenzie e CE "alimentino un mercato editoriale sano e abbiano un nobile ruolo", così come si può sperare che un minimarket di montagna abbassi i prezzi e faccia promozioni come un supermercato di città. Ma non è molto realistico.

L'unico modo per ottenere condizioni simili è far crescere il mercato: che il paesino diventi città, e allora il minimarket avrà altre prospettive.

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