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Re: Visibilità limitata = vanity press?

Brutus ha scritto: Tuttavia l'iniziativa mi pare simile a Wattpad, un clone oltretutto con meno visibilità e con più costi.
 Non esattamente. Wattpad è più un social che una piattaforma di controllo editoriale: tutti possono pubblicare, e la qualità ne risente parecchio. Tra l'altro, anche se non esplicitamente mirata a loro, il pubblico adolescente e giovane, specie femminile, la fa da padrone (almeno da quanto vidi un po' di tempo fa).

Ci sono certamente somiglianze, ma come dice @Silverwillow il "comitato" sarebbe più simile a una CE di volontari che pubblica libri gratuiti: meno visibilità potenziale, ma più qualità.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Silverwillow ha scritto: Io faccio l'editor e correttrice di bozze, gratis, per una rivista e una piccola Ce (fondate da una ragazza che ho conosciuto sul forum). Non mi è mai venuto in mente di dirle: "Sai cosa? questo mese ho seri problemi in famiglia" o "ho poco tempo". È chiaro che la cosa può funzionare solo con persone che credono in uno scopo comune, o perlomeno si sostengono. Altrimenti non vale la pena neanche pensarci.
Sei una persona più affidabile di me. :)
A me in un paio di occasioni è capitato di abbandonare un progetto volontario, perché richiedeva più tempo di quanto ne avessi messo in conto, oppure perché gli obiettivi e la serietà del gruppo erano cambiati (o ero io a non averli chiari al principio).
E ho visto altri fare lo stesso.

Io non mi ritengo una cattiva persona per questo, però può capitare che uno si metta a disposizione per gentilezza senza sapere se potrà davvero reggere il ritmo, o se effettivamente si sta imbarcando in un progetto in cui non crede al 100% o con compagni con cui non si trova bene. Se le nostre scelte fossero sempre perfette nessuno commetterebbe mai errori. Ma quando si parte con un progetto come questo si devono tenere in conto anche eventuali intoppi.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Silverwillow ha scritto: La può benissimo garantire, se solo una o due persone si fanno carico di leggere chi vuole entrare. È in pratica una CE, solo che non vende i libri ma li regala dietro precise regole, suggerimenti e incentivi alla donazione. Quello che è illeggibile non passa. Quello che ha bisogno solo di una sistematina nella forma passa (dietro correzione di bozze). Distribuire un libro gratis con dietro un controllo e una forte motivazione è molto più incisivo che farlo da autore sconosciuto. Siamo centinaia su questo forum, di sicuro si possono trovare tutte le competenze richieste.
Non è un'utopia, ma non è nemmeno così semplice. Io vedo 2 problemi principali.
  • Trovare tutte le competenze necessarie. Tutti possono fare correzione di bozze, un po' meno possono fare editing, pochi sanno (o vorranno) fare grafica. Le competenze più scarse faranno da collo di bottiglia. E siccome non sarà un'azienda, non si potrà cercare quelle competenze sul mercato del lavoro.
  • Non ci sarà modo di obbligare nessuno a lavorare per bene, perché non sarà un'azienda. Se gli editor decidono di sparire e scompaiono con tutte le loro annotazioni, non si potranno costringere a tornare o a restituire il testo annotato. Se il grafico se ne va, non è che lo si può minacciare col licenziamento per evitare di bloccare tutte le pubblicazioni.
Il "comitato" sarà piccolo, specie all'inizio. Un intoppo come quelli che ho scritto sopra, e tutto si blocca. Non si avranno i mezzi né la visibilità di altri progetti volontari di questo tipo (es. Wikipedia), quindi rimpiazzi o competenze particolari saranno difficili da trovare.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Silverwillow ha scritto: come ad esempio creare un collettivo di autori (potremmo chiamarlo "Comitato di liberazione dei libri") che si propongono come scopo di opporsi alle ingiustizie editoriali, e quindi facciano parlare di sé ancora prima dei suoi libri (che potrebbero avere un marchio collegato). Libri che potrebbero essere controllati ed approvati (almeno nella forma) dal comitato prima di essere proposti.
 L'idea del "comitato" è geniale, e garantirebbe ciò che manca da sempre all'autopubblicazione, ovvero un controllo editoriale. Sarebbe una garanzia di qualità solitamente assente nel self-publishing.

Per quanto riguarda l'impegno, @Cheguevara, non mi preoccuperei perché come dice @ElleryQ ci sono realtà che funzionano bene nate su base volontaria. Io stesso ho partecipato a vari progetti "open", il tempo da dedicare lo si trova.

E non sono troppo preoccupato neppure di trovare autori noti per dare maggior garanzia di qualità: ci sono CE piccole e poco conosciute che lavorano bene, il loro unico limite è la distribuzione.

Piuttosto, sarei preoccupato di sedicenti "autori" che vorrebbero entrare per approfittare del "comitato" per farsi un editing e una pubblicazione gratuitamente. Un'iniziativa del genere può funzionare solo se retta da un regolamento rigido e se c'è garanzia che tutti lavorino per il bene comune. Insomma, un regolamento come per WD o CdM, che sia vincolante e obblighi a un "dare" se si vuole un "avere" (vuoi un editing? Devi fare la grafica di una copertina; vuoi una copertina? Devi fare promozione per un altro libro su un canale social).
Il problema di questo approccio è che comunque non garantisce la qualità, esattamente come obbligare a un commento per pubblicare un racconto non può garantire che sia un commento "di qualità", può garantire solo che sia "lungo abbastanza".

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Silverwillow ha scritto: Non è vanity press, nella misura in cui non si può prevedere il successo di un libro (che l'autore spera sempre galattico), così come a volte non si può prevedere la serietà di una CE nel pagamento delle royalties.
 Sicuramente non si può prevedere il successo di un libro, ma se ci si affida a una CE con distribuzione limitata (ed è una cosa che si può controllare prima di firmare), indipendentemente dalla loro serietà, difficilmente il libro potrà avere grande visibilità. Non è impossibile, ma è quantomeno molto improbabile, ed è sicuramente meno probabile che con una media o grande CE, che ha distribuzione capillare. Quando si sa che il libro avrà, al massimo, 100 copie stampate che finiranno negli scaffali più nascosti di poche librerie indipendenti, non si può certo sperare di ottenere un gran successo. Poi ovviamente il "successo" è sempre relativo e soggettivo: per qualcuno vendere 50 copie è già un successo, e quindi questo discorso per loro non vale. :)
Cheguevara ha scritto: terrei in conto ciò che mi fu insegnato ai tempi in cui vendevo prodotti finanziari per conto di un grande gruppo assicurativo, prodotti che presentavano un' elevata commissione di ingresso: quel che non costa, non vale.
 Sono d'accordo, ma non credo si tratti solo di "prezzo", bensì di marketing: bisogna essere capaci di "vendere" anche ciò che è gratuito, per quanto assurdo possa sembrare.
Un modo è quello di distribuire il proprio lavoro con diversi livelli di prezzo: una versione basica gratuita, una versione con elementi cosmetici (es. illustrazioni) a prezzo X, una versione "lusso" (es. stampata + illustrazioni) a prezzo 3X. In questo modo si concede comunque l'opportunità di ottenere il prodotto gratuitamente, ma se si vogliono "eye candies" si paga; e questo tipo di marketing è solitamente sufficiente per evitare l'associazione mentale "gratuito = ciofeca", soprattutto tra i più giovani.

Il problema di questo approccio è che ci vuole molto più lavoro per preparare il prodotto, e non tutti possono pensare di farlo da soli. Io ho lavorato nella programmazione frontend, e conosco com'è fatto un EPUB internamente; ho lavorato un poco nella grafica, quindi posso pensare di realizzare le copertine da me; so disegnare, e anche se la mia tecnica si limita all'inchiostro, è più che sufficiente per delle illustrazioni in un libro.

@bwv582 grazie per le precisazioni. :) Ho semplificato parecchio per far passare il messaggio: quello che intendevo è che fare il concertista (che è in teoria l'obiettivo formativo del conservatorio per chi si diploma in pianoforte, per quel che ricordo) è per pochi.
I numeri (in Italia, poco meno di 2000 diplomati l'anno e solo 1 posto di concertista fisso disponibile ogni paio d'anni) li ricordo da un numero della rivista "Suonare", di parecchi anni fa ormai.

Chissà come mai non mi è venuto in mente che tu potessi essere appassionato di musica classica, visto il tuo nick. :D Anche se devo essere sincero, la BWV 582 non ricordo proprio che opera sia...

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Fabioloneilboia ha scritto: Io credo che le case editrici non cerchino libri, ma autori. Chi vuol andare dietro all’editoria deve essere un autore.
Ottimo spunto. Probabilmente non sono un autore, allora.
Cioè, mi piace scrivere, ma non potendolo fare a tempo pieno non ho la costanza né la pazienza di inseguire l'editoria "tradizionale".
Tornerebbe tutto.

Vorrà dire che eventualmente propenderò per l'auto-pubblicazione e la distribuzione gratuita, se necessario. :) 

In ogni caso, grazie a tutti per i commenti. Ho parecchio materiale su cui riflettere, e magari potrei cambiare idea (non sarebbe la prima volta :P ).

Re: Visibilità limitata = vanity press?

ElleryQ ha scritto: Se finisce come soprammobile in una casa qualsiasi, o come zeppa sotto a un tavolo, cambia davvero rispetto al finire nello scaffale più basso e in ombra di una libreria? Per me, le probabilità di essere letto sono le stesse.
Beh, personalmente mi è capitato di avere un libro in casa da anni, magari regalato da un parente che stava traslocando o preso gratuitamente da un banchetto al mercatino, e averlo tenuto in uno scaffale a prendere polvere, per poi leggerlo per curiosità solo molti anni dopo. Non sono sicuro che lo stesso possa accadere in una libreria, anche perché immagino che lo scaffale venga liberato dopo un po': che io sappia, in una libreria lo spazio espositivo vale oro.

Per il resto posso essere d'accordo con il tuo commento, o quantomeno comprendere il tuo punto di vista su certi aspetti.

(PS: ringrazio tutti gli utenti e CdM che mi permettono di avere una discussione civile come questa... mi rendo conto che la mia posizione è controversa, ma l'ultima volta che ho affrontato un argomento simile in altri contesti è finito a flame, troll e parolacce... :) ).

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Fabioloneilboia ha scritto: Il bene più prezioso per il lettore è il tempo, non di certo i pochi spiccioli di un ebook.
Farsi leggere non vuol dire svendersi, ma convincere i lettori che ne valga la pena.
D'accordo al 100%. Ma la mia domanda è: può una mini/micro CE convincere un lettore che ne vale la pena? La mia (personale) risposta è "non più che un'autopubblicazione". E infatti le micro CE restano tendenzialmente micro e continuano ad avere distribuzione micro. A quel punto, visto che due spiccioli non fanno la differenza, tanto vale regalare il proprio libro: magari finirà come soprammobile in qualche casa, ma almeno se è in una casa e non nell'angolo più buio della libreria più fuori mano del paese Vattelappesca avrà più probabilità di essere letto. :)

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Marcello ha scritto: D'altronde qualcuno può ragionevolmente pensare di intraprendere questo percorso con l'intenzione di essere il nuovo Dante?
Magari Dante no, ma l'intima speranza di molti (tutti?), almeno tra quelli con cui ho avuto modo di parlare direttamente, è di essere una nuova J. K. Rowling. Vincere alla lotteria è più probabile (e decisamente meno faticoso). :D
Marcello ha scritto: Personalmente – ma è un modo di sentire mio, lo sottolineo – sarebbe come mettersi all'angolo della strada con il cappello in mano. 
Qui non sono d'accordo, ma può essere che sia perché veniamo da background diversi. Distribuire videogiochi in quella maniera (gratuiti + donazione volontaria) era molto comune nell'ambito indie. E anche in ambiti più professionali è una strategia di monetizzazione valida (per esempio in giochi completamente gratuiti, in cui pagando si possono ottenere degli elementi cosmetici esclusivi). In pratica si fidelizza senza chiedere soldi in anticipo.

Tra vedere una persona comprare il mio libro e ottenere 3 euro di royalties, ma avere 4 persone che non vogliono spendere i loro soldi su uno sconosciuto edito da una CE sconosciuta, e vederne 5 provare a leggere il libro e ottenere 1 euro di mancia solo da uno di essi, preferisco la seconda opzione, perché almeno ho raggiunto più persone.

Ovviamente il mio discorso vale solo per le dimensioni di mini e micro CE. Se uno riesce a pubblicare con Mondadori o Marsilio, e quindi ottenere una distribuzione potenzialmente molto ampia, quello è un discorso diverso.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

@Marcello la tua ultima frase è una falsa equivalenza: essere ben scritti non significa necessariamente valere molto. Significa solo avere una tecnica migliore di altri.

Ogni anno escono dai conservatori italiani 2000 pianisti diplomati, tutti con tecnica eccellente. Lo devono essere per forza, visti i pezzi che devono essere in grado di eseguire.

Di questi, quanti diventano concertisti? Uno ogni 2-3 anni, quando va bene, e solo tra quelli che hanno iniziato da giovanissimi e sono "prodigi". Quanto vale tutta la tecnica degli altri? Poco. Esattamente come la nostra scrittura. Registreranno pezzi che ascolteranno i parenti. Suoneranno se va bene alle feste di paese. Ma per campare, il 99% di loro non suonerà quei pezzi che ha studiato con tanto impegno, bensì farà l'insegnante di musica a correggere scale e arpeggi di base al principiante di turno, o il turnista in qualche studio di registrazione a strimpellare 4 accordi per una base.

Avere una buona tecnica non significa necessariamente che il proprio lavoro valga molto. E infatti viene pagato, mediamente, una miseria, almeno per quando riguarda la scrittura.

Non voglio sminuire il lavoro di nessuno, sia chiaro: sto solo dicendo che la probabilità che tra di noi ci sia un nuovo Dante Alighieri (o anche solo un Monti o un Fogazzaro) è così prossima allo zero da essere praticamente insignificante. E se non possiamo fare della nostra passione un lavoro, cosa cambia tra distribuire gratuitamente i nostri testi e invece farceli stampare, revisionare e distribuire da gente che non conosciamo?
Sineddoche ha scritto: Perché se è vero che gli standard valutativi di una piccola ce free possono essere in media molto bassi, gli standard valutativi di un'autopubblicazione lo sono (in media) ancora di più. 
Pienamente d'accordo. Ma allora la differenza la fa la professionalità di ciascuno, non la media. E se è vero che conosco la mia professionalità, altrettanto non posso dire di quella delle persone che lavoreranno sul mio libro, a meno di non avere esperienza diretta con una CE molto professionale. Ma un esordiente non ne ha, a meno di non avere già contatti o raccomandazioni in quel mondo.

Re: Visibilità limitata = vanity press?

Brutus ha scritto: Per me è una passione che attraverso la vendita ti permette di confrontarti professionalmente senza finire nel calderone del "tutto gratis" in cui le ciofeche la fanno da padrone e in cui non puoi sapere realmente quanto tu sia apprezzato. Io credo che la gratuità impedisca un riscontro obiettivo del proprio valore come autore, ti svilisce insomma.
Per quale motivo il "tutto gratis" dovrebbe necessariamente svilire?


Io non credo più al "controllo editoriale" da un bel po'. Ho letto libri di CE tradizionali che erano fatti coi piedi: non parliamo solo di refusi, ma anche di testi mediocri, stampe raffazzonate, distribuzione inesistente.
Sinceramente mi fido più dell'opinione di molti utenti di questo forum che di tanti sedicenti "editor" di certe realtà che ho avuto modo di conoscere. E non parlo solo di realtà italiane, perché ho incontrato gli stessi problemi in tutti i luoghi in cui ho vissuto.

Il fatto che una CE garantisca una maggiore "professionalità" è un retaggio del passato, a mio avviso.
Questo stesso forum ne é un esempio. Senza volerli chiamare "capolavori", molti testi vincitori dei contest, qui e nel vecchio WD, sono meglio scritti di racconti che si vedono pubblicati in certe raccolte di certe case editrici.
E sono testi gratuiti che possono essere letti da chiunque.

E anche nel passato, non è che le CE avessero l'esclusiva della professionalità, delle buone idee e del successo.
Penso a Peter Coniglio di Beatrix Potter, e alcuni lavori di Jane Austen, per esempio. O a L'uomo di Marte di Weir, per citarne uno più recente. Tutti autopubblicati.
Mi potrai dire che sono l'eccezione e non la regola, ma io posso replicare che lo stesso vale per opere pubblicate da piccole CE: quante di esse sono davvero valide e hanno avuto successo?
E allora, se questo è il caso, qual è la differenza tra pubblicare da soli, gratuitamente, e pubblicare con una piccola CE?

Visibilità limitata = vanity press?

Volevo intavolare una discussione sulla questione in oggetto, perché ritengo che gran parte dei "problemi" che viviamo, in quanto autori, derivino da due obiettivi condivisi da molti:
  • ottenere un'ampia distribuzione del proprio testo, ovvero la capacità di raggiungere più pubblico possibile;
  • ottenere un compenso equo per il proprio testo, cosa che solitamente (ma non necessariamente) è proporzionale al successo del punto precedente.
Molti di noi sognano di pubblicare con una casa editrice "big" proprio per avere più chance in entrambi questi obiettivi. Ma mi chiedo: siamo sicuri che sia questo il modo migliore di procedere? Siamo sicuri che non ci sia un qualche limite nel nostro modo di pensare?

Molti di coloro che sono riusciti a pubblicare attraverso i canali tradizionali hanno visto royalties (se l'editore le ha versate onestamente) che non coprono di certo il lavoro necessario per la stesura delle proprie opere. Non si può dire che si tratti di un compenso "equo".

Quindi mi chiedo: che differenza c'è tra questo modo di pubblicare e l'EAP? Spendere sei mesi della propria vita su un'opera per poi venderne 200 copie e ricevere 300 euro (lordi) dopo un anno... non è forse anche questa "vanity press"? Quanti di voi riterrebbero onesta una retribuzione simile per un qualsiasi altro lavoro?

Con questo non giustifico le EAP, che sono peggio (è come chiedere di pagare per lavorare). Semmai, vorrei far riflettere sul fatto che anche con CE oneste nel 99,9999% dei casi il lavoro dell'autore non viene retribuito in maniera adeguata. Se ci pensate, con ogni probabilità, l'editor che modifica solo un lavoro già pronto e spende su di esso molto meno tempo guadagna da una pubblicazione molto più degli autori, in proporzione.

E ora il punto centrale del mio ragionamento: perché la stragrande maggioranza degli autori non riceve un compenso adeguato?
Ci sono molte possibili risposte a questo interrogativo, ma la mia tesi è semplice: le nostre idee valgono poco, in termini di mercato.

Diciamocelo francamente: probabilmente nessuno di noi ha una caratura culturale comparabile a quella di un Umberto Eco da far "pesare" alla sottoscrizione di un contratto. E pensare di vincere la lotteria come E. L. James con le sue "50 sfumature" o J. K. Rowling con "Harry Potter" nonostante certe carenze tecniche non è realistico. Per quanto ci possano piacere e possano essere ben fatti, i nostri lavori valgono poco. Tutti.

Quindi la questione è: che senso hanno le royalties, il copyright, l'editoria tradizionale e tutto quello che ci gira intorno? Se mediamente le nostre idee valgono poco più di zero, e hanno una distribuzione che supera di poco lo zero, perché non lasciarle invece libere di circolare e ricevere magari contributi volontari da parte di chi le ha realmente apprezzate? Tanto, ricevere 2 euro, o 20 euro, o 200 euro in un anno non cambia niente: non ci posso comunque campare.

In altre parole: dovendo scegliere tra pubblicare 200 copie con una CE tradizionale e ricevere 200-300 euro di royalties, e distribuire un'opera gratuitamente a 2.000 persone e ricevere "mance di appezzamento" per 10-20 euro, che opzione scegliereste? E per quale motivo?

Io ho già fatto la mia scelta, e propendo per la seconda possibilità. Non parlo di self-publishing tradizionale, parlo proprio di pubblicazione gratuita online, con possibilità volontaria di lasciare contributi. Possibilità di print-on-demand senza chiedere altro che il minimo necessario per stampa e invio, ed eventualmente una mancia libera e non obbligatoria.

Volevo chiedere cosa ne pensate, e qual è la vostra posizione sull'argomento. Ne ho parlato con qualcuno che conosco, ma tutti mi dicono che è una stupidaggine. Eppure a me non sembra un'idea così campata per aria. :)

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