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Re: Una luce nel bosco

Ciao, sono un nuovo utente. Mi chiamo Antonio, mi appresto a leggere il tuo racconto estratto a sorte nel forum dei Costruttori.
Ti riassumo brevemente le mie impressioni, fermi restando che si tratta di ciò che è arrivato a me attraverso il testo. 

Dunque, a livello narrativo segue un modello che credo possa essere rappresentato con un triangolo, e che nel racconto breve mi sembra ricorrente: incipit, svolgimento, chiusa. A meno di non voler infrangere questo modello, la tensione narrativa sfocia nel finale che doveva prevedere necessariamente una sorpresa, e qui è stata emblematica l'ultima frase Mio padre è morto dieci anni fa.
queffe ha scritto: queffe
«Comunque, guarda, se qualcuno può parlarti così, sono io: ve ne farete entrambi una ragione.»
Ecco, se c’era una cosa che temevo di questa gita in montagna, iniziata di prima mattina e della quale sono già stufo, era che gli amici si mettessero a farmi sermoni. Guardo Carlo con un’espressione inequivocabile.
Forse ha capito.
Ho avuto modo di apprezzare questo incipit che entra a gamba tesa con un dialogo. Il narratore in prima persona consente di esprimere direttamente i pensieri del personaggio, e lo stile di scrittura, nella scelta lessicale e nell'elaborazione del linguaggio, esprime pienamente la personalità del protagonista diretta, senza troppi fronzoli, un tipo che non tollera il giudizio degli altri e preferisce la solitudine alle compagnie di circostanza. 
queffe ha scritto: Passiamo a poca distanza da un costone che dà a strapiombo sul fondovalle. Mi avvicino, guardo in basso e provo un irrefrenabile desiderio di spingere giù Carlo che continua nel suo monologo. Se lo faccio le sue parole mi tormenteranno per l’eternità: desisto. Potrei buttarmi giù io ma non penso ne valga la pena, basta continuare a non ascoltare.
Probabilmente nella realtà sarei stato Carlo e sarei già finito a fondovalle, in compenso avrei buttato già molte amicizie oltre il parapetto.
Un passaggio gustosissimo, ironico e dilettevole.
queffe ha scritto: dom mar 05, 2023 12:15 pmPoi qualcosa, da uno dei punti più scuri, attira la mia attenzione: sono certo di aver visto un bagliore.
Qui si inizia a comprendere che qualcosa sta andando storto. è l'inizio della fine. Non ci si aspetta dal racconto, considerato si trattasse di una scampagnata tra amici, che potesse ripiegare in un incidente, addirittura una morte. Ma senza questo ingrediente non vi sarebbe "nulla da raccontare", e quindi non vi sarebbe tensione drammatica.
queffe ha scritto: dom mar 05, 2023 12:15 pm
I brividi che sento adesso non sono dovuti al sudore. Basta, esco dal bosco, volevo stare un po’ da solo e credevo fosse questo il modo. Ma non mi piace più.
Ciao bosco inquietante! Io me ne vado, vorrei dire, ma mi si stringe un nodo in gola: dove vado?
Mi guardo attorno, sgomento: da dove sono venuto?
Il protagonista si trova nei guai senza un aiuto o un aiutante. In un racconto più lungo l'epilogo non sarebbe stato tanto veloce, ma il racconto è breve e il protagonista deve passare ogni guaio di sorta. Ci sta, no? E funziona. 
queffe ha scritto: dom mar 05, 2023 12:15 pm
Mi guarda con occhi che non ricordavo e mi prende una mano. Il contatto è caldo e nemmeno questo ricordavo: da quanto tempo mio padre non mi prende per mano in questo modo? E perché a un certo punto della mia vita ha smesso di guardarmi con tanta dolcezza? Va bene, si cresce, si prende la propria strada, ma perché queste cose, così belle, un giorno ti accorgi che non ci sono più fra te e tuo padre?
Questo aggiunge un impatto emotivo non indifferente. Mi è rimasta impressa la frase: "Va bene, si cresce, si prende la propria strada, ma perché queste cose, così belle, un giorno ti accorgi che non ci sono più fra te e tuo padre?". Solleva una questione psicologica e culturale di grande rilievo, oltre all'aspetto emotivo. Un tocco di delicatezza unico. 
queffe ha scritto: dom mar 05, 2023 12:15 pm
Poi vedo Daniela che piange e poi Carlo e altri della compagnia. Si abbracciano, hanno le facce sconvolte.
«Papà scusa, devo andare!» dico concitato «è successo qualcosa a uno dei miei amici!»
Lui mi fa cenno di no e mi guarda un’ultima volta, teneramente.
Mio padre è morto dieci anni fa.
Il finale si intuiva, "doveva andare così". La chiusa 'doveva' lasciare un segno e la trama si scioglie nell'ultima frase con un epilogo a sorpresa: il protagonista si trova nell'aldilà e "ci" racconta la sua esperienza dall'altra parte dell'universo. 

Lo stile si configura in modo semplice e diretto, molto dialogato, ritmato, e riflette la personalità del protagonista.
La lettura è scorrevole e il ritmo ti cattura dall'inizio alla fine. 

Nel complesso mi è sembrato un racconto molto godibile ed originale, non tanto nella tematica trattata quanto nello stile dell'elaborato (utilizzo della punteggiatura e del registro narrativo). 

Spero di rileggerti presto.

Antonio. 
 

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