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Re: [Lab 12] La scelta sbagliata

Ciao @Adel J. Pellitteri un bel giallo che ho letto lasciandomi trasportare.
Adel J. Pellitteri ha scritto: «Maestra, mi scusi se vengo a disturbarla, ma adesso che sono diventato Vice Commissario vorrei tornare a indagare sulla scomparsa di mio fratello. Sarebbe disposta a darmi una mano?»
Immagino che una perdita così grande, per un gemello, possa metterlo nella condizione di voler capire senza interruzione cosa fosse successo. Mi viene da pensare che Valerio abbia sempre indagato, che non se lo sia mai tolto dalla testa. Forse cambierei la frase così:
ma adesso che sono diventato vice Commissario, sono autorizzato oppure ho le carte in regola per indagare...”

Adel J. Pellitteri ha scritto: Il tremore mi rimase addosso per tutto il giorno, e la notte non riuscii a dormire. Pensavo alle ricerche che si erano protratte per settimane e settimane, alle fiaccolate, al pianto disperato della madre e mio quando fu chiaro a tutti che era inutile continuare a cercarlo. Mesi terribili che segnarono per sempre la comunità.
Il nostro è un piccolo paese ai piedi di un monte, una zona tranquilla senza particolari attrattive, tanto da non essere nemmeno meta di turisti.
Dal giorno della sparizione ognuno di noi divenne sospettoso dell’altro, nessuno si sentì più al sicuro. Le congetture su chi lo avesse rapito furono tante, troppe per potere arrivare alla verità perché tutte erano senza un reale fondamento.
Nel delirio delle accuse venne sospettato persino il padre dei due ragazzi. Si disse che poteva essere era stato lui per toglierlo alla madre con la quale, da due anni, non aveva più contatti. 
Molto intrigante, hai costruito un bel mistero sulla sparizione, viene proprio voglia di continuare per vedere gli sviluppi.

Adel J. Pellitteri ha scritto: La scuola era identica ad allora, anche il bidello era lo stesso, ci accolse con enfasi: «Maestra Di Liberto come sta? E tu Valerio? Che ci fate qui?»
«Ciao Edoardo, sono venuto con la maestra perché ho intenzione di indagare su cosa sia accaduto quel giorno a mio fratello. Allora ero troppo piccolo, ma oggi spero di riuscire a fare luce sul caso. Sei disposto a darmi una mano anche tu?»
«Certo, Valerio, tutto ciò che vuoi. Trova quel bastardo e lo ammazzo con le mie mani.»
Saliti al secondo piano dove c’era la nostra aula, ci fermammo davanti alla porta e io cominciai a raccontare:
Qui viene un dubbio. Non è stato specificato il periodo in cui fanno visita, credo. Perché mi sembra poco plausibile se fosse durante l'anno scolastico quando gli altri alunni della scuola sono in classe. Basterebbe specificare che la scuola era finita da poco o che era estate.

Adel J. Pellitteri ha scritto: «Erano circa le 10,00 e, come ben sai, tuo fratello mi chiese il permesso di andare in bagno; dopo un quarto d’ora non era ancora rientrato. Andai a cercarlo. Dai bagni usciva Pietro Sanni un alunno della IV° B, gli chiesi se lì c’era Corrado, mi disse “sì” ma si corresse subito dicendo “no, no, in bagno non c’è nessuno.” Ricordo che la cosa mi stupì. Andai lo stesso a controllare, aveva ragione, Corrado non c’era.»
Qui si prospetta un bel guaio. Se i gemelli fossero stati omozigoti, pensa le numerose visioni sulla presenza di Corrado. Specificherei che erano diversi fisicamente anche se si può intuire. Però sarebbe stato interessante, un giallo nel giallo.

Adel J. Pellitteri ha scritto: «Sì» rispose il bidello. E io aggiunsi: «Era una bella giornata di primavera, la scuola stava per finire.»
Ecco, lo scrivi qua. A questo punto specificherei che la scuola è finita da poco.

Adel J. Pellitteri ha scritto: Valerio dopo la visita a scuola cominciò a venirmi a trovarmi ogni giorno,
Metterei trovare.

Adel J. Pellitteri ha scritto: «Sa che ho scoperto che questa casa è stata costruita su un vecchio rifugio antiaereo della seconda guerra?» A questa affermazione la tazza con il caffè mi sfuggì dalle mani e finì sul tappeto.
«Credo che lei abbia parecchio da dirmi» disse puntandomi l'indice contro.
Ero stanca, non ressi più a tanta pressione. Avevo sperato di morire in quegli ultimi giorni, ma era evidente che non potevo andarmene senza rivelare la verità.
«Come hai fatto a capirlo?» Gli chiesi.
«Ho osservato la sua reazione quando mi ha visto la prima volta che sono venuto, sulla porta è sbiancata e poi quel tremore, tipico di chi ha paura. E perché avrebbe dovuto avere paura di me? Anche il Commissario a quel tempo ebbe qualche dubbio su di lei, non tanto per sospetti oggettivi, ma per il suo comportamento. Notò che, dopo l'accaduto, lei si chiuse del tutto in se stessa, a parte le ore trascorse al lavoro non fece più parte della comunità. Certo, la causa poteva essere una normale reazione all'evento; in fondo, era stato un trauma anche per lei.» Poi strinse gli occhi e in tono minaccioso incalzò: «Mi dica la verità su come sono andate le cose.»
Caspita! Direi che è un bel colpo di scena. Le motivazioni che inducono Valerio magari non sono convincenti. In questo caso si tratta più di un fiuto da poliziotto, una sensazione sull'assassino, che credo avvenga spesso. Ma poi ci vogliono le prove a meno che ci sia una confessione. Ed è quello che è avvenuto.

Adel J. Pellitteri ha scritto: Rideva come un matto. Lo sai quante me ne aveva combinate, la gomma da masticare attaccata alla sedia mi aveva rovinato la gonna di velluto, la lucertola sulla cattedra mi aveva fatto venire quasi l’infarto, e grazie all’ombrello incollato con l'attak mi ero colata e buscata una febbre durata venti giorni. Andai fuori di testa, presi a picchiarlo con rabbia e violenza, non se l'aspettava, non reagì. Non potevo lasciargliela passare liscia, non questa volta. Decisi di castigarlo.
Mi sembra una reazione quantomeno da psicolabile, poi considerato il ruolo di maestra... manco fosse un naziskin... (pardon, mi è venuta spontanea)

Ma oggigiorno se ne sentono di ogni... alla fine non stupisce più di tanto.


Adel J. Pellitteri ha scritto: Lo afferrai per il braccio e lo chiusi giù nel rifugio. Lo lasciai lì, pensavo di tenerlo in castigo un paio d’ore, dopotutto un’ora più o un'ora meno non cambiava nulla, e il castigo se lo meritava.
Feci la scelta sbagliata perché mi misi sul divano e, stremata com’ero, dopo un po’ mi addormentai. 
Il mattino seguente mi resi conto della follia che avevo commesso. Avevo sequestrato un bambino mentre tutto il paese lo stava cercando. Avrei perso il lavoro, la stima di tutti. La sua marachella era perdonabile, il mio comportamento invece era un reato. Mi avrebbero accusata di averlo traumatizzato lasciandolo chiuso al buio per tutta la notte. Lo avevo pure picchiato, lasciandogli di certo qualche livido. Come potevo giustificarmi?»
Qui entriamo quasi in un clima horror. Brava, riesci a trasmettere l'atmosfera di angoscia. Una situazione agghiacciante che riesci a renderla verosimile.
Il finale poi, un altro colpo di scena. Piaciuto. In questo caso hai invertito la norma. Si sente spesso di uomini che segregano delle donne o ragazze.
Una lettura che mi ha appassionato. Hai messo in scena una buona trama creando l'attesa fino alla fine. Forse la scoperta dell'assassino è repentina, si poteva aggiungere qualche indizio in più. Ma un'impresa con i pochi caratteri.
A rileggerti.

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