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Re: Labocontest n.11 - Discussione generale - Bambini e ragazzi

Mid ha scritto: Chiedo perché mi piacerebbe partecipare, ma l'unica storia che mi è venuta in mente finora ha bisogno di immagini.
@Mid anche a me è capitato di scrivere storielle che avevano bisogno di immagini. Poi, un po' per paura di non essere all'altezza, e per pigrizia non mi sono mai cimentato nell'illustrazione. Ho pensato come poter rinunciare alle immagini cercando di far immaginare queste al lettore. Potrebbe essere una bella sfida. Credo che le immagini possano essere importanti, ma devono avere un valore artistico sublime per esaltarne la storia, se no una semplice trasposizione del testo in immagini potrebbe risultare sterile e rovinare anche un buon scritto.
Più i lettori sono piccoli e più è importante l'immagine. Penso ad esempio a Piccolo blu e piccolo giallo, così semplice e geniale che senza immagini non avrebbe senso, anche perché il testo è pensato per l'immagine. Ma se volessimo tentare di avere una sensazione simile (Molto difficile) si potrebbe ipotizzare di lavorare di più sul testo, con maggiore descrizione in modo che le dinamiche le possiamo immaginare. Magari provare a pensare all'inverso, cioè un testo che con delle immagine perderebbe la magia perché ognuno con la fantasia si era immaginato un proprio mondo.
Tutto questo per suggerirti che magari il testo che hai pensato con l'uso indispensabile di immagini, potrebbe anche funzionare senza di queste, lavorando con la scrittura e lasciarle immaginare al piccolo lettore.

Re: Labocontest n.11 - Discussione generale - Bambini e ragazzi

Il mio approccio alla letteratura per l'infanzia nasce banalmente dall'aver contribuito alla procreazione di tre marmocchi. Dal cercare di farli addormentare il prima possibile dopo una giornata estenuante. Ricordo che questo non succedeva ai miei cuginetti in Puglia, quando d'estate da piccolo andavo in vacanza con i miei genitori trapiantati nel milanese. A sette o otto anni loro lavoravano già per dieci ore, chi nei forni, chi dai carrozzieri oppure a fare i camerieri nei bar, per cui alla sera si addormentavano subito senza aver bisogno della fiaba della buonanotte.
Ma la prova più dura per me, diventava quella che, dopo aver letto una fiaba e aver spento la luce, le creature erano ancora sveglie e pretendevano che al buio gli raccontassi un'altra storia. Come dire di no. Allora partivo dal c'era una volta... senza sapere come cavolo continuare. Alla fine venivano fuori storie strampalate, animali inventati, situazioni rovesciate rispetto la realtà e notai come tutto questo li divertiva a tal punto che la storia al buio diventò un rituale. Con, potete immaginare, una fatica immane.
Avevo scoperto l'acqua calda: i bambini si divertivano ascoltando storie fantasiose, divertenti, dove la logica delle cose comuni poteva essere ribaltata. Per questi motivi prenderei con il battipanni quelle maestre, (e non sono poche) che sgridano i bambini perché non colorano di verde le foglie o di marrone i tronchi.
Poi la bravura di un autore è quella, partendo da queste situazioni divertenti, di riuscire a stimolare la sfera emotiva del bambino, la curiosità, iniziare a fargli porre qualche domanda, fargli notare che le cose non sono uguali dappertutto.
Concordo con il messaggio che non bisogna insegnargli nulla. Spesso saranno loro a insegnarci, con domande spiazzanti, il senso delle cose.
Purtroppo oggi si assiste a delle scene molto tristi: bambini anche di cinque anni con il cellulare in mano che passano delle ore in giochini con motivetti ripetuti , con l'unica scusa di tenerli buoni e in silenzio. Non so se erano peggio gli sfruttamenti lavorativi minorili o l'apatia di fronte agli aggeggi tecnologici.

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