Wanderer ha scritto: A me sembra che a cambiare siano le parole, ma non le pulsioni. Come insegna Freud, non è rimuovendo una parola o un concetto che si rimuove una pulsione, anzi. Tra dire a una persona "sei un frocio" o "sei un gay" non cambia molto, a seconda del contesto, del tono di voce, eccetera.Be', insomma, provate a chiedere ai genitori di un bambino con la sindrome di Down se per loro è uguale che loro figlio venga definito "con la sindrome di Down" oppure "mongoloide ritardato".
Le parole il peso ce l'hanno eccome, non si tratta di rimuovere, si tratta di cambiare e il cambiamento di valori e convinzioni avviene quasi sempre per gradi, dapprima in superficie, attraverso cose che sembrano di scarsa importanza, e poi si trasmette in profondità, è molto raro che uno cambi radicalmente le proprie idee e i propri comportamenti di punto in bianco.
D'altronde questo è ben noto (in negativo) a chiunque si occupi di propaganda: qualsiasi regime autoritario mette in piedi nella prima fase della sua presa del potere tutto un apparato esteriore di simboli che ha lo scopo di preparare il terreno a cambiamenti più profondi: si parte da quello che all'inizio sembra poco più che folklore per arrivare gradualmente a modificare tutto il sistema di valori.
Wanderer ha scritto: Si dirà che ci sono alcune categorie più perseguitate di altre nel corso della storia, ma questo dipende anche dal punto di osservazione parziale che scegliamo di adottare (a ben vedere, i pagani europei nel corso dei secoli sono stati perseguitati non meno degli ebrei, e gli ebrei sono stati perseguitati sia dai nazisti che dai leninisti, che a loro volta sono stati perseguitati dai fascisti, ma anche da altri marxisti; i nativi d'America sono stati perseguitati non meno degli afroamericani, i cristiani sono stati perseguitati dagli islamici, e gli islamici dai cristiani, e così via).No, non sono d'accordo, mi sembra relativismo assoluto (scusa l'ossimoro). Non è vero che tutti siano stati perseguitati allo stesso modo, a seconda di come cambiamo il punto di vista: non mi risulta che sei milioni di svedesi siano finiti nei forni crematori per il solo fatto di essere svedesi, né che i nativi americani siano venuti in Europa a massacrare inglesi, spagnoli e portoghesi, né che francesi o islandesi siano stati caricati a milioni su navi africane per andare a fare gli schiavi in America, etc. etc.
Un conto è non dividere con l'accetta buoni e cattivi, un altro è non dimenticare colpe e responsabilità: non ci sono popoli migliori o peggiori di altri, ma è certo che in alcune fasi storiche ci siano stati popoli che ne abbiano perseguitati altri.
Così come è innegabile che alcune categorie di persone siano state più perseguitate di altre, e non mi riferisco solo a minoranze relativamente esigue: metà del genere umano, le donne, hanno vissuto in stato di sostanziale minorità, in grado variabile a seconda delle epoche e dei paesi, per quasi tutta la storia umana (e in molti paesi ci vivono tutt'ora).
Insomma, diventare più civili è molto difficile, richiede un lungo percorso e questo percorso può anche partire dalla superficie, perfino dall'abitudine, come già diceva Aristotele, l'abitudine a un rispetto formale può essere un primo passo per arrivare a quello sostanziale.