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Re: [Lab6] Lo studio azzurro

Questo racconto l'ho amato. Mi piace come il personaggio, sia come aspetto che come carattere, esca fuori dalle sue azioni e dai suoi pensieri, non tanto da una descrizione diretta. Il classico "mostra: non dire" che, nell'equilibrio che c'è nel tuo racconto, apprezzo alla grande. 
Ad esempio l'altezza del detective esce fuori da questo dettaglio:
Bardo96 ha scritto: Alta, forse un paio di centimetri più di lui pure senza i tacchi che portava. Non che ci volesse tanto.
E' giusto una pennellata e già lo caratterizza. 
Mi è piaciuto anche che, nonostante si tratti di un personaggio intelligente e "deduttivo", il suo cervello all'inizio è talmente ottenebrato dalla noia che nemmeno presta adeguata attenzione ad un cliente che "non è la solita roba", ovvero proprio il diversivo che stava cercando. Ma la verità è che non guarda più, finché piano piano la sua mente non torna lucida.
Ecco, proprio in questo il risveglio è centrato in pieno. Lo stato soporifero che evolve in un'eccitazione quasi nervosa e lucida da far male, fino a ripiombare nel grigiore spento della quotidianità. Il vero viaggio del racconto sta proprio lì. In un certo senso, il caso in sé, il giallo, è quasi meno rilevante. E ti è riuscito benissimo.

Come qualcuno ti aveva già segnalato, anche io (se devo cercare qualche punto debole) durante la lettura della prima parte del raconto ho pensato: "non riuscirà mai a finirlo senza dividerlo in più parti". Non perché fosse troppo prolisso, ma perché sembrava più l'incipit di un libro, che si prendeva il giusto tempo per narrare le cose. E invece ce l'hai fatta, il racconto si regge da solo e ha un inizio, uno sviluppo e una fine. Per cui sotto vari aspetti va bene così. Se bisogna cercare il pelo nell'uovo, rimane un po' il disquilibrio tra le parti: il dialogo con la ragazza si può un pochetto tagliare.

L'unico pezzo che invece proprio non mi ha convinto è questo:
Bardo96 ha scritto: Purtroppo non lo avrà più- la voce della ragazza si incrinò, d’improvviso la spavalderia la abbandonò -è morto una settimana fa-
-Condoglianze- lui cercò di apparire contrito e dispiaciuto, ma l’interesse per la questione stava rapidamente scemando 
-Verrei subito al punto, se non le dispiace- proseguì Stefania, asciugandosi gli angoli degli occhi -la polizia ha intenzione di classificare il tutto come un suicidio, ma gradirei se desse un secondo parere; potrà suonarle… scontato, ma mio padre non era tipo da uccidersi!- 
Roberto sospirò. Quel caso si presentava di certo più interessante della solita solfa di tradimenti e corna; ma pure bello tragico, con la necessità di scavare Dio solo sapeva quanto a fondo
-La contatterò di sicuro, signorina Rossini, se potrò prendere in carico questo caso- la ragazza abbozzò un sorriso, annuì ed uscì dopo avergli fornito il numero di cellulare. 
La ragazza passa dalla spavalderia, alle lacrime, al sorriso nell'arco di cinque minuti. Certo, è morto suo padre, ma le sue reazioni sono comunque troppo teatrali, poco sottili, una persona forte come pare essere questo personaggio è in grado di rimanere composta, a distanza di qualche giorno dall'evento, di fronte ad un detective che per lo più l'ha appena fatta arrabbiare. Per cui quella lacrima stona e la banalizza... 
Non è che sia un vero errore, perdonami se faccio la puntigliosa! Ma la descrizione che fai del carattere del detective è così magistrale che mi è venuto da segnalarlo. Fai dei bei personaggi e anche lei, con poco, può diventarlo!

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