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Re: Vecchie case coloniche - audiopoesia di Bob66

Ciao, Siretta. Mi viene in mente la strofa di una canzone opportunamente modificata: Se mi tagghi non valeee...
E invece è vero l'opposto perché mi accorgo solo ora della risposta e soltanto perché all'ennesimo controllo il numero delle risposte non mi tornava. E io che l'aspettavo con ansia:pirata2: Veniamo al dunque:
Sira ha scritto: Riguardo al video, ho trovato l'intonazione e il ritmo molto migliorati; 
Lo spero. Mi sono allappato su analfabete e sinceramente non ho voluto ri-registrare il vocale, anche perché in questo tipo di esercizio noto che più ci ritorni e peggio è, in termini di spontaneità, quindi ho valutato nel complesso e ho pensato che ci poteva stare. Che diamine, lo spirito dell'officina non è quello di mettersi in vetrina al meglio, no? Altro dubbio è quello sul come leggere i versi spezzati, e infatti si sente che anche lì c'è qualche fastidiosa esitazione. Però devo dire che le prime registrazioni avevano un timbro più melenso, o meglio retoricamente triste, che smagava, così ho cercato di mettere un po' di verve nella voce senza passare dall'altra parte, che in fin dei conti il testo mica è una roba che si possa leggere poi con tanta euforia, no? Vabbè, diciamo che il risultato è passabile, spero. La mia voce tende a impastare le parole e chiaramente non sarà mai quella di Eddie Vedder ma noto che , come tutte le cose e tutti i lavori, la pratica produce qualche risultato.
Sira ha scritto: Diventa più scorrevole e l'assenza del verso non pregiudica la comprensione.
La comprensione magari no, ma il senso del verso sì! 
Sira ha scritto: Qui, invece, farei il contrario: il punto crea una pausa tra due versi che, secondo me, richiedono continuità
Sì, a me piace quella telegraficità, però capisco e non mi dispiace nemmeno così. Ci penso
Sira ha scritto: Al posto della virgola inserirei il punto,  per dare più respiro alla strofa e per isolare la parte dedicata alla vita della natura.
Ok, convengo.
Sira ha scritto: questa è l'unica strofa che trovo "stonata" nel contesto. Non avverto in questa la liricità che caratterizza le altre strofe. Secondo me potresti migliorarla modificando la punteggiatura e sostituendo qualche termine anche a favore della scorrevolezza e dell'interpretazione.
Ok. Valuterò con attenzione.
Sira ha scritto: Una domanda: c'è una motivazione per cui non inserisci mai il punto a fine strofa?
Non mi piace la punteggiatura nella poesia. Quando inserisco una virgola lo faccio proprio per necessità di avere una pausa minore, perché magari non posso andare accapo. Ma i punti a mio avviso si risolvono con la maiuscola del verso successivo. Non so, magari è una fisima, però mi piace l'idea di poesia come qualcosa che libera le parole dalle infrastrutture della logica, e anche visivamente le parole in libertà hanno una loro estetica.
Sira ha scritto: Complimenti e bentornato, Bob!
Grazie, Siretta  :love:. Vediamo che succede nel contest.  :super:Il 

Re: Vecchie case coloniche - audiopoesia di Bob66

Ritengo opportuno riportare il testo in quanto, chi ne abbia l'intenzione possa leggerlo più agevolmente. Io, per esempio, trattandosi di poesia nell'immediato ho qualche problema a recepire il non scritto.


VECCHIE CASE COLONICHE


Sale il respiro dalle fondamenta
perché così sono venute alla luce,
dalla terra umida e scura. Sale
dai bestiari inviolati dei vespai
fino ai soffitti di travi nodose,
pianure capovolte di ragni, esili
elegie appese all’oblio degli uomini
che pensavano vuoto il mondo
in loro assenza, e invece la vita brulica
guarda, dentro e fuori del legno
negli interstizi dei mattoni
nella polvere dei pavimenti
nelle fuligginose anime verticali
delle assopite canne fumarie

Io solo qui, a spendere fantasie
innanzi l’atto compiuto dei rampicanti
Arbitrariamente assegnare
un corpo e una mente alle figure, ora
riflesse ai margini dell’occhio interiore
fantasmi di insensatezza inimmaginabile
alle odierne vite finalizzate, nell’assurdo
confronto tra asettiche idealizzazioni
e presunta impudicizia del vivere
a stretto contatto con gli animali
come animali, senza vergogna

L’impossibile residuo olfattivo
di paglia e merda, delle maestose stalle
soffittate a volte, templi del tempo
dell’algida sopravvivenza, grido
spaventando le rondini nel sottotetto

Come sopportavate il vuoto dei campi,
del buio quando scendeva?
Come resistevate?
Domande retoriche, in quanto funge
la mia generazione, da anello di congiunzione
tra le analfabete divinità di questa terra
e i supponenti giganti dell’acciaio e del cemento
Comprendo l’istinto essenziale di allora
come le cerebrali dissertazioni dell’oggi
senza memoria di stenti e umiltà

La ferita nel muro, incrostata di nerofumo
segnala l’ubicazione della cucina
dove un tempo si officiava il rito del fuoco
nella pancia di ghisa del focolare,
esorcizzando il gelo brutale degli inverni,
e dove si presume sedesse una vecchia pelosa
e bambini col moccio rotolassero sul pavimento
mentre l’uomo ingravidava la moglie, di sopra
con un grugnito. Ah, presuntuoso
uomo moderno che guardi il passato
dall’alto in basso, come sempre

Silenzio, ora, e ascolta
il mormorio frusciante con cui la vegetazione
si insinua nelle più intime fessurazioni
della carcassa, ne scardina le articolazioni
le induce ferite orribili, e tuttavia indolori
in quanto la natura opera la distruzione
con una lentezza infinita, simile alla pietà
di una madre che chiama i figli
alla tomba

Irriguardoso, il sole di giugno entra
dalle brecce nel tetto, a lame sottili
incensa di luce propria i minuscoli insetti
Dall’interno dell’orbita vuota di una finestra
vedo la mia auto ferma sulla provinciale,
all’inizio della strada sterrata. Scatto
le ultime fotografie, e mi avvio con cautela
a discendere i gradini della scala malconcia
Penso, a quanto presto lo sarò anch’io


27 aprile 2021 – 13 agosto 2022

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