TheLondoner ha scritto: Il punto è questo: esiste un limite a certe logiche di mercato? Secondo voi qual è? Quanto conta la grammatica e quanto conta la storia?
Io ho smesso di interrogarmi sulle logiche di mercato, non riesco a comprenderle, sarà un mio limite ma è così. Credo però fermamente che per arrivare alla pubblicazione contino molto di più gli agganci che le capacità. Frequentare le persone giuste, entrare in certi ambienti è essenziale per farsi strada come scrittore. Quanto alla grammatica ormai non mi stupisco più. I libri sgrammaticati e scritti con i piedi sono segnalati anche nei Premi letterari. Come sono arrivati fin lì? Probabilmente grazie a qualche amico che, forse, non li ha neanche letti, altrimenti dovrei pensare che ignori le norme fondamentali della scrittura. E questo avviene in tutti gli ambiti: nei concorsi, nelle riviste, nei blog, nelle agenzie, ovunque. Le combriccole proliferano dappertutto. Questo modo di fare clientelare e non meritocratico, secondo me, ha abbassato notevolmente il livello della narrativa italiana che negli ultimi tempi sta toccando il fondo. Anche leggere recensioni sincere è difficile, oggi. Amazon pullula di recensioni fittizie scritte dagli amici, e dagli amici degli amici, che esaltano come capolavori delle vere e proprie schifezze. Sono d’accordo però con
@Cheguevara: la soluzione non è smettere di scrivere, mi dispiace che
@Silverwillow, di cui ho molta stima, sia giunta a una conclusione così triste. Spero sia solo dettata da un momento di scoraggiamento (io ne ho almeno uno ogni ora
), però non bisogna mollare, soprattutto quando scrivere è una passione che ti arreca gioia. Forse bisognerebbe puntare sul piacere di scrivere piuttosto che lasciarsi prendere dall’ansia della pubblicazione o da quella di emergere.