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Re: Come io e te

ivalibri ha scritto:
https://www.treccani.it/magazine/lingua ... dium=email

Interessante! :-)
Ma a gente come te (e forse me) che queste le studia non appare così "sconvolgente".
Yasmina Pani, citata più volte nell'articolo, è una delle mie preferite. Oggi ho ascoltato il suo video sull'"abilismo", come sempre molto interessante. Mi piace perché è molto sboccata: una frase sua tipica è "se qualcuno non la pensa come me, io me ne sbatto i *****oni" ;-) La adoro!
Io sarei favorevole all'introduzione in italiano di ε e ω, come diceva Giovan Giorgio Trissino, ma il problema sottolineato giustamente dall'articolo è la capacità di attecchire e secondo me gli asterischi e gli schwa non attecchiranno: faccio questa previsione. L'asterisco, infatti, non si può leggere; lo schwa è già presente in alcune lingue d'Italia e, poiché non esiste nell'abituale fonologia italiana, verrebbe interpretato come maschile dagli italiani in genere.
Come sai, a proposito di creatività linguistica, citata nell'articolo, in latino non c'era il condizionale. Poi però, nel basso medioevo, l'infinito si ibridò con il verbo "avere" e si formò il condizionale in italiano (basta pensare ad "amar EBBE" e "amar EBBERO"). Questo ha attecchito, eccome!, in italiano, mentre in siciliano, che pure da lì si evolve, no (tranne alcune limitatissime eccezioni come "fora, foramu, foranu…", presenti rarissimamente solo nel Ragusano). In Svezia hanno inventato, quasi dal nulla, un pronome di terza e sesta persona inclusivo. In inglese c'è il "they inclusivo".
Oggi diciamo "radiografia", ma cento anni fa non se ne sentiva il bisogno. Le lingue, come sai mille volte meglio di me, si adattano alla descrizione del mondo in cui vivono.
Ma la domanda è sempre una: attecchirà? Alla fine in linguistica, come mi insegni, comanda l'uso dei parlanti.
Po c'è la questione dell'intergenerazionalità. In questa generazione stigmatizziamo giustamente lo schwa, ma tra cento anni saremo tutti morti (mi tocco :P ) e non vivremo più noi vecchi "stigmatizzatori": le nuove generazioni faranno come ritengono più opportuno, ma adesso io "vecchiaccio" critico e dico "il personale" invece di "i lavoratori e le lavoratrici" :-)



Cheguevara ha scritto: Non è con queste immani cazzate, ma con gli atti, che si porta rispetto.

Applauso! :-)



Silverwillow ha scritto: Quando io ne vedo uno, magari un post di un nuovo "amico" sui social, mi porto la mano alla fronte: "Oddio, no, è uno di quelli. Non dovevo accettare" (un po' come per quelli che mettono il "mi piace" ai propri post, che mi danno i brividi).
Io non mi considero né vecchia né maschilista, è solo che se uno mi mette simboli strani in mezzo alle parole, per dimostrare poi chissà che cosa, mi girano

Mi girano e mi si avvolgono intorno alle cosce :P

Re: Come io e te

Marcello ha scritto: Dopo aver visto l'osceno (non mi riferisco ai contenuti) programma elettorale di Majorino in Lombardia, scritto con gli asterischi, non mi stupisco di nulla.

Terribile! Io vedo libri con gli scevà in copertina, come in "scienziatə". Ormai anche le CE lo accettano. Mi sono reso conto che gli "asteriscari" pensano che siamo noi a sbagliare, noi che erroneamente non mettiamo gli asterischi.

Come io e te

Il testo di una canzone di Sanremo2023 fa "come io e te".
Secondo me è sbagliato, sebbene in molte lingue romanze espressioni come "come io" siano normali (esempio: "como yo" in spagnolo).
Come mai nessuno fa caso a queste cose? Addirittura quella canzone è stata letta e riletta, sì, ma da chi per tutto il Festival ha continuato a ripetere "venti ventitré" invece di "duemilaventitré". Che sta succedendo oltre all'ovvia penetrazione dell'inglese nell'italiano, ormai non solo a livello lessicale ma anche sintattico? Devo considerarlo un segno di normale evoluzione della lingua o un segno prodromico di morte? Ormai mi chiedo se dovrei arrendermi a questo andazzo o continuare sporadicamente a stigmatizzare gli errori. L'altro giorno ho notato che una mia amica scriveva sui social con l'asterisco (tipo "un* psicolog*") e gliel'ho detto, ma lei sembrava stupita dalla mia osservazione come se fosse perfettamente normale scrivere "qualcun*" e io, anzi, ero ormai "stravecchio".

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