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Re: La signora

@Nightafter  
Ti ringrazio delle tue belle parole, ma ancora di piú della storia dell'uomo senza testa, che entrerá nella mia collezione di storie truci per le notti senza luna.

La signora

Rosalina, hai pulito sotto il tappeto in sala?”
Aveva ragione la signora, veniva a fare le pulizie da una settimana e aveva sempre girato attorno al tappeto al massimo alzando gli angoli, ma non troppo.
Certo per lei era facile parlare, aveva l’aria di non aver lavorato nemmeno un giorno della sua vita. Le mani curate di carta velina, i capelli bianchi e sottili sempre in ordine, era proprio una bella nonnina, la signora.
Il primo giorno aveva chiesto a Rosalina se sarebbe stata disposta a rimanere da lei per sempre. Le aveva detto di sì pensando che per le vecchiette "per sempre" può essere molto, molto breve. La casa le pareva curata, facile da tenere in ordine. I soldi le facevano comodo, e se glielo avesse chiesto sarebbe rimasta anche a dormire e a farle da badante: Rosalina non aveva nessuno a casa che l’aspettasse.
Però come tutte le vecchiette, anche lei aveva le sue manie, si era fissata fin da subito con il tappeto della sala.
Era un tappeto enorme azzurro di almeno due metri per tre, al centro il tavolo da pranzo con le sue sedie con i cuscini azzurri. Il bordo sinistro era incastrato sotto alle gambette sottili e ricurve della vetrina piena di argenteria, le zampotte tonde e piene della credenza lo bloccavano a destra. Alla parete in fondo si appoggiava il divano, azzurro pure lui, che lo bloccava con tutto il suo peso da quel lato.
Pulire lì sotto pareva un’impresa titanica e Rosalina non ne aveva molta voglia: aveva l’aria polverosa e pesante. Già solo chiedersi in che direzione arrotolarlo la affaticava.
Ma la signora insisteva, le diceva che per quanto sembrasse folto, era di seta leggerissima e proprio per quel motivo la polvere filtrava fino al pavimento sotto. Prima o poi avrebbe dovuto farlo.
Rosalina si chiedeva come avessero fatto le donne delle pulizie prima di lei, magari avrebbe potuto chiederglielo.

Dopo qualche giorno passando l’aspirapolvere sotto il tavolo, aveva notato come un’onda che attraversava il tappeto dalla vetrina alla credenza. Aveva tirato il bordo libero per lisciarlo al meglio e tutto le era parso in ordine. Nemmeno due giorni dopo l’onda era ricomparsa, più alta, più decisa. Aveva alzato il tavolo e puntando i piedi si era assicurata che fosse proprio liscissimo, privo di grinze. Le quattro gambe del tavolo più le ventiquattro delle sedie avrebbero dovuto tenerlo al suo posto.
Aveva preso l’abitudine di controllare il tappeto appena arrivata e tutti i giorni trovava l’onda come una piccola faglia di Sant’Andrea. Provava a ignorarla, ma lei cresceva formando una crestina improbabile.
Non credeva che la signora scivolasse sul tappeto per creare questa duna inquietante che riappariva giorno dopo giorno sempre lungo la stessa linea.
Ormai aveva pulito tutte le stanze, tutte le finestre, aveva dato la cera in ogni angolo della casa.
“Rosalina, sei brava e diligente, ma devi pulire anche sotto il tappeto azzurro!”
Nicchiava, non le piaceva quella gobba bislunga che continuava a formarsi. Le sembrava anche di sentire dei rumori, ma appena spegneva l’aspirapolvere tutto taceva. Aveva anche chiesto alla signora se sotto ci fosse una cantina.
“Non proprio, Rosalina, forse un’intercapedine per isolare la casa dal terreno ma nulla più.”

Era andata a cercare la ragazza che faceva le pulizie prima di lei, ma i suoi vicini le dissero che si era trasferita da parenti lontani. Quella prima ancora era partita per un giro del mondo in barca, un’altra si era fatta suora di clausura in Grecia. Ma possibile che non potesse chiedere a nessuna come aveva fatto a cavarsela con questo tappeto.
Alle volte mentre puliva il corridoio attraverso la porta della sala sentiva un lieve grattare. Spalancava la porta all’improvviso e rimaneva ad ascoltare il silenzio che pareva serbare ancora qualche traccia di rumore come un’impronta sulla sabbia.
Puliva quella casa da quasi venti giorni e iniziava a evitare la sala con quel suo tappeto azzurro attraversato da quel rilievo che pareva impossibile da lisciare.
Con la coda dell’occhio credeva di cogliere il momento in cui la piega diventava cresta, appena si girava tutto era tranquillo, ma l’aria sembrava che vibrasse di un movimento incompiuto. Volgeva le spalle, un fruscio lieve e la cresta era in bella vista a farsi beffe di lei.
Un bel giorno Rosalina decise di affrontare il tappeto, iniziò ad arrotolarne una parte. Era leggero e soffice, un vero piacere maneggiarlo. Le sedie le aveva già spostate vicino al divano. Doveva solo spingere il tavolo in fondo alla stanza e sfilare il tappeto dalla credenza e dalla vetrina. Puntò bene i piedi per spingere meglio e in quel preciso istante sentì una vertigine come se il tappeto la sollevasse spinto da una forza dal basso verso l’alto.
Capì che non era il giorno giusto per quel tipo di pulizie. Tirò il tavolo nella sua esatta posizione, in fretta e furia rimise a posto le sedie, srotolò il tappeto e corse in cucina dalla signora.
Era tranquilla al tavolo, stava bevendo un tè e c’era già una tazza fumante pronta per lei.
“Siediti e prendi un tè con me, Rosalina”
“Ma signora…”
“Siediti che ti racconto una storia.”
Si lasciò cadere sulla sedia sotto allo sguardo azzurro della signora.
“Rosalina, tu credi all’uomo nero? Quello che mangia i bambini?”
“Non proprio”, stava per sentire i deliri di una vecchia che viveva da sola da troppi anni.
“Rosalina, io l’uomo nero l’ho catturato prima che mi mangiasse. Lo sapevo da sempre di essere una bambina speciale e con una magia l’ho imprigionato.”
Rosalina adesso era certa che la vecchia fosse pazza del tutto, ma era troppo educata per interromperla.
“Mia nonna mi diceva sempre, che quello che si scopa sotto il tappeto ci rimane fin quando non si alza il tappeto. Quando l’uomo nero ha iniziato a perseguitarmi avevo appena saputo che il tappeto azzurro veniva dalla Cina e che era magico. Gli imperatori di quel paese lo usavano per imprigionare i draghi. Mia mamma non credeva all’uomo nero e così tutte le notti dovevo stare attentissima a non lasciare nulla fuori dalle coperte che non fosse la testa, perché si sa che l’uomo nero contro le coperte è impotente. Lui mi spaventava con quella sua grande bocca con tre file di denti affilati. Sentivo il suo alito caldo, la sua voce raschiante che prometteva di masticarmi a lungo per digerirmi meglio. Non ce la facevo più. Così una notte preparai una trappola. Arrotolai il tappeto magico della sala, aprii la botola sull’interstizio fra casa e terreno e aspettai. Mi vide nella sala illuminata dalla luna. Rimasi ferma a guardare mentre si avvicinava avido con la saliva appiccicosa che gli colava alla bocca. Non mi staccava gli occhi rossi di dosso, così cadde nel buco. Chiusi la botola e ci srotolai sopra il tappeto magico. Cadendo disse solo una cosa: devi darmi da mangiare!”
Rosalina era basita. Doveva chiamare il medico della signora senza farsene accorgere, non voleva offenderla. Lui avrebbe saputo aiutarla.
“Signora grazie per il tè e per la bella storia. Anch’io da bambina m’immaginavo certi mostri che poi non dormivo più per tre settimane.”
“Non mi credi? Vuoi che ti faccia vedere l’uomo nero sotto il tappeto?”
Quale persona adulta e sensata avrebbe creduto all’uomo nero, non certo Rosalina.
“Andiamo signora, mi faccia vedere sotto al tappeto, così che è la volta buona che pulisco anche lì”
“Giusto, ormai sei qui da quasi tre settimane ed è arrivato il momento.”
Assieme si avviarono verso la sala e assieme spostarono i mobili per liberare il tappeto.
Rosalina a carponi iniziò ad arrotolarlo.
“Aspetta!” , la signora scavalcò il cilindro di tessuto e si mise in attesa tre passi più indietro.
Appena Rosalina superò una fessura più ampia del pavimento, questa si aprì e spuntarono delle mani nere e adunche a ghermirla. Un istante e Rosalina non c'era piú. Iniziò a gridare solo dopo che la botola era già richiusa e il tappeto quasi steso.
Sistemata la sala, la signora in cucina compilò l’annuncio per una nuova donna delle pulizie: aveva paura a lasciare l’uomo nero a digiuno.

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