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Re: Il tramonto dell'Occidente, di Oswald Spengler

La Rivoluzione conservatrice nasce sulle ceneri fumanti della Prima guerra mondiale in seguito alla quale crollano gli Imperi centrali, e la Russia zarista viene travolta dalle orde bolsceviche. E' la fine del mondo tradizionale, con le sue monarchie d'ascendenza divina e le società gerarchiche dominate dalle caste guerriere e sacerdotali; in effetti, è il compimento di Kali Yuga (l'età nera degli Hindù), cominciata con la pace di Westfalia, e perpetratasi con la Rivoluzione francese che ha determinato l'avvento dello stato borghese e della deriva industriale.
Scrittori sofisticati come Ernst Junger o dadaisti filosofi come Julius Evola, forgiatisi nelle tempeste d'acciaio della Grande guerra, divengono animatori di un cenacolo controrivoluzionario (il cui padre nobile è il reazionario ultracattolico Joseph de Maistre) che cerca di risvegliare lo spirito europeo tradizionale per ripristinare il cosmos originario in contrapposizione al caos ctonio causato dalla massa informe del Terzo e del Quarto stato.
A tale controrivoluzione, che si sviluppa in ambienti germanofoni, aderiscono romanzieri come Thomas Mann, filosofi come Martin Heidegger (atterrito dall'angoscioso mistero dell'epoché dell'Essere, nonché ossessionato dal ritorno alla luminosità della Grecia classica), o giuristi come Carl Schmitt (spregiatore delle democrazie e acerrimo avversario di Hans Kelsen, teorico della Repubblica di Weimar).
Spengler si inserisce in questo milieu culturale a cui contribuisce con la sua monumentale opera Il tramonto dell'Occidente che ripercorre l'ascesa e la caduta ciclica di svariate civiltà; inoltre, introduce i concetti di Kultur (ossia il patrimonio artistico-culturale delle società tradizionali, connotato da una profondità metafisica ormai perduta) e di Zivilisation (ovvero il sapere tecnico-scientifico che caratterizza le società moderne e che possiede una mera valenza quantitativa e fenomenica). Tali questioni sono riprese e sviluppate, in contesti sapienziali e fondamentalmente esoterici, dal francese René Guénon e dall'italiano Julius Evola che, pur non riscuotendo grande credito in contesti italici, è di casa presso l'Herrenklub di Berlino.

Re: Il tramonto dell'Occidente, di Oswald Spengler

Il tramonto dell'Occidente è uno di quei libri che tutti citano ma che nessuno ha letto, vista la mole del suddetto. E' uno dei testi fondamentali della cosiddetta Rivoluzione conservatrice europea (i cui esponenti principali furono Martin Heidegger, Ernst Junger, Carl Schmitt e l'italiano Julius Evola), dalla quale si svilupparono gli embrioni del fascismo e del nazismo. Il nume tutelare di tutto ciò fu, ovviamente, Friedrich Nietzsche con il suo peculiare disprezzo per il mondo moderno che considerava decadente e corrotto (se qualcuno sta pensando a Putin, ha perfettamente ragione).
Uno dei concetti fondamentali espressi da Spengler è il fatto che le civiltà non seguono un percorso lineare e progressivo (teoria che ritroviamo nel positivismo, nello scientismo, e nella visione escatologica del cristianesimo cattolico), bensì uno sviluppo circolare e ciclico (l'eterno ritorno dell'eguale di nicciana memoria), attraverso il quale si passa da un'iniziale età dell'oro a un'inevitabile decadenza, e così via per l'eternità.
Durante i famigerati anni di piombo, chi si fosse avventurato a chiedere in prestito tale testo in una biblioteca sarebbe stato automaticamente schedato dalla Digos. In seguito, Roberto Calasso sdoganò gli autori della rivoluzione conservatrice (compreso il nazi-chic René Guénon), inserendoli nel catalogo Adelphi. E' curioso notare la coincidenza che ha portato, in anni recenti, Il tramonto dell'Occidente a divenire un feticcio di Aleksandr Dugin, ideologo di Putin, nonché di Steve Bannon, sulfureo maitre à penser di Donald Trump: curioso, no? E' toujours l'eterno ritorno dell'eguale.
A ogni modo, ci sarebbero ancora milioni di cose da dire sull'argomento.

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