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Re: [MI171 Testo successivo all'editing] In cima a Babele

@Ambiendian  
Grazie a te per le tue osservazioni.
Hai colto il punto.
Trovare il giusto mezzo tra over e under editing è davvero difficile e dipende da molti fattori, tra cui la propria cultura personale, l'esperienza, gli altri editor presso cui si è formati, come pure - ultimo ma non ultimo - le condizioni del mercato editoriale (quali sono i libri che vendono di più? come sono fatti?).
Un altro aspetto altrettanto ostico dei compiti del revisore può rivelarsi far accettare le correzioni allo scrittore.
Personalmente, avendo bene in mente uno standard di 'letterarietà' (come caratteristica, diciamo, formale) cerco di elevare il tono dello scritto, senza disdegnare/respingere digressioni verso le forme più semplici della narrativa di consumo, ove fosse necessario.
Tutto questo, cercando sempre di tutelare la chiarezza, ove possibile, la comprensibilità e la calviniana 'leggerezza'.
Ed è con queste linee guida in mente che cerco sempre di argomentare le modifiche che propongo.
Insomma, una sorta di 'morual suasion', tecnicamente fondata, che punti sempre a migliorare lo scritto.

Finora ci sono riuscito abbastanza spesso :)

Un saluto

R. B.

Re: [MI171 Testo successivo all'editing] In cima a Babele

Gentile @Ambiendian  
in primis tengo a sottolineare che il mio tono formale del messaggio precedente è dato solo dal fatto che essendo un neofita ho pensato fosse educato mantenere un certo tono... Almeno nel mio primo intervento. Nessun risentimento, per carità :)

Per quanto riguarda i dispositivi narrativi ai quali accenni (incipit e finale) posso dire che l'incipit del racconto, certo, potrebbe essere migliorabile.
Ma l'incipit è SEMPRE MIGLIORABILE: essendo il delicatissimo punto d'attacco dell'opera (il "gancio") può sempre essere suscettibile di miglioramenti.
Ma si sa, l'Ottimo è nemico del Buono... Del resto, ho letto diversi romanzi i cui incipit lasciavano a desiderare. Ma non era questo il caso.
Cosicché personalmente mi limito a intervenire solo quando l'attacco lasci davvero a desiderare o quando lasci il lettore freddo mentre invece non lo faccio quando esso sia discreto o buono, come ritengo sia questo il caso.

Per quanto riguarda il finale, invece, l'Autore - che dimostra una buona padronanza degli strumenti narrativi - aveva sicuramente a disposizione una vasta gamma di finali possibili, più o meno 'fantastici' (lui muore, oppure viene colpito da un fulmine, oppure la montagna si sgretola, ecc). Se, cionostante ha optato per una scelta più 'semplice' magari è perché era proprio questo il messaggio che voleva lanciare, sarebbe a dire quello di una punizione blanda o inesistente.

Saluti
R. B.

Re: [MI171 Testo successivo all'editing] In cima a Babele

Salve. Sono Riccardo Bruno, l'editor che ha curato la revisione del racconto.
Dal punto di vista strutturale, nei confronti del finale l'autore può avere anche coscientemente creato l'aspettativa nel lettore, soddisfacendola infine.
E' una strategia narrativa. Del resto, Eco in una sua opera di saggistica narratologica (non ricordo se in OPERA APERTA o in SEI PASSEGGIATE NEI BOSCHI NARRATIVI) paragonava il rapporto tra lettore e autore a una partita a scacchi, un rapporto cooperativo insomma. In cui, l'autore poteva sia costruire tutta una serie di mosse che il lettore 'si aspetta' e poi sorprenderlo con una mossa inedita e spiazzante, sia poteva 'incastrarlo' con tutta una serie di mosse prevedibili ma poco confutabili. A volte, il lettore può anche amare rassicuranti finali 'telefonati' ("eh lo sapevo io, che andava a finire così, il racconto... Quanto sono bravo a intuire") come pure odiare twist imprevedibili ("Mamma mia in 'sti film di David Lynch non si capisce mai le storie dove vanno a parare".). E' tuta una questione di strategie narrative messe in campo dall'autore, anche in ragione dalla platea di lettori a cui si rivolge. Qui l'autore ha scritto un breve apologo sulla hybris umana, e non è detto che tutti i lettori potessero cogliere gli indizi relativi ai peccati (superbia, nichilismo, ecc.) da lui dosati saggiamente nel racconto... Anche perché la narrazione ha un buon ritmo e quindi il lettore non è incentivato a riflettere troppo sul tessuto simbolico. A mio parere, ovviamente.
Sono curioso di conoscere anche io le perplessità formali cui si accenna.
Saluti

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