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Re: [MI159 - Fuori concorso] Peccato e reato

Mia caerssima @ScimmiaRossa 

Il tono pedante e didascalico del racconto, nelle intenzioni (ma si sa che le strade dell'inferno son lastricate di buone intenzioni) avrebbe voluto essere "ironicamente saccente".
Per intenderci, si dovrebbe pensare a una voce narrante come quella data dal doppiatore ad Alfred Hitchcock, in una serie di telefilm degli anni '70.
Una voce d'uomo molto maturo, pacata e velata di ironia, che rammenta le sue passate glorie, rivolgendosi in maniera diretta a una platea virtuale di possibili lettori.
Evidentemente l'obiettivo che mi ero riproposto non è stato raggiunto.

Mi scuso ovviamente per i refusi presenti (immancabili in ogni mio testo) ma soprattutto per gli eventuali errori nel testo (in francese) della poesia di Prevert.
Va detto a mia parziale discolpa, che la mia poca memoria mi ha impedito di trascriverla direttamente di mio pugno, benché l'abbia amata molto e anche appresa a memoria negli anni della scuola media.
Pertanto, l'ho bellamente copia-incollata da un sito web, la colpa che mi assumo è di non averla riletta fidandomi della trascrizione presente sul sito.
Poiché me lo segnali, mi permetto di farti notare che nel testo originale quel "Cuillère" che mi hai corretto, è in realtà un "cuiller", così come stava scritto.

Ti ringrazio per l'utile commento e un presto a rileggerci con un saluto
<3

Re: [MI159 - Fuori concorso] Peccato e reato

Ciao @Modea72 

Sono felice che il mio racconto porti la tua stesse data di compleanno, ti ringrazio della lettura e dei graditissimi commenti che mi hai dedicato.
Sono anche felice che tu abbia colto la costante del racconto stesso, che certamente vuole essere fortemente ironico in tutta la sua creazione.
Un Saluto e un abbraccio. Ciao alla prossima. <3

Re: [MI159 - Fuori concorso] Peccato e reato

Ciao carissima @ivalibri 

Ti ringrazio per l'attenzione e le belle parole.

Hai ragione, sovente nei miei racconti abbondo eccessivamente di prologo, purtroppo appartengo anagraficamente a quella generazione che si è formata leggendo introduzioni del tipo: 

"Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. […]"

Capisci bene che venendo da tali premesse di letture giovanili, la mano scappa sempre nell'aprire anche la lista della spesa  :P  :D ;)

Un abbraccio carissima.  <3

Re: [MI159 - Fuori concorso] Peccato e reato

Mia dolce @Ippolita tu dici:
IppolitaPeccato che tu non abbia fatto in tempo a postare per il Mezzogiorno d'inchiostro! 
Io rispondo: per fortuna. 
Con tutti i refusi che hai giustamente evidenziato, tenendomene a parte ho solo risparmiato l'ennesima figura da asino della classe.  :lol:

Quella poesia di Prevert (di cui ho citato solo un sunto per ragioni di spazio)  quando l'appresi in seconda media, e poi per molti anni successivi, aveva il potere di commuovermi fino alle lacrime. 
Cosa assai singolare, poiché come è chiaro a tutti sono un cinico cuore di pietra, infatti non me lo spiego.

Tra le giustissime cose che mi hai segnalato, una mi ha ferito come una frustata: ovvero aver confuso il termine "nickname" con "account", cosa imperdonabile per uno che, al pari del protagonista del mio racconto, bazzica il web da quasi trent'anni. Refuso che testimonia l'irreversibile decadimento cerebrale che l'età, ahimè, gravemente comporta.

Ti sono, come sempre, debitore di questa utilissima recensione.

Un grande abbraccio e un saluto.  <3

Re: [MI159 - Fuori concorso] Peccato e reato

Mia diletta @Adel J. Pellitteri ,

sempre graditi e generosi nel giudizio i tuoi commenti ai miei scritti.
Sono stato dibattuto sul pubblicare o meno questa storia, in prima lettura mi era parso di aver creato una figura di bieco e improponibile paraculo, assatanato di sesso.
Prendendomi tempo per meglio metterne a fuoco la psicologia, alla fine mi è sembrato di averne ottenuto un minimo di presentabilità.

Cercavo di ottenere per altre strade un personaggio in qualche modo simile a quello di "Paolo il Caldo" di Vitaliano Brancati, che è stato un romanzo e un autore che primeggia nel mio personale Olimpo letterario.
Ovvio che il risultato è bene lontano da quei vertici di narrativa, ma si sa, noi pornografi abbiamo i nostri limiti.

Mi è molto piaciuta la tua similitudine con il califfo di Cuccubbeddu, personaggio di cronaca di cui ho anche io un velato ricordo. Altri tempi e altre abilità, quel grande amatore poteva davvero vantare le proprie qualità personali, senza il sotterfugio di qualche racconto scollacciato da proporre alle sue "vittime", né avvalendosi del supporto dei social.

Grazie ancora per avermi letto e commentato, Un abbraccio,  <3

[MI159 - Fuori concorso] Peccato e reato

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[MI159 - Fuori concorso]

Traccia di mezzanotte: I dieci comandamenti




Peccato e reato


“Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino
non avevano leggi per punire un blasfemo
non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte
mi cercarono l'anima a forza di botte.”

Avevo molto amato questa e altre canzoni dell’album “Non Al Denaro Non All'amore Né Al Cielo”, ma questo avveniva un tempo, quando si viveva in democrazia e la libertà di parola e pensiero erano moneta corrente.
Non avrei mai immaginato allora che le cose in questo paese potessero cambiare a tal punto.
E’ vero che un tempo più lontano si era conosciuta la dittatura, ma la lotta di liberazione ci aveva restituito la libertà.
Una libertà vasta che aveva fatto dimenticare alle nuove generazioni, cresciute in una società permissiva e benestante, che quel valore non era un diritto umano inalienabile, un regalo per sempre, ma una conquista da rinnovare giorno per giorno.
Infatti la fragile pianta della libertà, non sufficientemente coltivata e accudita era morta.
Al suo posto ora era nata una nuova dittatura, con forma diversa dalla precedente, una veste sconosciuta alla nostra cultura moderna, ma tanto più oppressiva e perniciosa, declinata in una forma radicale e assolutista, imbevuta di una fanatismo bigotto: vivevamo in una “Teocrazia”.

Si era creduto che modelli arcaici, propri delle culture islamiche, non avrebbero mai attecchito nella nostra società cresciute nell’Illuminismo, dove la Chiesa aveva perso da secoli il suo potere temporale e la dottrina cattolica era praticata in maniera tiepida dai fedeli.
Da tempo l’idea di Dio si era relativizzata, scarseggiavano le vocazioni e sempre più la società si diluiva in posizioni agnostiche di indifferenza religiosa o di conclamato ateismo.
Poi una mattina ci si era risvegliati con la tavola della legge e i dieci comandamenti a sostituire la costituzione e i suoi articoli.

Sono stato arrestato, processato e condannato per aver contravvenuto ripetutamente a due precetti del decalogo divino:

Il sesto comandamento - Non fornicare.
Il nono comandamento - Non desiderare la donna d’altri.

Esatto, ero un fornicatore e un fedifrago seriale.
Tutto era nato con l’avvento dei “social” nel web, promuovendo la grande opportunità di relazionarsi virtualmente con una enorme numero di individui su tutto il territorio nazionale.
Questo per me che ero di natura libertina si era presto rivelato un ampio territorio di caccia a quel genere di deliziosa selvaggina umana costituita dal mondo femminile.
In particolare di quelle donne più sensibili al richiamo dei sensi e delle fantasie dell’eros.
L’idea nacque casualmente: da tempo per passione scrivevo racconti licenziosi, per la verità molto spinti, quasi declinanti nel porno, ma con un intento di qualche eleganza formale, che pubblicavo in vari forum e community della rete.
Erano storie decisamente incandescenti, dalla sintassi incerta, discutibili come prodotto letterario, ne ero consapevole, ma non pretendevo certo di assurgere a penna da premio Bancarella.
Benché si trattasse di opere dal modesto valore, va detto che le descrizioni dei più dissoluti e perversi atti sessuali non lasciava il lettore tiepido o indifferente.
Si trattava per me di un innocente passatempo che mi fruttava qualche lode di eventuali lettori e tiepidamente gratificava il mio ego d'infimo scrittore amatoriale.

Scoprì con piacere di essere soprattutto gradito a un pubblico femminile.
Diverse di loro, incuriosite da quanto pubblicavo e reputando che fossi un soggetto anomalo rispetto al panorama medio dei maschi di chat, mi chiedevano l’amicizia e mi contattavano in privato.
Solitamente volevano sincerarsi se quanto compariva nei miei scritti fosse frutto d'invenzione o materiale d’esperienze di vita.
Rispondevo con modestia che molte ambientazioni dei racconti erano fiction, ma confermavo al contempo che in ogni autore comparivano spunti autobiografici.
Questo non faceva che alimentare il loro interesse e la mia aura di malizioso mistero.
Mi ero anche dotato di un account suggestivo e sulfureo, quello di:“Asmodeo”.
Questo, per chi tra i miei lettori fosse più colto e in confidenza con le sacre scritture, era il nome del grande tentatore, del seduttore biblico che indusse in sembianza di serpe la prima donna a cogliere il frutto proibito nel giardino dell’Eden.
Lo stesso che per talune tradizioni si era unito a Lilith, la leggendaria moglie ribelle di Adamo prima di Eva, la quale condannata all'esilio dal Paradiso terrestre, si unì con questo potente demonio.

Per la prima volta comprendevo di essere in possesso di un originale arma di successo verso l’altro sesso, qualcosa che era frutto del mio ingegno, di una vivace fantasia licenziosa, di una modesta abilità nell’impiego della parola scritta.
Compresi anche che questa occasione mi era donata dallo straordinario e fecondo scrigno costituito dalla mente di una donna.
Buona parte degli uomini con l’età adulta perdevano la facoltà di sognare. O peggio, limitavano i loro sogni minimali alla conquista dello scudetto per la squadra del cuore, al calcetto con gli amici del venerdì sera, al desiderare un’auto sportiva o il nuovo modello di telefonino; relegando la propria donna a trascurato oggetto dell’abitudine.
Al contrario le loro metà continuavano invece a esercitare la fantasia, ad alimentare desideri e sogni, agognando esperienze arricchenti.
Pensando a queste infelici sovente mi tornavano alla mente parole della poesia di Prevert: “Dejuner du matin”:

“Il a mis le café
dans la tasse
il a mis le lait
dans la tasse de café
il a mis le sucre
dans le café au lait
avec la petite cuiller
il a tourné
il a bu le café au lait
sans me parler
sans me regarder.
Il s'est levé
il a mis son chapeau sur sa tête
parce qu'il pleuvait
et il est parti
sous la pluie
sans une parole
sans me parler
sans me regarder.
Et moi, j'ai pris
ma tête dans mes mains
er j'ai pleuré.”

Donne umiliate dai silenzi e dall’indifferenza, confinate talvolta in opprimenti gabbie dorate a scontare, in una solitudine dell’anima, il peccato di aver amato un uomo sbagliato.

Giunsi a identificare anche il mio target di riferimento all’interno di quell’universo: il mio obiettivo di seduzione erano donne sposate o conviventi, nella fascia tra i trentacinque e i quarantacinque anni.
Questo perché nell’arco di tale decennio, a mio avviso, risiedeva l’eta d’oro del sesso femminile.
All’interno di questi anni, esse giungevano alla maturazione della loro femminilità, alla piena consapevolezza di sé, conoscendo il proprio corpo e le irrinunciabili esigenze fisiche e spirituali di ciascuna.
Sapevano con pragmatismo che la giovinezza non era eterna, che un rimorso era preferibile a un rimpianto, che se vi era vita da vivere e desideri da soddisfare, non era più tempo di induggi.

Ma non fui solo un cinico predatore: seppi stupirle quando nel conoscermi scoprirono che i diavolo, a dispetto del profilo mefistofelico assunto, non era poi brutto quanto voleva apparire.
Riconobbero che la penna del pornografo celava un’anima aliena di volgarità, una sensibilità di modi, un tatto rispettoso, una profonda capacità d’ascolto.
Il diavolo si rivelava un interlocutore attento e partecipe, che sapeva comprenderle, si mostrava solidale alle loro ansie o incertezze, accettava la loro umanità senza mai giudicarne le aspirazioni o criticarne le scelte.
In supplenza dei loro compagni o consorti, assenti e distratti,
divenni un fidato confessore, un amico sincero, talvolta un consigliere, una spalla di sostegno affidabile nei giorni bui.
Non chiesi o proposi mai cose che potessero risultare sconvenienti e inopportune, non promisi ciò che non potevo mantenere, non creai aspettative false o equivocabili, fui sempre chiaro sulla natura e la finalità dei nostri rapporti.
Non ho mai provato rimorsi per ciò che facevo, pur peccando avevo sempre tenuto una linea di condotta corretta e improntata al rispetto della donna con cui mi relazionavo.
Con molte di loro il rapporto rimase puramente virtuale, con altre culminò in un incontro reale che rimase un’esperienza felice per entrambi.
Con talune nacque un sentimento più profondo ed esteso: un reciproco innamoramento che durò molti anni, offrendo grandi gioie e inevitabilmente qualche acceso dolore.

Negli anni sono certo di aver donato a queste donne qualcosa di positivo:
una parentesi vivificante nel loro grigio ménage famigliare, un brivido di proibito, una manciata di allegria lanciata in aria come coriandoli colorati.
Ho dato loro qualcosa che uomini, ormai privi di sogni e di passione, non sapevano più offrirgli.
Non so dire con quanto affetto possano ancora ricordarmi, ma confido che per nessuna sia una memoria di rammarico.

Per tutta la mai esistenza adulta sono stato un peccatore privo di rimorsi e pentimenti: mi hanno arrestato al tramonto di una vita dissoluta, quando ormai riposti i desideri e la penna del corruttore, mi dilettavo a comporre versi liberi, privi di metrica e rime.
Il poeta non possedeva sicuramente miglior abilità che il pornografo.

Quando mi hanno arrestato e interrogato ho ammesso ogni mio atto, non ho cercato scuse o invocato comprensione e clemenza: la condanna è quindi stata assicurata.
Non so dire se qualche solerte tutore della legge si sia preso la briga d'indagare sul mio passato, o se qualche marito rancoroso che abbia scoperto la relazione intrattenuta con la propria moglie, abbia compiuto la sua vendetta nel denunciarmi alle autorità.
In questa nostra Teocrazia diversamente da quelle islamiche, domani non mi taglieranno la testa o lapideranno come è uso in quei paesi, né mi bruceranno su un rogo come avveniva nel nostro medioevo, però verrò punito con un’ esemplare esecuzione pubblica.
Domattina su una grande piazza verrò evirato.

Ormai ho raggiunto un’età per cui mi è indifferente se mi amputano i gioielli di famiglia, certo è una piccola consolazione, ma è pur sempre meglio che farsi staccare la testa con un fendente di scimitarra.

Poi chissà, anche Abelardo aveva continuato a scrivere a Eloisa dopo che gli avevano fatto lo stesso servizietto.

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