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Re: [Lab2] Un uomo fortunato

Ciao @Alberto Tosciri 

Questo tuo racconto in veste di autobiografia del protagonista si sviluppa su livelli di narrazione stratificati.

Abbiamo il bambino che come molti bimbi (almeno di un tempo in cui non c’erano gli smartphone con le loro app dedicate a giochi elettronici) giocava con i soldatini.
Ne avevo personalmente una scatola piena (costringevo mia madre a compare camionate di “Tide” che all’interno della confezione avevano come omaggio un soldatino di plastica) e costruivo fortini o castelli con il cartone, dove ambientare epiche battaglie

Il bambino del tuo racconto mostra una vivace fantasia e si rivela introspettivo e speculativo.
Con un salto temporale lo ritroviamo a giocare alla guerra, dove la guerra non è più un gioco, ma è la cruda realtà.
E’ divenuto un militare, poiché sull’onda della passione fanciullesca ha sviluppato un’attitudine all’azione, al valore dell’eroismo e della vittoria sul campo di battaglia.
Non sappiamo in quale esercito e paese abbia dato contributo al conflitto, ma sappiamo che è stato ferito gravemente in battaglia, pertanto è su un letto d’ospedale (supponiamo militare), per curare le ferite del corpo e tentare di sanare quelle ben più profonde dell’anima, che l’esperienza alle armi gli ha lasciato.

Mentre medita sui propri errori esistenziali il protagonista viene insignito di riconoscimenti per il valore mostrato in battaglia, con qualche limitazione: 

Mi fecero avere una casa, mi diedero una rendita, mi levarono la patente perché non ero più mentalmente in grado di guidare un’auto.”

Fino qui restiamo nel perimetro della cronaca di un racconto di reduce con le sue nevrosi da ex combattente.

Ma ecco che avviene un salto di genere, che ci conduce in una storia distopica.
Gli danno una compagna e gli riempiono di telecamere l’abitazione per fare della sua esistenza una sorta di “grande fratello” in diretta, atta a soddisfare il
piacere voyeuristico del grande pubblico televisivo.
Le cose non vanno bene, lui non gradisce quella vita né la compagnia della donna che gli hanno messa accanto.
Tutto precipita quando gli esplode l’illuminazione di essere stato programmato fin da bambino per divenire una “macchina da guerra” umana.
Qui scatta un’epica ribellione che lo conduce a fare una strage di esponenti del governo venuti a dissuaderlo dal rinunciare agli agi che gli erano stati offerti.
Direi che questa parte, nella quale avviene una sanguinosa ribellione, si posizione tra il sentimento di rivincita di un Rambo (reduce del Vietnam) e la strage dei Proci operata da Ulisse nella sua casa omerica.
Seguono considerazioni di ordine filosofico intorno ai condizionamenti di un individua per mano di poteri "occulti e misteriosi".

La citazione dell’incontro con Rembrandt e la sua pittura, crea una datazione agli eventi che io ho equivocato o forse compreso male.
Posto, come lui afferma di averlo conosciuto, che si parla di un artista seicentesco, non mi ci raccapezzo con la storia delle tv in diretta streaming.

In fine dopo svariati esami psichiatrici il nostro protagonista riesce a ritrovare la sua libertà interiore e a liberarsi del senso di colpa per il sangue versato nella sua attività bellica, all’interno di una struttura psichiatrico-carceraria, dove trova in una pace e un’esistenza quasi monastica, sollievo per la sua anima tormentata.

Devo dire amico mio, che ho trovato un po’ troppo articolata e stratificata l’intera storia.
Mi pare che nel cimentarti con un soggetto di genere “fantascientifico” tu abbia lasciato sbilanciato il rapporto tra narrazione di livello
lineare-plausibile rispetto al contenuto surreale_fantascientifico.

La prima parte è fortemente dominante, mentre la seconda è risolta con troppa aleatoria semplicità.
In altre parole non risulta sufficientemente illustrata al lettore, cosa assai rilevante se ci si trova a leggere racconti di questo genere.
Ho come la sensazione che non ci sia legame armonico fra i vari livelli, cosa che non avviene mai nei tuoi racconti, che risultano sempre dettagliati e precisi nella stesura degli elementi che li compongono.

Mi scuso se ti sono apparso troppo critico, ma sono certo che se riprenderai in mano il materiale, troverai il modo di valorizzare meglio questo tuo lavoro.

Buone cose amico mio.
A si biri.

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