Ciao @Alba359 e @Poeta Zaza
Mi è piaciuta la fine!
Non ho capito alcune cose:
I vicini, come consapevoli tordi che accettano di fare da richiamo per impaniare i loro simili, li hanno traditi.
Cioè non ho capito questa metafora o paragone del richiamo. I tordi possono fare da richiamo, credo, quando si posano su rami coperti apposta di vischio, sicché non si possono muovere; ma non è che lo accettano; e nel racconto non capisco come i vicini possano essere serviti da richiamo, o avere richiamato i vicini ebrei. Mi spiegate?
Ciao,
@Gianfranco P , grazie del passaggio!
Ti rispondo sul richiamo dei tordi, Gianfranco.
Sì, vengono impaniati in una sostanza vischiosa che li imprigiona, o ingabbiati, e col loro canto richiamano i loro simili che così si avvicinano.
Ma qui parliamo, in senso figurato, fantastico, metaforico, di tordi “consapevoli”: “tordi” che ragionano e che provano sensazioni, emozioni. Buone o cattive. Il richiamo del titolo si riferisce, nel racconto, a chi denuncia gli ebrei, a chi li fa impaniare. Ho fatto la similitudine del delatore con un tordo che sa di far del male se usa il richiamo ma lo fa.
Ma si riferisce anche a chi si rifiuta di fare da richiamo.
Ci sono tordi consapevoli che si rifiutano di fare da richiamo.
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"Ossia: se vuoi far parte del nostro gregge, adeguati al pensiero dominante.
- Certo che lo dicono loro - risponde il suo ospite - ma noi non ci adeguiamo se riteniamo le nostre regole più importanti."
Non capisco questo dialogo fra Michele e Anacleto. O meglio: sembra che parlino degli ebrei, invece parlavano degli altri che non si ribellavano. Poteva essere più chiaro (da Gianfranco P.)
Parlano dell’opinione dominante, dopo le leggi razziali. La gente pensa, in generale, che bisogna accettare le regole imposte dall’alto e quindi ne consegue che non bisogna aiutare gli ebrei a nascondersi sotto falsa identità. Ma Anacleto, tordo "buono" e "consapevole", si rifiuta di fare da richiamo (come fanno i tordi consapevoli ma cattivi) e di impaniare Michele e i suoi simili. Si ribella a una legge ingiusta perché ritiene le regole del suo sentire, della sua umanità, più importanti, essenziali.