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Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

bestseller2020 ha scritto: Nel momento che il giovane Dumas scrive al padre già si è compiuto tutto quel percorso narrativo che doveva essere sviluppato pian piano. Il giovane ha già maturato l'idea di bellezza senza che niente si sappia del fatto di partenza: ossia, cosa ne pensava prima dello scrivere? Questa lettera è un atto di fede alla scrittura e un riconoscimento, un tributo al padre. Non vi è traccia dello stato antecedente a questa lettera. Ecco perché non è bastato usare il presente. Perché manca del tutto l'azione.
@Poldo  ha cominciato a minare le mie certezze e tu hai acceso la miccia. @bestseller2020    :esplosione:


Grazie!  :(  (  :D  )

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

Poldo ha scritto: In primo luogo hai cercato di rendere in forma epistolare il tema proposto, e già questo era in contraddizione con la boa indicata da @Anglares. Ti è costato un punto di penalità, ma non è quello l'importante. Visto che la contraddizione era palese, perché ostinarsi a procedere per questa strada?
Perdonami, @Poldo ma non ne capisco la contraddizione, né il perseverare, con la scelta della forma epistolare.
Tra l'altro, nel WD, l'ho vista usare per qualche racconto, del MI, beninteso, senza che fosse mai stigmatizzata.
Perché mai dovrebbe andare contro la boa il parlare, per lettera, di un evento che sta succedendo al firmatario in diretta, al presente, e che lui vuole condividere con la persona che glielo ha ispirato?

Qui ho già cercato di esprimere il concetto:
Poeta Zaza ha scritto: Il giovane Dumas sta scrivendo a raffica, quasi una scrittura automatica, un romanzo tratto da un episodio ancora fresco nel dolore della sua vita. È la catarsi,  l’elaborazione di un lutto. Di più, è la scoperta della bellezza di scrivere, che trae dal sangue che gli scorre nelle vene, quello del padre. È una scoperta importante: per questo gli scrive, per condividerla. -
Poldo ha scritto: ven lug 08, 2022 12:28 amComunque, non so da dove hai tratto quelle frasi, ma se il Dumas originale le aveva scritte perché non lasciarle a lui invece di inventarsi per forza una brutta copia di qualcosa che già esiste?
Non capisco la tua obiezione: la mia lettera è un'invenzione cui ho cercato, con le ricerche fatte, di dare verosimiglianza storica (e mi è sfuggita la raffica e altro, d'accordo, e grazie di avermelo fatto notare) ma nel fare l'inserimento di frasi vere di Alexandre Dumas - figlio (se vuoi ti manderò le fonti, non ho problemi), che cosa ho fatto di male? Non capisco: io credevo di avere dato un valore aggiunto alla mia lettera...

Già che ci sono, credevo di avere fatto tutta la narrazione al presente, toccando solo l'epoca dell'abbandono del padre in funzione del nuovo rapporto
alla pari attuale dei due. Il figlio scopre solo ora, dopo un grande dolore, la bellezza di scrivere. C'è "un prima e un dopo" come mi diceva @Anglares  nelle spiegazioni che chiedevo sula traccia. E Dumas figlio non era la prima volta che scriveva...
Poldo ha scritto: ven lug 08, 2022 12:28 amCioè, Marie è morta di tisi dopo che lui l'ha mollata e lui, lungi dall'avere la minima compassione per la defunta, si preoccupa del fatto che i suoi sensi di colpa gli tolgono il piacere della vita. Così scrive La signora delle camelie per sciacquarsi la coscienza e non pensarci più.
Bravo.
Peccato che la mia idea di bellezza sia molto differente.
Caro @Poldo , immagina una scala della bellezza, in cui ogni creatura sia a uno scalino diverso e che per lei quello che raggiunge sia il massimo:
chi giunga al quinto gradino o al centesimo crederà di vederne l'apoteosi.
Così, indipendentemente dal lato umano e morale del soggetto, che peraltro non spetta a noi valutare, il concetto della bellezza dello scrivere, nel mio racconto epistolare, la vedo scoperta nel momento in cui Dumas figlio verga, in pochissimo tempo, a valanga inarrestabile, all'età di 24 anni, il suo capolavoro: La signora delle camelie. Che lo travolge mentre gli fa scoprire la bellezza dello scrivere, nel momento in cui ne fa catarsi, sublimazione del suo dolore.

 
Poldo ha scritto: ven lug 08, 2022 12:28 amConcedimi però che se mi sono fermato a scriverti invece di passare oltre guardando il tuo testo con sufficienza, qualcosa vorrà pur dire. A te le conclusioni.
Ti assicuro che sono onorata del tuo passaggio e che faccio tesoro di alcune delle tue annotazioni. :)

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

Alberto Tosciri ha scritto:
Ciao @Poeta Zaza 
Mi è piaciuta questa lettera di Dumas figlio che parla al padre dei suoi leggendari eroi letterari quasi come se fossero persone reali, conosciute, anzi, penso che per loro in un certo senso lo erano davvero, come lo sono sempre stati nelle generazioni dei lettori.
Questo punto
il termine “virtuali” non mi convince molto. Certo il termine doveva essere in uso anche ai tempi di Dumas, contestualizzato diversamente, ma oggi suona troppo vincolato alle famose realtà virtuali tecnologiche. Si potrebbe usare un altro termine, più ammantato all’epoca.
sociale ed esistenziale
Come lo scultore capace conosce le sembianze della statua che cerca,
Suggestivo e appropriato il riferimento leopardiano alle esperienze della vita che determinano la strada della consapevolezza circa il proprio divenire uomini. Commovente che Dumas figlio ammetta che dopo la morte di Marie abbia perso interesse alla vita e lo abbia ritrovato grazie alla scrittura, alla creazione di personaggi a imitazione del padre che ringrazia per avergli trasmesso questa facoltà e qui scopre la bellezza della scrittura.
Un piccolo spaccato storico che ho apprezzato molto, io amo la storia, e ti do ragione sul fatto che addentrarsi su narrazioni a sfondo storico comporta un notevole impegno di ricerca.
Condivido e ti ringrazio per le tue puntuali e giuste osservazioni. Grazie per l'approvazione.  :) @Alberto Tosciri 

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

Poeta Zaza ha scritto: Che gli eroi in partenza possono essere svantaggiati penalizzati, come il vostro D’Artagnan o Edmond Dantes. Che ogni genere di handicap svantaggio
Hai ragione, @Almissima. Meglio "svantaggio", cambiando con "penalizzati" il termine precedente.
Almissima ha scritto: @Poeta Zaza 
L'unica cosa é stata la parola "handicap" che in tutta quell'armonia mi ha davvero artigliato l'occhio, non che io sia in grado di proporti un sinonimo adeguato, però se tu ne trovassi uno, sarebbe davvero perfetto.
Almissima ha scritto: @Poeta Zaza 
Che bella lettera appassionata!
L'ho divorata, scorrevolissima mi é scesa fin nel cuore, che per quanto rifugga il dolore, sa che é la via breve per la crescita.
Grazie per questo meraviglioso viaggio nel tempo.
Grazie, cara!  :)

Re: [LMI171] La bellezza di scrivere

Alba359 ha scritto: Una lettera, credo del tutto immaginaria, così densa di atmosfera d'altri tempi che mi ha piacevolmente colpito. 
Il giovane Dumas sta scrivendo a raffica, quasi una scrittura automatica, un romanzo tratto da un episodio ancora fresco nel dolore della sua vita. È la catarsi,  l’elaborazione di un lutto. Di più, è la scoperta della bellezza di scrivere, che trae dal sangue che gli scorre nelle vene, quello del padre. È una scoperta importante: per questo gli scrive, per condividerla. -

Ho svolto delle ricerche sui rapporti, a volte burrascosi (comunque, il figlio fu riconosciuto solo a sei anni) tra i due Dumas. 
Mi premeva dare un senso di verosimiglianza alla lettera. Ti ringrazio per il riscontro positivo, cara @Alba359:)
Alba359 ha scritto: mar lug 05, 2022 8:45 pmIl registro lessicale è ottimo, dovresti scrivere racconti storici, magari ispirati alla vita di Leopardi, so che tu lo ami molto. Il genere storico, con una vena romance, farebbe sicuramente per te.
Grazie, ma non credo di esserne all'altezza. Ti ricordi i Racconti nel tempo dell'anno scorso? Per farli bene, ci vuole un lavoro importante e lungo, che non credo di avere tempo e voglia di fare. Per piccoli flash, magari sì. Ti ricordi l'intervista in treno al Leopardi?

[LMI171] La bellezza di scrivere

Traccia di mezzogiorno: La scoperta della bellezza.

[LMI171] La bellezza di scrivere
Se rifletti la bellezza, le appartieni:
ne fai parte, come una pennellata a un quadro.

Riverito padre,

voi mi insegnate da sempre che la vita non basta assaggiarla: occorre morderla, masticarla e cercare di smaltirla. Farla avventura: realtà romanzesca. Che gli eroi in partenza possono essere svantaggiati, come il vostro D’Artagnan o Edmond Dantes. Che ogni genere di handicap si supera con la tenacia e la forza di carattere. Con la tempra della mente e del corpo, con il rivolgersi ad alti ideali, a Dio o alla spietata vendetta… anche dopo aver sperimentato gli abissi e le fogne, ed esserne riemerso con virtuali o meno ossa ammaccate e pelle sporca.
Voi avete bisogno di eccessi di vita per alimentare questo enorme focolaio di vita letteraria, come dice la vostra amica giornalista? Secondo me, è il contrario: voi create a raffica questi personaggi perché avete vissuto a raffica.
Rivalsa sociale e esistenziale, la vostra.
Come scrive il letterato italiano Giacomo Leopardi: "Nessuno diventa uomo innanzi di aver fatto una grande esperienza di sé, o per un grande bisogno, o per un infortunio o un dolore grande, o a causa di un amor grande e appassionato, l'uomo conosce  ab esperto la natura delle passioni, poiché una di loro che arda infiamma tutte l'altre."
Sulla falsariga, e viceversa, scrivo io, quando l'esistenza ha contratto un'abitudine come quella del mio amore, sembra impossibile che quell'abitudine s'interrompa senza inaridire, allo stesso tempo, tutte le altre energie vitali.

Sapete... Ho perso la mia Marie, morta di tisi dopo che io l’avevo colpevolmente abbandonata.
Soffro come un cane senza padrone da un anno, e nessuno dei piaceri della vita a cui mi avete iniziato me lo attenua. E ogni notte mi ottunde con le pieghe delle sue tenebre da penetrare a occhi chiusi. Anzi, soffrivo.
Prima.
Adesso c’è una cosa che sì, lenisce il mio dolore, lo sublima, ne fa bellezza.
Non è neanche un mese che scrivo, a getto continuo, di questo mio perduto amore, ed è mia benefica catarsi questo scrivere incessante e sgorgante di continuo, perpendicolare al foglio, col calamaio che reclama inchiostro, che poi verga con la penna, quasi di sua sponte. Sono felice padrone e schiavo di scrivere, mentre i miei personaggi vivono la vita che mi spingono a fargli interpretare. Il contenuto di questa storia prende le mosse dalla mia: questa  Mauguerite Gautier la trasfigura e me la rende una creatura immortale, con la sua bellezza dalle camelie bianche, che alla fine mostrerà solo per il suo Armand Duval.
Eppure lei è una cortigiana, ma è anche una che serba in sé fierezza e indipendenza, due sentimenti che, feriti, sono in grado di fare quello che fa il pudore.

So a chi devo questa bellezza, che trascende pure il male di un passato di abbandono che mi ha segnato, e favole di buonanotte perdute come il vostro Schiaccianoci: a voi, padre mio, perché l’inchiostro prestigioso e inarrestabile me l'avete trasmesso voi, misto al sangue che mi scorre nelle vene.
Come le mani e l’occhio dello scultore capace sanno scavare la pietra e tirarne fuori l’opera nascosta. Che sembra gridare, da dentro all’involucro che la copre: Liberami!
Come lo scultore capace sa le sembianze della statua che cerca, le sue fattezze, e non sbaglia nello scartare i frammenti che la coprono nelle sue minute schegge circostanti. E scavando, sbozzando, sagomando, la raggiunge e la estrae, liberandola dalla sua prigione. 
Questo sto facendo io con la mia storia, nata dal prodotto delle mie esperienze, che sto creando impetuosamente: ce l‘avevo in me, già scritta e immemore, e il dolore l‘ha fatta uscire, mentre la nemesi tramuta la sofferenza in frammenti di buio minutissimi e trasparenti che non scorgo più.
Esce, la mia opera, con maestoso, teatrale incedere, puro e intenso, nello sfondo di vizi e di degrado, e solo adesso riconosco quello che mi salva e conforta: la bellezza di scrivere.

Il vostro rispettoso figlio
Alexandre

Parigi, 1848.
Precisazione
Il sottolineato concerne frasi originali di Alexandre Dumas - figlio.

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