Marcello ha scritto: Mi piace di più:
Il bambino lo fissò intensamente, poi si avventò sulla scala a pioli come un sorcio inseguito da una gatta e sparì nel buco del solaio.
Siamo nella cucina sul retro della bottega di un fabbro. Il fabbro è rinchiuso nelle cantine del castello, in attesa di essere interrogato per un "omicidio". Il garzone apprendista è un ragazzino orfano e sordomuto, che passa per ebete, anche se vispo e intelligente. Il castellano e il parroco, che indagano, decidono di mangiare pane, formaggio, ma non trovano il vino. La botticella è nascosta di sopra. Il bambino capisce cosa vogliono e si precipita. Tornerà con una brocca di rosso.
La bottega/casa del fabbro, come di solito succedeva, è fuori dalle mura del borgo, per motivi di sicurezza in caso di incendio, e non ha un livello interrato, una cantina, perché un solaio non può sostenere adeguatamente la fucina e le attrezzature. Un lettore potrebbe immaginare che il bambino si avventa giù nella cantina inesistente, e non su, al sottotetto adibito a camera da letto.
Ecco perché il bambino si avventa su per la scala, e non sulla scala. L'avventarsi su o giù per la scala indicano la salita o la discesa.
Il dopo e il poi che fanno la differenza tra le due frasi non mi soddisfano entrambi. Un bravo scrittore (non io) dovrebbe utilizzare correttamente i tempi verbali senza dovere ricorrere ad avverbi di tempo. Anche se qualcuno li avrà inventati per utilizzarli...